Ma anche altre città sono allagate, da Bengasi, a Misurata a Al Marj, Beyda, Susah e altre ancora nelle zone interne rurali di cui ancora non arrivano notizie.
Nei lager per immigrati gestiti per conto dei paesi imperialisti, con l’Italia in prima fila, si parla di circa 6.000 migranti detenuti nei «centri di detenzione cosiddetti “ufficiali”, sia a Est che a Ovest, che sono quindi gli unici di cui riceviamo informazioni» – fra cui uno «particolarmente affollato», quello di Al Kufra, che si trova proprio nella Cirenaica travolta dall’acqua, come denuncia l’Oim (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni).
La furia del ciclone non deve nascondere le responsabilità dei governi-fantoccio messi in piedi dagli imperialisti e le responsabilità degli stessi governi dei due blocchi imperialisti, a guida USA e Russia, che hanno trasformato in ecatombe l’intensità di un evento – come molti altri che stanno diventando
frequenti, frutto del cambiamento climatico, che aveva già devastato e causato vittime in Grecia e colpito anche la Turchia e la Bulgaria. Ma a Derna, nei confronti delle dighe che cominciavano a gonfiarsi, non è stato predisposto nessun piano di evacuazione.Per mettere in sicurezza le dighe di Derna non hanno impegnato alcuna risorsa, i governi locali e nazionali hanno dirottato verso gli impianti petroliferi e in quelli del gas le risorse necessarie invece per la manutenzione dei bacini idrici mentre Derna è soggetta ad alluvioni.
Un accademico ha pubblicato un articolo nel 2022 affermando che ripetute inondazioni minacciavano le dighe costruite in uno wadi , un letto di fiume solitamente asciutto, sopra la città e sollecitava una manutenzione immediata. "Se si verificasse una grande inondazione, il risultato sarebbe catastrofico per la popolazione dello wadi e della città" aveva scritto un anno fa l'idrologo Abdelwanees AR Ashoor, dell'Università libica Omar Al-Mukhtar.
Lo stesso vice sindaco di Derna, Ahmed Madroud, ha dichiarato ad Al Jazeera che le dighe crollate del Wadi che sovrastavano la città erano prive di manutenzione dal lontano 2002. Ancora una volta i ricercatori avevano lanciato l’allarme rischio-sicurezza e sono stati inascoltati.
Non ci sono risorse per gli aiuti, il popolo scava a mani nude per recuperare corpi sotto le macerie e seppellisce i corpi che si trovano nelle strade e sui marciapiedi in fosse comuni. Mancano persino i sacchi per cadaveri per limitare le epidemie.
Gli imperialisti che hanno smembrato la Libia, continuano a depredare le sue risorse, l’Italia ne ha fatto anche il suo avamposto per il respingimento dei migranti, e hanno creato due governi, mantenuto in piedi i vari signori della guerra e le loro milizie, per opprimere sempre più il popolo libico.
Anche questa strage dimostra che per l’imperialismo la vita delle masse non conta nulla
Noi siamo perchè in questa solidarietà, di aiuti come solo la generosità dei popoli può mettere in campo, il popolo libico trovi la fiducia in sé stesso, l’unità, e trovi la propria forza e la propria strada giusta per trasformare la rabbia ed il dolore di questi giorni in autorganizzazione popolare, in un nuovo potere, in una furia che spazzi via i parassiti al governo, i signori della guerra e tutti gli imperialisti.
Da parte nostra solidarietà, denuncia e lotta contro il nostro governo responsabile, con la sua politica neocolonialista, dell'oppressione delle masse libiche, della rapina delle sue risorse e dell'averla trasformata in un gigantesca postazione per i respingimenti antiimmigrati.
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