....ma quanto (ri)successo a Casalbordino ci presenta uno scenario di guerra a 360° contro gli operai; contro la popolazione; contro i popoli del mondo nella contesta interimperialista
La deflagrazione alla «Sabino Esplodenti», azienda che smaltisce e recupera polvere da sparo. Il precedente nel dicembre di tre anni fa: proprio domani era attesa l’udienza preliminare
Una forte deflagrazione, il crollo, le urla. Sono tre i morti, secondo quanto riferito dai soccorritori, nello scoppio avvenuto alla «Sabino Esplodenti» di Casalbordino, in Abruzzo. Il fatto è avvenuto alle 12.30 di mercoledì 13 settembre. La fabbrica smaltisce e recupera polvere da sparo da bonifiche. I tre operai deceduti lavoravano insieme. Si tratta di un uomo di Lanciano (Chieti), uno di Casalbordino (Chieti) ed un terzo di Palata, in provincia di Campobasso. Ci sono anche dei feriti.
una fabbrica in cui erano già stati uccisi degli operai, in particolare il 21 dicembre 2020 (in piena seconda ondata pandemica, che dimostra che anziché destinare fondi e rafforzare la sanità, la produzione e il profitto sono prioritari per questo sistema)
Nella stessa azienda il 21 dicembre 2020 in un altro incidente persero la vita 3 operai : Carlo Spinelli di 54 anni, Paolo Pepe, 45 e Nicola Colameo, 46. Allora una cassetta di razzi di segnalazione per il soccorso in mare sarebbe esplose per autocombustione investendo gli operai. Purtroppo non è solo l’unico precedente. Nella stessa fabbrica nel 1992 era morto il 48enne Bruno Molisani, ucciso dall’innesco di una spoletta; nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente in un’esplosione.
Nell’inchiesta scaturita dall’incidente del 2020 era emerso che negli anni dal 2012 al 2017 si era sfiorata la tragedia altre cinque volte, in episodi classificati
dalla stessa azienda come «quasi incidenti». Dieci gli indagati accusati tra l’altro di omicidio colposo plurimo aggravato, in quanto «commesso con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro», e disastro colposo. L’udienza preliminare era fissata per domani 14 settembre.subito dopo l'azienda fu chiusa per 8 mesi, ma quanto emerge non furono apportate le dovute modifiche e tutele, sia per gli operai che per la popolazione che abita nel territorio
Questa azienda non è nuova a episodi come questo. Nella stessa fabbrica, nel 1992, era morto un operaio 48enne, ucciso dall’innesco di una spoletta. Nel 2009 due persone rimasero ferite gravemente in un’esplosione. Il 21 dicembre 2020, un’altra esplosione provocò tre vittime. Proprio in quell’occasione era stata aperta un’inchiesta ed era stato disposto il sequestro dell’azienda. In seguito, però, l’azienda è riuscita a ottenere il dissequestro con una procedura semplificata, agevolata dalla regione Abruzzo, la quale decise di non assoggettare l’impianto alla procedura di VIA, nonostante le osservazioni di associazioni e della Provincia di Chieti, che sollevavano pesanti perplessità sulla sicurezza dello stabilimento. Proprio domani, giovedì 14 settembre 2023, è prevista la prima udienza del processo che riguarda le tre morti sul lavoro del dicembre di tre anni fa.
Radio Onda d’Urto
come viene chiesto da Stazione Ornitoligica abruzzese
Le domande della Stazione ornitologica abruzzese
“Sabino Esplodenti: perché l’impianto ha riaperto?” Lo chiede in una nota la Stazione ornitologica abruzzese (Soa) che nel 2020, dopo l’esplosione con tre morti, presentò tre esposti alla Procura di Vasto (Chieti). “Davanti a questa ennesima tragedia, dopo quella del dicembre 2020, dopo i tanti esposti e osservazioni da noi depositati e al di là di tutte le indagini che disporrà la magistratura e delle relative eventuali responsabilità che dovessero emergere, ci viene spontaneo intanto riproporre quelle domande che in questi anni avevamo - inutilmente - posto agli enti che dovrebbero valutare e controllare il corretto funzionamento degli impianti a rischio di incidente rilevante”. “In primis, al Comitato Valutazione di Impatto Ambientale regionale - si rimarca - che con una decisione a nostro avviso sconcertante ritenne nel 2021 - per un impianto dove c’erano appena stati tre morti e con un indagine in corso - di escluderlo dalla più approfondita procedura di Valutazione di Impatto Ambientale fermandosi al mero screening preliminare. Tutto ciò nonostante precise e puntuali nostre osservazioni e una nota della stessa Provincia di Chieti in cui testualmente si affermava che “non emerge un’indagine di qualità ambientale che evidenzi la compatibilità dell’attività con lo stato del suolo, sottosuolo e acque sotterranee”. “Alla Prefettura di Chieti e al Comune di Casalbordino - si fa presente - vorremmo chiedere qualche notizia sul Piano di Emergenza Esterno, documento centrale nella gestione dei rischi in caso di incidente. E’ talmente importante che deve essere predisposto dalla Prefettura di Chieti con la partecipazione obbligatoria dei cittadini e aggiornato ogni tre anni per legge. Esiste? Al Ctr che diede l’ok al riavvio dell’impianto dopo l’incidente del 2020, vorremmo chiedere come ha verificato l’attuazione di tutti questi obblighi certo non secondari”.
ma ecco emergere che la Sabino Esplodenti lavora con esercito e Nato e chi da le autorizzazioni
Radio Popolare
Ancora una strage sul lavoro, in un’azienda che tratta esplosivi e per di più recidiva: 3 anni fa ci furono 3 morti, come 3 sono stati i morti di oggi. Non si tratta di un’azienda qualsiasi: la Esplodenti Sabino si occupa di disarmare munizioni ed esplosivi anche per conto di Nato ed Esercito italiano. Si trova in provincia di Chieti, a Casalbordino, dove impiega un centinaio di persone.
L’esplosione è accaduta intorno mezzogiorno ed ha scosso tutta l’area. I 3 morti si chiamano Giulio Romano, Gianluca De Santis e Fernando Di Nella. L’azienda ha parlato di “incidente inspiegabile”. Cause e dinamica ancora da chiarire: nessuno al momento fa alcuna ipotesi.
Proprio domani inizia l’udienza preliminare per l’incidente del dicembre 2020. Davanti al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Vasto compariranno in 10: i titolari, tutti appartenenti alla famiglia Salvatore, il capo reparto, il responsabile del servizio prevenzione, ed anche il rappresentate dei lavoratori per la sicurezza della Cgil. Sono accusati di cooperazione colposa in omicidio colposo, negligenza, violazione di norme anti infortunistiche. L’azienda è stata al centro anche di esposti ed inchieste, ed interpellanze parlamentari che riguardano la gestione ambientale. Venne dissequestrata dopo un contestato via libera arrivato dalla Regione Abruzzo, nonostante ancora oggi manchino diversi documenti.
La Esplodenti Sabino è un’azienda familiare con solidi legami politici nazionali e internazionali: tra gli altri lavora con l’Esercito e la Nato, con cui tiene seminari e workshop. Un’azienda che fa lavorazioni pericolose, ma che dà lavoro anche ad un intero territorio. Lavoro o ambiente, lavoro o sicurezza, l’eterno conflitto. Dopo il primo incidente, l’azienda fu sequestrata e rimase chiusa anche dopo l’accertamento di reati ambientali, grazie gli esposti presentati dall’allora segretario regionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, e dall’ambientalista Augusto De Sanctis.
I lavoratori, insieme ai dirigenti, manifestarono contro la Procura per chiedere la riapertura. Una situazione imbarazzante su cui intervenne anche il sindacato regionale, imponendo di non portare bandiere Cgil sotto una procura che indagava per le violazioni della sicurezza sul lavoro. Le manifestazioni si replicarono, con i vessilli aziendali. L’8 luglio, dopo 200 giorni avvenne il discusso dissequestro, contestato perché arrivò in seguito al via libera della apposita commissione della Regione Abruzzo che però non rilasciò la valutazione di impatto ambientale, limitandosi ad uno screening preliminare, nonostante l’azienda operi su materiali delicati, dopo un incidente con tre morti, e le diverse e documentate modifiche agli impianti. Parliamo di un’azienda sottoposta alla direttiva Seveso sugli impianti a rischio. Da quanto risulta, ad oggi non sono completati gli adempimenti obbligatori della direttiva: sul sito della prefettura di Chieti e del comune di Casalbordino non risultano pubblicati i piani di evacuazione esterni. Nonostante tutto questo due anni fa era ripresa l’attività. Secondo il sindacato locale dei chimici Cgil, l’azienda avrebbe sistemato parecchie cose. Ma oggi l’incidente fotocopia, proprio il giorno prima dell’udienza per la strage del 2020. Altri incidenti, con un morto e due feriti, risalgono al 1992 ed al 2009.
La Sabino non è nuova neppure ad indagini e interrogazioni parlamentari. Nel 1999 due dirigenti patteggiarono per la detenzione illegale di 10 tonnellate di esplosivo T4, finito in mano a cosche mafiose dopo esser stato ceduto a terzi. Un’interrogazione a fine anni 90 del deputato comunista Totò Saia riguardava il presunto ruolo della Sabino su un possibile traffico di esplosivi destinati a Medio Oriente ed Ex Jugoslavia. In parlamento si riparla della Sabino nel 2021, quando i 5 Stelle chiedono conto proprio del mancato rispetto delle direttive ambientali.
Massimo Alberti
Tra le lavorazioni della «Esplodenti Sabino» ci sono anche la distruzione e dello smaltimento di munizioni ed esplosivi e di demilitarizzazione di bombe di aereo, sistemi d’arma, razzi e mine navali. Lavorazioni che, come ha sottolineato la società nelle ore successive all’esplosione e hanno riportato in grande evidenza vari organi di stampa, relative soprattutto alla gestione della sicurezza. L’ultima certificazione ricevuta interessa il sistema di gestione per la qualità riconosciuto conforme ai requisiti stabiliti nella pubblicazione Nato Aqap 110, rilasciato dal ministero della Difesa – direzione generale degli armamenti terrestri. La Aqap 100 è la certificazione di conformità ai requisiti sulla qualità rilasciato per lo sviluppo, la costruzione e la produzione, sistema di gestione per i subfornitori dell’industria bellica rilasciato dalla NSA, la Nato Standardization Agency.
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