giovedì 28 giugno 2012

pc 28 giugno - un'altro caso di assassini della polizia

Mercoledì 27 Giugno 2012 13:13

Riccardo Rasman, quando la polizia uccide

di  Redazione Contropiano
 
Riccardo Rasman, quando la polizia uccide
Un caso Aldrovandi meno conosciuto, forse ancora più grave. Perché si tratta dell'uccisione di un uomo con seri problemi psichici, in casa sua. Protagonista, anche in questo caso, la polizia. 



«Onestà e coraggio» da parte dello Stato sono stati chiesti dall'avv. Claudio Defilippi, legale della famiglia di Riccardo Rasman, 34 anni, morto durante l'arresto il 26 ottobre 2006. Un caso di «macelleria messicana», «più grave di quello Aldrovandi», paradossalemnte ri-denunciato sulla pagina Facebook da parte di uno dei poliziotti condannati per la morte del ragazzo di Ferrara. Il poliziotto Paolo Forlani, per cui la Cassazione ha nei giorni scorsi reso definitiva la condanna, parla di «responsabilità reali da parte dei colleghi e nessuno ne ha saputo nulla» proprio in riferimento alla vicenda Rasman.
Il legale della famiglia ha chiesto «onestà, nel senso che lo Stato presenti le scuse, e coraggio, nel senso che paghi il dovuto, dopo cinque anni e mezzo». L'avvocato spiega che il caso Rasman «è più grave perchè il giovane era schizofrenico, incapace con invalidità all'80% e gli agenti lo sapevano; è più grave perchè Rasman è stato incaprettato e perchè la condanna a sei mesi è inadeguata, sebbene gli agenti siano stati riconosciuti colpevoli di omicidio colposo».
L'avvocato ha confermato che «è in corso una transazione, ma fino a questo momento sono stati versati 60 mila euro alla famiglia che ne ha spesi il doppio per i processi». Defilippi ha detto di aver inviato una lettera di richiesta di scuse al ministro degli Interni e, per conoscenza, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica, ed ha segnalato che la vicenda di cui si occupa «si colloca tra il caso Sandri, per il quale lo Stato ha pagato tre milioni e mezzo, e il caso Aldrovandi, per il quale ha pagato due milioni di euro». Un eccesso di “monetizzazione”, a nostro avviso, se si può criticare il modo con cui l'avvocato presenta il caso.
I tre poliziotti - Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi - furono condannati dalla Cassazione a sei mesi di reclusione ciascuno (pena sospesa), per “omicidio colposo”. La Polizia fu chiamata dai vicini perchè Rasman lanciava petardi contro i passanti. Rasman, schiacciato a terra dagli agenti per alcuni minuti durante l'arresto, venne colpito da carenza respiratoria e morì sull'uscio di casa.
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Ecco come ricostruiva l'episodio il sito Crime.blog
Riccardo Rasman era alto 1 metro e 85, pesava 120 chili ed era affetto da “sindrome schizofrenica paranoide”. Il 27 ottobre del 2006 muore nella propria casa di Trieste dopo l’intervento di due pattuglie della polizia, aveva 34 anni ed è morto per “asfissia da posizione” dopo aver subito lesioni e violenze da quattro poliziotti.
La sindrome di Riccardo iniziò durante la leva militare, durante il quale subì numerosi episodi di quello che viene banalmente definito “nonnismo”, ma che invece è un misto di violenza e prepotenza. E’ da lì che Rasman inizia a vivere con la paura delle divise. Nei video una bella video-inchiesta sul caso.
La sera del 27 ottobre 2006 l’intervento delle pattuglie avvenne dopo la segnalazione di “spari” provenienti dalla casa di Riccardo, erano petardi per festeggiare il nuovo lavoro da netturbino. Arrivano gli agenti che gli intimano di aprire la porta, lui si rifiuta per paura rannicchiandosi sul letto. Gli urla contro. Loro sfondano la porta e nessuno li ferma.
Riccardo è stato trovato con le manette e le mani dietro la schiena, filo di ferro alle caviglie, diverse ferite e con segni di “imbavagliamento con blocco totale o parziale della bocca, effettuato con un cordino o con qualcosa di simile. Questo imbavagliamento avrebbe causato una ulteriore restrizione, soprattutto della respirazione”. Anche se immobilizzato “esercitavano sul tronco, sia salendogli insieme o alternativamente sulla schiena, sia premendo con le ginocchia, un’eccessiva pressione che ne riduceva gravemente le capacità respiratorie”. Da lì la morte per asfissia. La perizia legale recita:
 
“per causare le lesioni riscontrate gli agenti hanno usato mezzi di offesa naturale in maniera indiscriminata anche verso parti del corpo potenzialmente molto delicate, ma anche oggetti contundenti come potevano essere il manico dell’ascia rinvenuta nell’alloggio o il piede di porco usato dai vigili del fuoco per forzare la porta d’ingresso. Gli stessi agenti hanno ammesso di averlo utilizzato contro il braccio destro di Riccardo”
Un caso legato inevitabilmente a quello di Federico Aldrovandi, anche per un avvocato in comune, Fabio Anselmo. Dopo due anni finalmente il processo.

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