sabato 5 giugno 2021

pc 5 giugno - Torino - forte manifestazione per il 'suicidio assistito' - vero omicidio di Stato - di Moussa Balde! Chiudere i CPR!

La manifestazione organizzata dalle principali associazioni di giuristi della città: «Gli immigranti vivono in gabbie»

Torino, centinaia in piazza per il migrante suicida: «Nei Cpr una voragine di disumanità» In piazza Castello
Diverse centinaia di persone si sono date appuntamento nel pomeriggio del 4 giugno, in piazza Castello, sotto le finestre della Prefettura, per una manifestazione organizzata dalle principali associazioni di giuristi torinesi. Un momento di confronto, di protesta e di riflessione che vuole accendere i riflettori sulle condizioni disumane in cui vivono coloro che sono rinchiusi nel Cpr di Torino. Il caso che ha scatenato il moto di rivendicazioni dei giuristi, che si sono presentati in piazza indossando la toga, è il suicidio Moussa Balde, il giovane originario della Guinea che si è impiccato lo scorso 23 maggio.

«Chi ha deciso di chiuderlo nella gabbia, ha stretto con lui il nodo del lenzuolo con cui si è impiccato», ha detto l’avvocato Gianluca Vitale che ora assiste i familiari della vittima. «Non possiamo più accettare questo sistema che rappresenta solo una violazione sistematica dei diritti delle persone — ha insistito il legale —. Moussa non riusciva a capire perché fosse lì dentro. “Perché sono qui?”, chiedeva con insistenza. Era lì perché a un certo punto ha smesso di essere un essere umano ed è diventato un clandestino».

Alla manifestazione è intervenuto anche l’avvocato Lorenzo Trucco, presidente dell’Asgi (Associazione degli studi giuridici sull’immigrazione): «Non siamo qui solo per ricordare una tragedia umana. La vicenda di Moussa è simbolica, racconta un sistema basato sui Cpr. Luoghi in cui le persone perdono ogni diritto. Luoghi in cui le persone perdono la libertà senza aver commesso alcun reato. Luoghi che rappresentano una voragine di disumanità».

Al Cpr — così gli avvocati lo descrivono — gli immigrati vivono in gabbie, i pasti vengono consumati in piedi, i servizi igienici non hanno le porte, persino gli interruttori della luce sono governati

dall’esterno. «Sembrano dei campi di concentramento», sono le parole usate da Davide Mosso della Camera Penale. I dati sono drammatici.

«Dal 2019 ad oggi sono sei le persone morte nei centri di permanenza d’Italia», ha spiegato la presidente dei Giuristi democratici Michela Quagliano. Gli avvocati chiedono che vengano ripristinati i colloqui con i familiari, anche attraverso le video conferenze, di garantire le visite dell’Asl, sia mediche che psichiatriche, ma soprattutto di chiudere gli «ospedaletti», cioè le stanze di isolamento — simili a pollai dicono i legali —, che non sono previste dalla normativa.

In occasione della protesta è stato presentato un libro nero in cui sono racchiuse le tragiche storie di migranti rinchiusi nei Cpr e che solo per caso non hanno fatto la fine di Moussa.

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