Letta -
sempre che il suo governo regga... - continua a promettere che
metterà la lotta alla disoccupazione al centro dei suoi impegni del
prossimo semestre.
Pochi
giorni fa ha affermato: "Voglio continuare la battaglia per
combattere la disoccupazione giovanile, un tema importante e il cuore
della presidenza italiana dell'anno prossimo".
Intanto
"la disoccupazione nel nostro paese rimane stabile oltre la
soglia, drammatica, del 13% e i più colpiti continuano ad essere i
giovani: nell'ultimo rapporto dell'istituto di statistica italiano
risulta che fra i giovani, fra gli under 25%, la soglia di
disoccupazione è del 39,1%, peraltro in crescita. Questo vuol dire
che quasi la metà dei giovanissimi che cercano lavoro non lo
trovano..."
Queste
"promesse" non solo sono false perchè i governi, come
prima Berlusconi ora Letta, hanno "al centro" la difesa
degli interessi capitalistici e dello Stato, per cui le risorse
economiche vengono indirizzate a finanziamenti e sgravi, agevolazioni
per i padroni (che non si traducono affatto meccanicamente in più
occupazione), o per finanziare le "grandi opere" (la Tav è
ancora più pienamente confermata da questo governo) o per gli impegni
militari dello Stato (F35, missioni all'estero - ma anche No Muos,
ecc.).
Ma queste
"promesse" sono false, perchè nel sistema capitalista è
impossibile eliminare la disoccupazione o almeno ridurla realmente.
Essa, in particolare nelle crisi, è parte strutturale e "normale"
delle politiche del capitale a difesa dei suoi profitti.
Riportiamo su
questo un illuminante stralcio tratto dal libro "l'ABC del
comunismo" di Bucharin e Preobrazenskij, che pur scritto nel
1919 è sempre valido nell'analisi di fondo del sistema capitalista:
"…Questa
dipendenza dal capitale viene consolidata anche in altro modo, che
non sia la rovina di sempre nuovi strati sociali. Il capitale
rinsalda il suo dominio sulla classe operaia mettendo sul lastrico
gli operai superflui e creandosi in questo modo una riserva di mano
d'opera. Come avviene questo fenomeno?... ogni industriale tende a
ridurre il prezzo di costo dei suoi prodotti. Per tale ragione egli
introduce sempre nuove macchine. Ma la macchina sostituisce
generalmente l'operaio, rende superflua una parte degli operai.
L'introduzione di ogni nuova macchina significa il licenziamento di
una parte degli operai. Gli operai, che prima erano occupati nella
fabbrica, diventano disoccupati. Ma dato che l'introduzione di nuove
macchine, ora in questo ora in quel ramo d'industria, è continuo, è
senz'altro chiaro che anche la disoccupazione dovrà sempre esistere
nel regime capitalista. Il capitalista non si cura già di procurare
a tutti del lavoro e di fornire tutti del necessario, ma si preoccupa
soltanto di spremere dalla classe operaia il maggior profitto
possibile. Quindi è naturale che egli getti sulla strada quegli
operai che non gli danno più il profitto di una volta.
Ed
infatti noi vediamo in tutti i paesi capitalistici che nelle grandi
città vi è sempre un grande numero di disoccupati... Tutti insieme
formano una riserva di mano d'opera per il capitale, o, come la
chiamò Carlo Marx, la riserva industriale. L'esistenza di questa
riserva industriale e la continua disoccupazione permettono ai
capitalisti di accentuare la dipendenza e l'oppressione della classe
operaia. Mentre da una parte degli operai il capitale spreme
coll'ausilio della macchina un maggiore profitto, l'altra parte si
trova sul lastrico. Ma anche i disoccupati servono al capitale come
sferza che incita i ritardatari. [...]
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