Si va a Detroit a sventolare la bandiera della solidarietà per lotta salariale degli operai dell’automobile, si torna a casa arrotolando la bandiera, i salari di Stellantis Italia devono bastare. Diffidare delle imitazioni.
Chi pensa ad un sindacato immobile
si sbaglia e pure di grosso; la rivoluzione è più mobile che mai.
La Fiom, guidata dal comandante De Palma, dopo il viaggio a
Parigi, che ha dato al ritorno solo baguette ai lavoratori, si è
fatto un altro bel viaggio in quel di Detroit. Sei speranzoso che
sia andata a scuola di sindacato, considerando la lotta, poi
vinta, dei colleghi americani e soprattutto stando a quel
titolone: “La Fiom si unisce alla lotta del sindacato americano
UAW”. La partita negli USA si è giocata su fronti che sono
assolutamente comuni ai nostri. Infatti, la loro principale
rivendicazione è stata l’aumento dei salari, depauperati
dall’inflazione a fronte di profitti particolarmente elevati degli
azionisti e il riconoscimento di una adeguata retribuzione agli
operai per il lavoro alla catena di montaggio. Beh, non mi sembra
che in questa “nazione” ce la passiamo meglio, anzi; eppure, a
fronte di tutto ciò, si ritorna in Italia per proseguire
l’immobilismo sul fronte salariale; ancora il nulla per noi
operai. Strano modo di unirsi alla lotta.
A Pomigliano, intanto, si continuano a battere tutti i record di
produzione e per ogni reparto che ha battuto il record, l’amato
padrone offre una colazione, da consumare rigorosamente nei dieci
minuti di
Tra il silenzio di tutti i sindacati, una voce fuori dal coro parte da un noto lavoratore che organizza una raccolta firme con cui prova a chiedere un riconoscimento economico da erogare a dicembre a tutte le maestranze. Raccolta firme, poi, sfociata in una protesta alquanto bizzarra: uno sciopero alla giapponese, cioè in pratica, recarsi a lavoro con una fascia al braccio in segno di protesta per rivendicare un premio extra una tantum a dicembre. Ma prima che al grido di “banzai”, iniziasse la lotta giapponese, la Fiom esce allo scoperto con un comunicato in cui chiede l’ennesimo inutile incontro all’azienda proprio per avanzare la richiesta di un riconoscimento economico. Così quel grido viene strozzato in gola e per fortuna si evita una ulteriore umiliazione per noi operai. Come se una firma e/o una fascia servissero per portare a casa un risultato. Nei fatti la raccolta firme ha solo evidenziato la complicità dei bidelli dell’azienda (sindacati firmatari) e le finte azioni di contrasto al padrone della “rivoluzionaria” Fiom.
In questo scenario aggiungiamoci oltre alle solite questioni di sicurezza, all’aumento di turni e ritmi massacranti, anche la visita dei topi. Reparti interi invasi dai ratti, segno evidente dello stato in cui Stellantis decide di far vivere i propri dipendenti. Per l’occasione, in maniera unitaria, i sindacati decidono di sorprenderci con una segnalazione all’amica, pardon, volevo dire vicina, ASL di competenza. Ad oggi, tutto invariato, tutto.
È sempre più evidente ormai che, tra servi fidati, finti rivoluzionari e personaggi inaffidabili dalle bizzarre iniziative l’unica strada da percorrere sia quella di organizzarci tra di noi per la lotta, quella vera, che, proprio come insegnano i fatti recenti dei nostri colleghi americani, è l’unica cosa che paga realmente. Diffidate dalle imitazioni.
PILONE OPERAIO STELLANTIS POMIGLIANO D’ARCO
da operaicontro
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