Serracchiani (Pd) ai cancelli Iveco di Torino. Ma l’accoglienza è amara: «Non votiamo più»
Ore 13.30, un turno sta per finire e un altro per iniziare. Qui, ai cancelli dell’Iveco, non è certo la politica, con i suoi riti e le sue scadenze, come quella del 25 settembre, a scandire il ritmo delle giornate. Anzi, quando i candidati del Pd, Debora Serracchiani, Andrea Giorgis e Stefano Lepri si presentano in via Puglia armati di bandiere e manifesti di Enrico Letta con lo slogan «Scegli», vengono accolti quasi con indifferenza. C’è chi scappa via respingendo il volantino elettorale e chi si affaccia dal finestrino dell’auto per gridare (nella migliore delle ipotesi) un insulto riferibile: «Pagliacci». Qualche tuta blu che ci crede c’è ancora e si ferma per stringere la mano alla coraggiosa pattuglia dem che non ha temuto di spingersi fin qui e rincuorarla: «Su, coraggio!». La risposta più ripetuta dai lavoratori è però un’altra: «Non andrò a votare, mi spiace. Non c’è più nessuno che mi rappresenta».
Il Pd propone le sue ricette, non può permettersi di lasciare il campo al leader della Lega Matteo Salvini, che martedì andrà a Mirafiori. Ma mentre lo stabilimento ex Fiat di Torino sud è più che altro un simbolo, qui in via Puglia gli operai sono ancora numerosi: 5 mila addetti e 700 interinali. «Una parte di questi verrà stabilizzata», fanno sapere i delegati sindacali, che sottolineano: «Questa è l’unica fabbrica su cui si sta ancora investendo».
Delusi dalla politica in generale, delusi dalla sinistra in particolare: in molti ci tengono a farlo sapere. Come Daniele Iemmolo, che avvicina Giorgis e inizia con lui uno scambio: «Io ero iscritto ai Ds — premette —. Provi a fare un sondaggio qui dentro per vedere quanti votano Lega o Meloni. È scandaloso: non esiste più chi lotta per i diritti dei lavoratori». L’ex sottosegretario in corsa il seggio senatoriale della città ribatte: «Lo so, ma scegliere è importante. Noi non siam la stessa cosa della destra». L’argomento non basta: «Non può ridurre tutto a una scelta binaria. Siete stati al governo 11 anni, perché non le avete fatte prima le cose che promettete?». Giorgis abbozza: «Viviamo una crisi senza precedenti». Ma l’altro rilancia: «L’immobilismo dura da vent’anni, non da due. Qui non c’è più una visione larga — afferma irritato il lavoratore —. Io purtroppo non mi sento più rappresentato da nessuno, quindi non voterò nessuno».
Nessun commento:
Posta un commento