martedì 1 giugno 2021

pc 1 giugno - La “sfida globale dei chip” continua a colpi di miliardi di investimenti e preoccupa seriamente i paesi imperialisti che devono accentuare la concorrenza in tutti i campi

A che punto è la crisi dei semiconduttori (all’interno della crisi mondiale) di cui abbiamo parlato in un altro articolo (https://proletaricomunisti.blogspot.com/2021/04/pc-28-aprile-la-crisi-strutturale-del.html#more)  e che coinvolge la produzione di moltissimi settori industriali tra i più importanti nei paesi più industrializzati del mondo?

La sfida globale dei chip diventa un fatto geopolitico” dice Affari&Finanza del 24 maggio, tanto che i vari Paesi imperialisti stanno facendo delle leggi per proteggere o permettere di rilanciare o progettare nuove fabbriche puntando sulla materia prima per la produzione dei chip, e cioè il silicio.

La “carenza di chip” ha messo in luce e aggravato ancora di più le contraddizioni esistenti tra i paesi imperialisti: sono ad un tempo strettamente legati dal modo in cui oggi si produce nel mondo, ai profitti delle loro multinazionali che dipendono dalle “catene globali del valore”, e allo stesso tempo feroci concorrenti per la spartizione dei mercati dove riversare tutta questa immane produzione di merci!

La Corea del Sud rilancia annunciando “un colossale piano di investimento da 452 miliardi di dollari

entro il 2030 per rafforzare ulteriormente l’industria nazionale.” Con il “generoso supporto del governo sotto forma di prestiti e sconti fiscali.” Perché “I semiconduttori stanno diventando una specie di infrastruttura chiave per tutte le industrie”, ha spiegato il presidente Moon Jae-in.” Praticamente un solo paese come la Corea del Sud investe la metà dei 700 miliardi del Next Generation dell’Europa!

Il nostro mondo – dice il settimanale finanziario - non può funzionare senza semiconduttori. Una partita strategica, che diventa geopolitica: il silicio è uno dei fronti decisivi nella battaglia tra gli Stati Uniti e la Cina. Pechino, ancora due o tre generazioni in ritardo, ha messo i chip al centro del suo nuovo piano economico quinquennale, indirizzando incentivi per miliardi verso il settore. Sull’altra sponda Joe Biden, nel suo grande piano infrastrutturale, ha promesso all’industria 50 miliardi di dollari per riportare le fonderie di silicio sul suolo americano: un nuovo grande stabilimento Intel in Arizona dovrebbe entrare in funzione nel 2024.”

“Taiwan e la Corea del Sud, primo e secondo produttore al mondo” hanno attualmente richieste altissime da ogni parte e perciò, dice A&F, “sono in un certo senso presi in mezzo a questa competizione. Sono alleati degli Stati Uniti, ma la Cina costituisce per loro un mercato decisivo.

Vista l’estrema importanza di questa produzione subito dopo la Corea anche Taiwan con la sua Tsmc, il colosso numero uno al mondo, ha messo su un piano di investimento da 100 miliardi in tre anni per incrementare la massa produttiva.” E anche la costruzione di un impianto negli Stati Uniti.”

L’industria del silicio viene definita l’industria chiave dei prossimi decenni. E bisognerà correre sia per il controllo dei siti di estrazione delle terre rare, alla base dei semiconduttori, localizzati per la maggior parte in Africa e Cina che per “produrre in proprio” come stanno pensando i maggiori paesi imperialisti: non sarà facile per le immense spese per esempio, necessarie per costruire una fabbrica di lavorazione del silicio e le difficoltà tecniche: “una macchina per litografia ultravioletta estrema, usata per produrre chip avanzati, è composta da più di 100.000 parti, costa circa 120 milioni di dollari e viene spedita in 40 diversi container, ed oggi ASML è essenzialmente l’unica in grado di realizzarla.”

(https://financialounge.repubblica.it/news/2021/05/04/semiconduttori-capital-group/?utm_source=repubblica&utm_medium=box&utm_campaign=box_repubblica&utm_content=box_rep_capital-group)

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