La sentenza del Tribunale di Roma della
Giudice Barontini che impone alla Fiat di Pomigliano di riassumere
immediatamente 145 operai della Fiom ha messo a nudo in forma
efficace e anche originale la discriminazione scientifica delle
assunzioni nella nuova Fabbrica Italia di Pomigliano. Una pulizia
etnica antisindacale, antioperaia, e antidemocratica che non ha
precedenti nel nostro paese ed è difficile da ritrovare anche in
altri paesi imperialisti.
Ha messo a nudo la fabbrica dei mostri che Marchionne ha costruito, con gli operai resi automi, sudditi e macchiette, al servizio del profitto.
Ha messo a nudo la fabbrica dei mostri che Marchionne ha costruito, con gli operai resi automi, sudditi e macchiette, al servizio del profitto.
Gli operai di Pomigliano dello Slai
cobas in maniera più continua e sistematica hanno denunciato e
combattuto questa logica, cominciata ancor prima che la Fabbrica
Italia, con le epurazioni e lo stabilimento ghetto di Nola. Allora la
Fiom taceva e acconsentiva. Poi il ciclone Marchionne ha scatenato la
sua offensiva producendo quello che la sentenza della giudice ha
messo a nudo.
La gioia, la commozione e l'orgoglio di
aver resistito che ha preso gli operai interessati alla sentenza, noi
la comprendiamo e la condividiamo ed è simile a quella dei tre
operai della Fiom della Sata licenziati e poi vincenti in tribunale,
poi nuovamente tenuti fuori e nuovamente vittoriosi nel tribunale che
ne ha imposto il reintegro immediato sul posto di lavoro, ma tuttora
fuori dalla fabbrica.
La Fiat ha reagito con il solito odioso
livore annunciando l'immediato ricorso e quindi la chiara intenzione
di non fare realmente rientrare questi operai. Al suo fianco sono
scesi in campo subito gli industriali torinesi, quei luridi fascisti
compari di Biagi, Sacconi e Tiraboschi, che hanno subito parlato di
colpo alle possibilità di fare industria in questo paese e di
magistratura e sindacato praticamente come dei mali.
Ma dove è esplosa la reazione più
rabbiosa è nelle fila dei sindacalisti asserviti al padrone che
tanto hanno fatto in questi mesi per essere ammessi come servi alla
gestione del piano. Questi sono arrivarti a parlare di “sentenza
discriminatoria” ai loro danni, di sentenza che imporrebbe
all'azienda di assumere quelli con la tessera della Fiom, e che
quindi ora si attiveranno ancor più di prima anche sul piano
giudiziario per impedire l'attuazione di questa sentenza. Reazioni
vergognose che suscitano giuste indignazioni, tra gli operai esclusi
e tra tutti coloro che li hanno sostenuto, ma sono una solare e
ostentata evidenziazione di cos'è la fabbrica neocorporativa e
fascistizzante nel piano Marchionne, nell'adesione progressiva dei
padroni a questa logica, nell'edificazione di uno Stato e di un
regime che ne dia fondamento stabile.
A fronte di questo, lontani dalla
realtà appaiono le reazioni della Fiom, di Landini e di tutto l'arco
che pur condivide e sostiene la sentenza e la battaglia degli operai
di Pomigliano. Sembrano gli unici che non vogliono capire qual'è la
realtà e la portata dello scontro in corso.
“In Fiat si ricomincia da tre:
diritti, democrazia, lavoro”, scrive la Fiom nazionale. “A
ripristinare la verità ci ha pensato il tribunale di Roma”, “La
sentenza del tribunale riporta la Costituzione e le leggi dentro i
cancelli della Fabbrica Italia P e riconsegna i lavoratori la libertà
di iscriversi al sindacato che si sceglie e ad essere assunti
indipendentemente da quale tessera sindacale si ha o da quale accordo
si firma o non si firma”. Dire questo significa ingannare i
lavoratori!
Perchè non ricomincia un bel niente
nella Fiat Pomigliano con questa sentenza, come purtroppo non è
ricominciato ancora un bel niente con la sentenza che ha reintegrato
i tre attivisti licenziati della Sata. E' dichiarare “vittoria”
quando la guerra ancora non si è vinta e in certi casi è ancora
all'inizio. Il fascismo padronale non accetta le sentenze, conta
anch'esso su giudici e ancor più sullo Stato, su leggi al servizio
del capitale, sull'esercizio della forza del ricatto e sul comando
del capitale, per continuare per la sua strada, per proseguire nella
sua guerra, per rafforzare il suo esercito, rappresentato soprattutto
dalle organizzazioni sindacali firmatarie, e impedire, quindi, che
gli operai rientrino e la marcia venga fermata e invertita.
Landini insiste, poi, che il governo,
il parlamento, le forze politiche intervengano immediatamente per
ripristinare in tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat l'esercizio
delle libertà sindacali e dei diritti delle persone che lavorano e
per rendere certo il futuro industriale, produttivo e occupazionale
del gruppo Fiat in Italia. Landini non sa o fa finta di non sapere
che governo, parlamento e forze politiche sono tutte dalla parte
della Fiat e contro questa sentenza; che Monti è uomo Fiat ancor più
di Berlusconi; che in parlamento se c'è qualcosa che unisce
veramente saldamente Bersani e Alfano è quella di essere
rigorosamente dalla parte della Fiat e di Marchionne.
Questa linea e queste posizioni sono
compagni di strada del fascismo padronale e non mettono in condizione
gli operai , anche quando sono determinate, orgogliose, combattive di
condurre questa battaglia per vincerla.
Per vincere questa battaglia bisogna fare la guerra e se vanno usate tutte le armi disponibili, una di esse è principale: gli operai riammessi devono rientrare in fabbrica con la lotta e con la forza, accettando lo scontro con l'azienda, i capi, i suoi guardiani, col sindacalismo di regime, con lo Stato e le sue forze repressive. E' in questa lotta che gli operai possono verificare chi è realmente dalla loro parte e chi no. E' questo il segnale indispensabile che può riaprire i giochi, nell'interesse della classe operaia, delle libertà sindacali, delle libertà democratiche.
Per vincere questa battaglia bisogna fare la guerra e se vanno usate tutte le armi disponibili, una di esse è principale: gli operai riammessi devono rientrare in fabbrica con la lotta e con la forza, accettando lo scontro con l'azienda, i capi, i suoi guardiani, col sindacalismo di regime, con lo Stato e le sue forze repressive. E' in questa lotta che gli operai possono verificare chi è realmente dalla loro parte e chi no. E' questo il segnale indispensabile che può riaprire i giochi, nell'interesse della classe operaia, delle libertà sindacali, delle libertà democratiche.
Ma tutti coloro che non sono Fiom non
possono pensare che facendo la stessa cosa salvano la loro anima,
così come chi si limita in questo scontro ad appoggiare e stare a
guardare, esaltare e coltivare gli elementi tuttora fragili di
spontaneità operaia.
proletari comunisti _PCm italia
26-6-2012
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