martedì 26 giugno 2012

pc 26 giugno - a proposito della sentenza Fiat per Pomigliano


La sentenza del Tribunale di Roma della Giudice Barontini che impone alla Fiat di Pomigliano di riassumere immediatamente 145 operai della Fiom ha messo a nudo in forma efficace e anche originale la discriminazione scientifica delle assunzioni nella nuova Fabbrica Italia di Pomigliano. Una pulizia etnica antisindacale, antioperaia, e antidemocratica che non ha precedenti nel nostro paese ed è difficile da ritrovare anche in altri paesi imperialisti.
Ha messo a nudo la fabbrica dei mostri che Marchionne ha costruito, con gli operai resi automi, sudditi e macchiette, al servizio del profitto.
Gli operai di Pomigliano dello Slai cobas in maniera più continua e sistematica hanno denunciato e combattuto questa logica, cominciata ancor prima che la Fabbrica Italia, con le epurazioni e lo stabilimento ghetto di Nola. Allora la Fiom taceva e acconsentiva. Poi il ciclone Marchionne ha scatenato la sua offensiva producendo quello che la sentenza della giudice ha messo a nudo.
La gioia, la commozione e l'orgoglio di aver resistito che ha preso gli operai interessati alla sentenza, noi la comprendiamo e la condividiamo ed è simile a quella dei tre operai della Fiom della Sata licenziati e poi vincenti in tribunale, poi nuovamente tenuti fuori e nuovamente vittoriosi nel tribunale che ne ha imposto il reintegro immediato sul posto di lavoro, ma tuttora fuori dalla fabbrica.
La Fiat ha reagito con il solito odioso livore annunciando l'immediato ricorso e quindi la chiara intenzione di non fare realmente rientrare questi operai. Al suo fianco sono scesi in campo subito gli industriali torinesi, quei luridi fascisti compari di Biagi, Sacconi e Tiraboschi, che hanno subito parlato di colpo alle possibilità di fare industria in questo paese e di magistratura e sindacato praticamente come dei mali.
Ma dove è esplosa la reazione più rabbiosa è nelle fila dei sindacalisti asserviti al padrone che tanto hanno fatto in questi mesi per essere ammessi come servi alla gestione del piano. Questi sono arrivarti a parlare di “sentenza discriminatoria” ai loro danni, di sentenza che imporrebbe all'azienda di assumere quelli con la tessera della Fiom, e che quindi ora si attiveranno ancor più di prima anche sul piano giudiziario per impedire l'attuazione di questa sentenza. Reazioni vergognose che suscitano giuste indignazioni, tra gli operai esclusi e tra tutti coloro che li hanno sostenuto, ma sono una solare e ostentata evidenziazione di cos'è la fabbrica neocorporativa e fascistizzante nel piano Marchionne, nell'adesione progressiva dei padroni a questa logica, nell'edificazione di uno Stato e di un regime che ne dia fondamento stabile.
A fronte di questo, lontani dalla realtà appaiono le reazioni della Fiom, di Landini e di tutto l'arco che pur condivide e sostiene la sentenza e la battaglia degli operai di Pomigliano. Sembrano gli unici che non vogliono capire qual'è la realtà e la portata dello scontro in corso.
“In Fiat si ricomincia da tre: diritti, democrazia, lavoro”, scrive la Fiom nazionale. “A ripristinare la verità ci ha pensato il tribunale di Roma”, “La sentenza del tribunale riporta la Costituzione e le leggi dentro i cancelli della Fabbrica Italia P e riconsegna i lavoratori la libertà di iscriversi al sindacato che si sceglie e ad essere assunti indipendentemente da quale tessera sindacale si ha o da quale accordo si firma o non si firma”. Dire questo significa ingannare i lavoratori!
Perchè non ricomincia un bel niente nella Fiat Pomigliano con questa sentenza, come purtroppo non è ricominciato ancora un bel niente con la sentenza che ha reintegrato i tre attivisti licenziati della Sata. E' dichiarare “vittoria” quando la guerra ancora non si è vinta e in certi casi è ancora all'inizio. Il fascismo padronale non accetta le sentenze, conta anch'esso su giudici e ancor più sullo Stato, su leggi al servizio del capitale, sull'esercizio della forza del ricatto e sul comando del capitale, per continuare per la sua strada, per proseguire nella sua guerra, per rafforzare il suo esercito, rappresentato soprattutto dalle organizzazioni sindacali firmatarie, e impedire, quindi, che gli operai rientrino e la marcia venga fermata e invertita.
Landini insiste, poi, che il governo, il parlamento, le forze politiche intervengano immediatamente per ripristinare in tutti gli stabilimenti del gruppo Fiat l'esercizio delle libertà sindacali e dei diritti delle persone che lavorano e per rendere certo il futuro industriale, produttivo e occupazionale del gruppo Fiat in Italia. Landini non sa o fa finta di non sapere che governo, parlamento e forze politiche sono tutte dalla parte della Fiat e contro questa sentenza; che Monti è uomo Fiat ancor più di Berlusconi; che in parlamento se c'è qualcosa che unisce veramente saldamente Bersani e Alfano è quella di essere rigorosamente dalla parte della Fiat e di Marchionne.
Questa linea e queste posizioni sono compagni di strada del fascismo padronale e non mettono in condizione gli operai , anche quando sono determinate, orgogliose, combattive di condurre questa battaglia per vincerla.
Per vincere questa battaglia bisogna fare la guerra e se vanno usate tutte le armi disponibili, una di esse è principale: gli operai riammessi devono rientrare in fabbrica con la lotta e con la forza, accettando lo scontro con l'azienda, i capi, i suoi guardiani, col sindacalismo di regime, con lo Stato e le sue forze repressive. E' in questa lotta che gli operai possono verificare chi è realmente dalla loro parte e chi no. E' questo il segnale indispensabile che può riaprire i giochi, nell'interesse della classe operaia, delle libertà sindacali, delle libertà democratiche.
Ma tutti coloro che non sono Fiom non possono pensare che facendo la stessa cosa salvano la loro anima, così come chi si limita in questo scontro ad appoggiare e stare a guardare, esaltare e coltivare gli elementi tuttora fragili di spontaneità operaia.

proletari comunisti _PCm italia
26-6-2012

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