Da “L’ordine nuovo “, 13 settembre 1919
Le tesi fondamentali dell’Internazionale comunista si possono così riassumere:
la guerra mondiale 1914-18 rappresenta il verificarsi tremendo di quel momento del processo di sviluppo della storia moderna che Marx ha sintetizzato nell’espressione: la catastrofe del mondo capitalista;
solo la classe lavoratrice può salvare la società umana dall’abisso di barbarie e di sfacelo economico verso il quale la spingono le forze esasperate e impazzite della classe proprietaria, e può farlo organizzandosi in classe dominante per imporre la propria dittatura nel campo politico-industriale;
la rivoluzione proletaria è imposta e non proposta.
Le condizioni create dalla guerra (impoverimento estremo delle risorse economiche atte a soddisfare i bisogni elementari della vita collettiva e individuale, concentrazione dei mezzi di produzione e di scambio internazionali nelle mani di una piccola schiera di detentori, asservimento coloniale di tutti i paesi del mondo al capitalismo anglosassone, concentrazione, negli ambiti nazionali, delle forze politiche della classe proprietaria) possono determinare questi sbocchi: o la conquista del potere sociale da parte della classe lavoratrice, coi metodi e gli strumenti che gli sono propri, per arrestare il processo di dissolvimento del mondo civile e gettare le basi di un ordine nuovo nel quale sia possibile una
ripresa delle attività utili e uno slancio vitale energetico e rapido verso forme più alte di produzione e di convivenza; o la morte per inedia ed esaurimento di una gran parte dei lavoratori; o la strage in permanenza per la decimazione sociale fino al ricostituirsi di un congruo rapporto tra la produzione gestita capitalisticamente e la massa consumatrice. Aderire alla Internazionale comunista significa pertanto essere persuasi dell’urgente necessità di organizzare la dittatura proletaria, cioè di atteggiare il movimento proletario nelle forme e nei modi più idonei perché il sistema politico proletario risulti una fase normale e necessaria nella lotta di classe combattuta dalle masse operaie e contadine. E significa che “l’azione e la forza del proletariato”, a differenza di quanto si afferma nel programma del Partito socialista approvato a Genova nel 1892, si esplicherà sotto questo doppio aspetto:organizzazione degli operai e dei contadini per unità di produzione (fabbrica, azienda agricola, villaggio, città, regione, nazione) rivolta ad addestrare le masse all’autogoverno simultaneamente nel campo industriale e nel campo politico;
sviluppo di un’azione sistematica e incessante di propaganda da parte degli elementi comunisti per conquistare rapidamente i poteri di questi organismi proletari, accentrarli in un nuovo tipo di Stato (lo Stato dei Consigli operai e contadini) nel quale si incarnerà la dittatura proletaria, dopo la dissoluzione del sistema economico-politico borghese.
Queste innovazioni fondamentali da introdurre nel programma del 1982, sono il risultato delle esperienze concrete attraversate dai lavoratori di Russia, di Ungheria, di Austria e di Germania nei loro tentativi di realizzazione rivoluzionaria. Esse sono da assumersi come inerenti necessariamente allo sviluppo industriale della popolazione capitalistica mondiale, perché attuate dagli operai inglesi e americani, indipendentemente dai contraccolpi delle circostanze politiche generali (disfatta militare ecc.), come riflesso normale della lotta di classe nei paesi di più intensa vita capitalistica.
Le esperienze concrete rivoluzionarie della classe operaia internazionale si possono riassumere nelle seguenti tesi:
la dittatura del proletariato, che deve fondare la società comunista sopprimendo le classi e gli inguaribili conflitti della società capitalistica, è il momento di più intensa vita dell’organizzazione di classe dei lavoratori, operai e contadini;
l’attuale sistema di organizzazione della classe proletaria: associazione per mestiere (sindacati), per industria (federazione), per complesso di produzione locale e nazionale (Camera del Lavoro) e (Confederazione Generale del Lavoro), sorto per organizzare la concorrenza nella vendita della merce-lavoro, non è idoneo, per questa sua natura essenziale concorrentista, ad amministrare comunisticamente la produzione e ad incarnare la dittatura del proletariato. L’organizzazione per mestiere è stata un efficace strumento di difesa dei lavoratori, poiché è riuscita a limitare la strapotenza e l’arbitrio della classe capitalistica, imponendo il riconoscimento dei diritti degli oppressi sulle questioni degli orari e dei salari. Essa continuerà a svolgere questo suo compito, durante la dittatura proletaria e nella società comunista, funzionando come organismo tecnico che compone i contrasti di interessi tra le categorie del lavoro e unifica nazionalmente e internazionalmente le medie di retribuzione comunista;
l’organizzazione dei lavoratori, che eserciterà il potere sociale comunista e nel quale si incarnerà la dittatura proletaria può essere solo un sistema di Consigli eletti nelle sedi di lavoro articolati agilmente in modo che aderiscano al processo di produzione industriale e agricola, coordinati e graduati localmente e nazionalmente in modo da realizzare l’unità della classe lavoratrice al di sopra delle categorie determinate dalla divisione del lavoro. Questa unificazione si verifica anche oggi nelle Camere del Lavoro e nella Confederazione, ma senza efficacia coesiva delle masse, perché mero contatto saltuario e disorganico di uffici centrali e di individualità dirigenti. Nelle sedi del lavoro questa unificazione sarà invece effettiva e permanente perché risulterà dall’armonico e articolato sistema del processo industriale nella sua vivente immediatezza, perché sarà basata sull’attività creatrice che affratella le volontà e accomuna gli interessi e i sentimenti dei produttori;
solo con questo tipo di organizzazione si potrà riuscire a rendere consapevoli le unità di lavoro della loro capacità a produrre e a esercitare la sovranità (la sovranità deve essere una funzione della produzione), senza bisogno del capitalista e di una delegazione indeterminata del potere politico; a rendere consapevoli, cioè, i produttori che la loro comunità organizzata, può sostituire, nel processo generale di produzione dei beni materiali, e quindi nel processo di creazione storica, il proprietario e i suoi sicari nel potere industriale e nella responsabilità della produzione;
le unità di lavoro dovranno coordinarsi in organismi superiori, collegati per interessi locali e per branche industriali nella stessa unità territoriale di produzione (province, regioni, nazione) costituendo il sistema dei Consigli. La sostituzione agli individui proprietari di comunità produttive, collegate e intrecciate in una fitta rete di rapporti reciproci tendenti alla tutela di tutti i diritti e gli interessi scaturenti dal lavoro, determinerà la soppressione della concorrenza e della falsa libertà, gettando le basi dell’organizzazione della libertà e della civiltà comunista;
amalgamati intimamente nella comunità di produzione, i lavoratori sono automaticamente portati a esprimere la loro volontà di potere alla stregua di principi strettamente inerenti ai rapporti di produzione e di scambio. Cadranno rapidamente dalla psicologia media proletaria tutte le ideologie mitiche, utopistiche, religiose, piccolo borghesi: si consoliderà rapidamente e permanentemente la psicologia comunista, lievito costante di entusiasmo rivoluzionario, di tenace perseveranza nella disciplina ferrea del lavoro e della resistenza contro ogni assalto aperto o subdolo del passato;
il Partito comunista non può avere competitori nel mondo intimo del lavoro. Nel periodo attuale della lotta di classe, fioriscono i partiti pseudo rivoluzionari: i socialisti cristiani (che hanno facile presa fra le masse contadine), i “veri” socialisti (ex combattenti, piccoli borghesi, tutti gli irrequieti spiriti avidi di novità purchessia), i libertari individualisti (conventicole rumorose di vanità insoddisfatte e di tendenze capricciose e caotiche). Questi partiti hanno invaso la piazza ed assordano i mercati elettorali con la loro fraseologia vuota e inconcludente, con le promesse mirabolanti e irresponsabili, con rumorosi solleticamenti delle più basse passioni popolari e degli egoismi più angusti. Questi partiti non avranno presa alcuna sugli individui lavoratori, se questi dovranno esprimere la loro volontà sociale non più tra il tumulto e la confusione della fiera parlamentare, ma nella comunità di lavoro, dinanzi alla macchina di cui oggi sono schiavi e che dovrà diventare loro schiava;
la rivoluzione non è un atto taumaturgico, è un processo dialettico di sviluppo storico. Ogni Consiglio di operai industriali o agricoli che nasce intorno all’unità di lavoro è un punto di partenza di questo sviluppo, è una realizzazione comunista. Promuovere il sorgere e il moltiplicarsi di Consigli operai e contadini, determinare il collegamento e la sistemazione organica fino all’unità nazionale da raggiungersi in un congresso generale, sviluppare una intensa propaganda per conquistarne la maggioranza, è il compito attuale dei comunisti. L’urgere di questa nuova fioritura di poteri che sale irresistibilmente dalle grandi masse lavoratrici, determinerà l’urto violento delle due classi e l’affermazione della dittatura proletaria. Se non si gettano le basi del processo rivoluzionario nell’intimità della vita produttiva, la rivoluzione rimarrà uno sterile appello alla volontà, un mito nebuloso, una Morgana fallace: e il caos, il disordine, la disoccupazione, la fame inghiottiranno e stritoleranno le migliori e più vigorose energie proletarie.
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