Ex Ilva, chiesta la cassa integrazione per i lavoratori di Cornigliano, che la respingono al mittente: “Pronti a scendere in piazza... E’ illegittima”
Genova. Dopo la richiesta di cassa integrazione per 4 mila
lavoratori di Taranto, Acciaierie d’Italia ha inviato all’rsu di
Cornigliano una lettera in cui si apre la procedura per la cassa integrazione ordinaria di tutti i dipendenti dello stabilimento genovese, 981 per l’esattezza per la durata di 13 settimane a partire dal 28 giugno.
Dopo aver esaurito la cosiddetta cassa-Covid, la nuova società
pubblico privata che ha in gestione gli ex stabilimenti Ilva, sembra
voler prendere ulteriore tempo, in attesa probabilmente della sentenza del Consiglio di Stato su Taranto.
La decisione è attesa a giorni: se il Consiglio di Stato confermasse la
sentenza del Tar gli impianti a caldo saranno spenti con il conseguente
stop alla produzione e conseguenze pesanti per Taranto ma anche per
Genova. Sarebbe una tegola ben più pesante della condanna dei Riva
da parte della Corte d’assise perché la confisca degli impianti
stabiliti dalla sentenza di fatto sarà operativa solo se confermata in
Cassazione. E ci vorranno anni.
A Genova intanto tra i lavoratori la notizia di una nuova cassa integrazione suscita malumori e rabbia:
“Un conto sono stati questi lunghi mesi di cassa integrazione per i
motivi sanitari che tutti ben conosciamo, ma adesso non possono pensare
di aprire una procedura di cassa per motivi di mercato perché i prezzi
dell’acciaio sono alle stelle e anche se producessimo bulloni
arrugginiti li riusciremmo a vendere” sbotta il coordinatore dell’rsu
Armando Palombo.
Nella lettera inviata a rsu e sindacati Acciaierie d’Italia
spiega che la fermata non programmata dell’Altoforno 2 per quasi un anno
“ha comportato la riduzione della capacità produttiva di ghisa di circa
5.000 tonnellate giorno” limitando l’attività degli “impianti di
laminazione e rilavorazione a valle del ciclo produttivo sia per lo
stabilimento di Taranto ma anche per i centri di lavorazione e
laminazione a freddo del Nord Italia (a titolo esemplificativo Genova,
Novi Ligure, Racconigi)” e che nei prossimi due mesi l’Altoforno 4 dovrà
essere sottoposto a manutenzione non differibile limitando
ulteriormente la produzione.
“Quello che per noi è chiaro è che in questa dialettica tra poteri dello Stato, come l’ha definita il ministro Giorgetti, non devono rimetterci i lavoratori con il loro reddito.
E il fatto che dentro alla società che gestisce l’Ilva ci sia lo Stato
al 40% rende il tutto ancora più grave – dice ancora il coordinatore
dell’rsu – noi questa volta non ci stiamo e se pensano di imporci
un’altra cassa integrazione senza ragioni di mercato favorendo la
produzione di acciaio dei concorrenti di fatto, ci saranno problemi,
questo il Governo deve saperlo fin da ora: siamo pronti a scendere in
piazza come abbiamo sempre fatto per difendere il lavoro”.
Acciaierie, lavoratori pronti a scendere in piazza per dire no alla cassa integrazione
GENOVA - L'avvio della procedura di cassa
integrazione decisa dell'ex Ilva è un fulmine che incendia l'animo dei
981 lavoratori dello stabilimento di Cornigliano.
Dietro l'angolo un'estate bollente con scioperi e manifestazioni.
Aspettando l'arrivo del ministro al Lavoro spezzino Andrea Orlando,
che doveva giungere a Genova oggi, venerdì 4 giugno, ed invece arriverà
la prossima settimana, i lavoratori "affilano le armi": martedì
pomeriggio si riuniranno in un consiglio di fabbrica e lì sarà decisa la
strategia di lotta.
Come ha annunciato a Primocanale Bruno Manganaro, segretario Fiom Cgil,
storico leader dei metalmeccanici, "quanto deciso dall'azienda è
inaccettabile e illeggittimo. Dunque noi non ci piegheremo. Il rischio è
di fare pagare sulla pelle dei lavoratori errori di programmazione dei
"padroni", come si chiamavano un tempo, perché si vuole lasciare a casa
un'azienda che ha mercato e che se ci fossero delle programmazioni serie
potrebbe lavorare a pieno regime".
Chiusa l'attività a caldo nel 2005, l'anno
dell'accordo di Programma che ha lasciato a casa circa 250 operai, ora
impegnati in lavori socialmente utili, le snelle acciaierie di
Cornigliano sembravano destinate a decollare leggere. E invece... i
fratelli Riva sono appena stati condannati dalla procura di Taranto
insieme all'allora governatore Vendola, per reati ambientali
nell'inchiesta Ambiente Svenduto, a conferma degli intrecci di malaffare
che hanno affossato anche ArcelorMittal, nuovi padroni dal 2010, altra
delusione, per questo ora affiancata dallo Stato.
"Il nostro mercato tira - ribadisce Manganaro - e
chiede la latta che viene prodotto solo a Genova e invece l'Ilva fa di
tutto per non farci lavorare, unico gruppo dirigente che fa di tutto per
non farci lavorare. Noi speriamo che il gruppo rimanga unito e i rotoli arrivino da Taranto,
dopodichè scriveremo perchè queste condizioni sono inaccettabili e e
vogliamo un incontro urgente con l'azienda, le nostre sono appetibili?
Certo, ma sono destinate alla siderurgia come detta l'accordo di
programma.
Ronco Genco della Fim Cisl ribadisce gli accordi vanno mantenuti:
"Nel 2018 avevamo firmato accordo per cui entro il 2023 per Genova e
entro il 2025 per Taranto tutti i lavoratori in cassa sarebbero dovuti
rientrare con tanto di investimenti di quattro miliardi, ed invece gli
unici che hanno rispettato i patti siamo stati noi. Oggi il mercato dice
che la cassa integrazione è inopportuna visto che il fabbisogno
dell'Italia di stagnato è di 800 mila tonnellate mentre noi ne
produciamo solo 120 mila. Con una programmazione seria, come chiediamo
da anni, dovremmo assumere e non lasciare a casa i lavoratori".
Ex Ilva, Garassino: "C'è il piano B, una dozzina di aziende pronta a insediarsi a Cornigliano"
GENOVA - “Noi abbiamo già una dozzina di aziende non inquinanti che verrebbe volentieri in quelle aree dando occupazione.
Sono aree preziosissime: abbiamo la ferrovia, le banchine dove le navi
possono attraccare e l’autostrada vicina. Non c’è un posto in Italia che
sia servita così bene”.
Stefano Garassino, assessore allo sviluppo economico del
Comune di Genova spiega a Primocanale che il piano B sul futuro delle
aree ex Ilva c’è e che ci sono aziende importanti che hanno già
manifestato il loro interesse per Cornigliano. Garassino parla di due
piani di azione da sostenere. E il primo è quello di puntare ancora
sull’acciaio:
“Bisogna rinnovare gli impianti, far tornare le acciaierie competitive a livello europeo, garantire
un miglioramento da un punto di vista green, che può dare l’occupazione
prevista dall’accordo di programma: si parlava di 2200 occupati, oggi
siamo a 950: mancano all’appello oltre 1200 lavoratori”.
Ma in alternativa – spiega l’assessore di Tursi – deve essere
pronta: “Se questo tipo di investimento sulla siderurgia non fosse
possibile, se Taranto dovesse impedire determinati avanzamenti, bisogna
pensare a una parte di queste aree che può essere ridata alla città”.
Rispetto alla posizione dei sindacati, in particolare
della Fiom che ribadisce come l’unica soluzione per Cornigliano è la
siderurgia, Garassino prova a mediare: “Trovo positivo
l’atteggiamento dei sindacati degli ultimi anni: è molto costruttivo e
finalizzato a tutelare i posti di lavoro. Anche io trovo fondamentale
che l’Italia possa avere sul suo territorio e aziende che producano e
siano indispensabili. Si chiede più produzione di latta, la domanda c’è,
è vero. Ma c’è qualcosa che non torna: ad oggi i 2500 posti di lavoro
non ci sono, già oggi non viene rispettato l’accordo di programma e
addirittura si parte con la cassa integrazione. Il tutto mentre i
competitor a livello internazionale sono in grande attivo”.
“La siderurgia – continua Garassino - è sempre stata un
valore aggiunto per l’Italia, sarebbe brutto perderla, ma serve un piano
B. Non possiamo trovarci di fronte, nel caso le cose
malauguratamente non andassero bene, nel non sapere cosa fare. Per
questo ci siamo mossi, non per andare in contrapposizione con l’accordo
di programma che va rispettato”.
L’assessore non si sbottona sulle aziende che si sono già fatte avanti, ma fa capire che l’interesse è reale:
“Alcune sono legate al mondo portuale, altre alla tecnologia, altre più
in generale sono aziende che hanno manifestato il loro interesse alle
aree di Cornigliano. Naturalmente vorrei che ex Ilva tornasse
competitiva con gli investimenti dovuti per aumentare i posti di lavoro,
però il piano B serve anche per ridare occupazione a chi dovesse
perderla: di certo non possiamo permetterci di perdere 950 posti di
lavoro specializzati”.
GENOVA 24
Ex Ilva, sindacati sul piede di guerra per la nuova cassa integrazione: “E’ illegittima”
Martedì pomeriggio riunione unitaria di Fiom, Fim e Uilm con l'rsu per decidere le azioni da intraprendere
Genova. Si riuniranno martedì pomeriggio
nella sede della Cgil per decidere le azioni da intraprendere le
segreterie di Fiom, Fim e Uilm di Genova e l’rsu dopo l’avvio da parte
di Acciaierie d’Italia di una nuova procedura di cassa integrazione
ordinaria per tutti i dipendenti dello stabilimento di Cornigliano.
Nel frattempo è stato chiesto un incontro urgente
all’azienda. La lettera, inviata ieri, avvia la procedura di cigo
(avendo esaurito la cosiddetta cassa Covid) per 13 settimane a partire
dal 28 giugno, per tutti i 981 dipendenti dello stabilimento di Genova,
giustificandola con la produzione a regime ridotto del materiale grezzo
nello stabilimento di Taranto. “Rifiutiamo di far fare ai lavoratori
altra cassa integrazione in un momento in cui tutto il mondo chiede più
acciaio e non facciamo altro che leggere su giornali e siti di settore
che manca la latta” dice il segretario della Fiom genovese Bruno
Manganaro. Non solo: “Riteniamo che ci siano anche forti dubbi di
legittimità sull’utilizzo della cassa ordinaria, che può essere chiesta o
per motivi legati a crisi di mercato o per eventi eccezionali. E di
questo in particolare vogliamo chiedere conto al ministero del Lavoro: è
legittimo utilizzare in questo modo i soldi dell’Inps?”.
Proprio il ministro del lavoro Andrea Orlando aveva
fissato per stamattina una visita nello stabilimento di Cornigliano e un
primo confronto con i sindacati ma l’incontro è poi slittato alla
prossima settimana. Quello che appare chiaro è che i sindacati, se il
confronto con l’azienda, non ancora fissato non porterà a un
ripensamento sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali sono pronti a
tornare in piazza.
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