“se è vero che ci sono tanti focolai, è anche vero che ci sono tanti pompieri. Noi dobbiamo soffiare sul fuoco e fermare i pompieri che vogliono spegnerlo...”
“Il 15 ottobre ci serve una manifestazione che assomigli di più a quella del14 dicembre che a una festosa sfilata”.
L’assemblea “non paghiamo il debito. Fermiamoli” del 1° ottobre a Roma ha avuto il merito di unire i settori più radicali dell’opposizione sociale, popolare e proletaria, dalla No Tav agli operai di Pomigliano e dell’Irisbus, ma la discussione e le analisi della nuova fase della crisi che si sta approfondendo in Europa e le indicazioni di lotta che ne discendono sono, invece che un tentativo di riposizionamento politico nello scontro di classe, un farsi da parte per supportare la sinistra ex parlamentare. Altro che autonomia! Non si vuole mettere all’ordine del giorno il necessario rovesciamento con un atto di forza del sistema di dominio del Capitalismo oggi in crisi. Questo avrei voluto dire nell’intervento che non c’è mai stato perché il dibattito era già preordinato, conclusioni comprese.
Ma la nostra polemica non finisce qui. Su almeno alcuni punti: sull’analisi della fase storica alla base della costituzione di un nuovo soggetto politico e sul programma sociale per l’uscita dalla crisi.
1) si dice che è necessario riempire lo spazio politico con un movimento, partecipato e democratico, indipendente dal sistema politico istituzionale come se il problema fosse la difficoltà di organizzare la partecipazione (cosa di cui sarebbero “maestri” la sinistra ex parlamentare e della cgil) e non, invece, l’egemonia delle linee politiche riformiste, interclassiste, nel movimento con cui fare finalmente i conti e batterle sul campo.
“Il 1° ottobre, nell’assemblea autoconvocata a Roma al teatro Ambra Jovinelli, si prova a costruire uno spazio politico che oggi in Italia non c’è”.
“Con questa assemblea iniziamo un percorso difficile e non scontato. Sappiamo che altri tentativi in questa direzione sono completamente falliti. Quello che forse è mancato a tutti quei tentativi è stata quella necessaria iniezione di partecipazione e democrazia confronto aperto tra varie ipotesi, senza le quali non si costruisce mai qualcosa di veramente nuovo. In Italia siamo capacissimi di fare enormi manifestazioni, grandi movimenti di lotta, ma poi lasciamo sempre alle stesse persone, allo stesso sistema politico istituzionale, il compito di amministrarle e gestirle. Questo perché da anni non siamo in grado di costruire una reale nuova partecipazione. Per questo vogliamo iniziare da qui e provare a diffondere in tutto il paese, attraverso assemblee territoriali, la nostra proposta, costruendo comitati e assemblee ovunque.”
“Noi lottiamo, noi ci battiamo con fatica ovunque per i diritti e le libertà e poi la politica ufficiale ci interpreta, ci giudica e si sovrappone a noi. “
“Contro il colpo di stato economico che sta distruggendo la nostra democrazia”?
Ma di quale democrazia si parla? Lo stato “democratico” italiano è da tempo involucro formale che una parte della borghesia e del padronato non vede l’ora di “contro riformare” in senso reazionario, con la costruzione di un regime. Si sono dati il governo Berlusconi per questo scopo, ma oggi non gli basta più la sua “macchietta”, hanno bisogno d’imporre alla società tutta il fascismo che già stanno costruendo in fabbrica con la complicità dei confederali, cgil compresa. Bersani o chi per lui non è certo l’alternativa a questo modello ma l’interprete/esecutore. L’unità nazionale serve a questo processo. Il “golpe economico” ha certo accelerato questo processo ma non è la causa.
Come si fa a dire che: “In poco più di un anno così l’Italia ha visto distruggere la scuola pubblica, la sanità, i servizi pubblici e sociali. Il contratto nazionale non esiste più e lo statuto dei lavoratori è stato sottoposto alla deregolazione degli accordi tra le parti complici”…leggi xenofobe, attacco alle pensioni, precarietà dilagante, “Siamo alla catastrofe sociale che uccide il presente e mangia il futuro: la casa, la scuola, il lavoro, la salute, i diritti, tutto”?
Ma, scusate, qual’era la realtà politica e sociale prima di questo “golpe economico”?
2) Sul programma: ma come facciamo a fare cadere il governo unico delle banche?
Si dice che bisogna lottare per la democrazia
Nella sua introduzione Cremaschi spiega che la lettera segreta di Draghi-Trichet al governo è il fatto politico recente più saliente ma, con una compattezza da regime, in Italia la politica, tutta la politica, parla d’altro. c’è silenzio su questo che è un attacco a tutto (salario, welfare, pensioni, diritti) di una violenza inaudita. Questo dibattito negato, questo bavaglio, è il dato saliente del regime che abbiamo di fronte. Quella lettera è un programma di governo, è il “golpe economico”. Cremaschi dice: no alla coesione nazionale evocata da Napolitano, o con noi e i lavoratori o con o si sta con Marchionne, Draghi, Trichet. E poi: il No alla BCE e non la lotta a Berlusconi è la nostra discriminante costituente
Che il “dibattito” sia negato ai proletari e alle masse popolari non è certo una novità, come non è una novità l’influenza di organismi sovranazionali come BCE o FMI nelle politiche degli stati nazionali, ma siamo d’accordo quando si parla di regime.
“La crisi economica italiana è anche una crisi della democrazia. E non solo perché la sola permanenza al governo di Berlusconi dimostra che il nostro non è un paese democratico come altri. Ma anche perché oltre questo le scelte di fondo che riguardano le nostre vite non sono più decise dalle nostre istituzioni democratiche, ma vengono imposte con le terapie shock dell’emergenza economica, dal grande padronato, dalla Banca Europea, dal Fondo Monetario Internazionale”…“La politica e i poteri forti italiani sono tutti subordinati alle grandi scelte del capitalismo europeo e internazionale.”
La politica italiana non è affatto commissariata, è parte integrante del polo imperialista europeo in un rapporto di collusione e contrasto
“La crisi della democrazia italiana sta anche in questo: che gli enormi guasti sociali, civili, morali, che l’hanno colpita, per opera decisiva di Silvio Berlusconi, non sarebbero stati sufficienti a farlo cadere se non ci fosse stata la crisi del debito”…” cacciare Berlusconi è condizione necessaria, ma assolutamente non sufficiente per riprendere un percorso realmente democratico.”..” Ma dobbiamo nello stesso tempo sin d’ora preparare l’alternativa a chi vuole cacciarlo e pensa di farci pagare tutti i conti del suo disastro.” (Cremaschi, da “Liberazione” del 22 settembre) .
Casadio, della Rete dei Comunisti: ciò che si prepara non è un nuovo fascismo ma un governo che salti sul carro dei vincitori europei che non può che essere diretto dal centrosinistra.
Ma come credete che sarà la politica di un governo di centrosinistra nel nostro paese? Il centrosinistra è sempre stato un bravo maestro nel preparare la strada ai nuovi regimi.
Le posizioni sulla lotta al governo unico delle banche, sulla cancellazione del debito, sulla difesa dei beni comuni, contrastano le soluzioni a cui lavorano gli stessi capitalisti?
Tommaselli (USB) dice che saremo in piazza il 15 ottobre e poi in tutte le città per un movimento che non vuole fare un partito ma tornare a fare politica.
Il problema è quale politica? Il problema di fondo non è uscire dalla crisi lasciando intatto il sistema economico/politico che lo ha generato
“Il problema infatti è quello di costruire non una “campagna di opinione” sul non pagamento del debito, ma una campagna politica e di massa che non nutra illusioni velleitarie e la collochi ben dentro il senso comune della gente e il conflitto di classe nei vari settori sociali”..” Non è infatti possibile disgiungere dal non pagamento del debito la questione della nazionalizzazione delle banche, perché è soprattutto il debito “pubblico” verso le banche quello che va eliminato”. (Cararo, RdC)
”La lotta all’evasione fiscale, la tassa patrimoniale, devono servire a finanziare la ripresa dei salari, dei diritti, della crescita fondata sui beni comuni e non finanziare gli interessi delle banche”. “rivendichiamo il ritorno a un sistema elettorale proporzionale che dia spazio a tutte le voci e le richieste del nostro paese. Rivendichiamo il diritto alla partecipazione e all’autorganizzazione, affermando ed estendendo la democrazia diretta e il diritto alla consultazione. Il finanziamento pubblico ai partiti, va abolito e sostituito dal finanziamento alle libere attività politiche dei cittadini.”..libertà di stampa, legge sulla democrazia sindacale nei luoghi di lavoro,
“democrazia radicale anticapitalista”, raccogliere firme per “chiedere il diritto al referendum”.
Persino questo programma è oggi irrealizzabile, ci vuole un nuovo potere per attuarlo, un potere che nasce dagli operai e dal loro partito comunista che unisce tutte le opposizioni sociali in un unico programma per la rivoluzione e il rovesciamento dello Stato. Se non si dice chiaro che è questo quello che si vuole il programma della democrazia radicale anticapitalista sarà quello della solita, sconfitta, sinistra ex parlamentare e di governo. Ma se quest’assemblea non si pone neanche l’assedio dei palazzi del potere e, soprattutto, ripete la solita litania che “il movimento è tutto e il fine è il nulla” e solleva le bandiere della lotta per la democrazia all’interno di un paese imperialista, non è al proletariato che parla ma alla sua classe, la piccola borghesia preoccupata dalla crisi.
Il delegato di Pomigliano lo ha detto chiaramente: se è vero che ci sono tanti focolai, è anche vero che ci sono tanti pompieri. Noi dobbiamo soffiare sul fuoco e fermare i pompieri che vogliono spegnerlo... Ho sentito parlare qui di rivoluzione, anche in fabbrica sono tanti a dire che ci vorrebbe una rivoluzione ma non hanno la minima fiducia in chi la dovrebbe concretamente fare. Questa fiducia che manca è quella che dobbiamo dare.
Più chiaro ancora il delegato Irisbus: il 15 ottobre ci serve una manifestazione che assomigli di più a quella del14 dicembre che a una festosa sfilata.
un compagno di proletari comunisti
presente all'assemblea
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