Dopo la prima ondata di aggressioni razziste in seguito alle dichiarazioni presidenziali dello scorso febbraio (vedi nostro precedente articolo), da quasi una settimana la Tunisia ed in particolare la città di Sfax sta assistendo ad una seconda e più cruenta ondata razzista che ha come oggetto "gli africani", come vengono comunemente chiamati in Tunisia i cittadini dei paesi subsahriani.
Tutto è incominciato con l'aggressione da parte di civili tunisini armati di bastoni e pietre a migranti nelle loro case, purtroppo questo non è un fenomeno nuovo, ma stavolta vi è stato un tentativo di autodifesa da parte dei migranti in cui c'è scappato il morto. Mentre a febbraio nessuno si era preoccupato dei morti da parte "africana", stavolta il morto è di nazionalità tunisina, le aggressioni indiscriminate e le ronde si sono quindi intensificate. Alcune famiglie impaurite rivolgendosi alla polizia in cerca di protezione, sono state deportate con l'inganno verso il confine con la promessa di trasferirle in un posto sicuro e invece sono state derubate di soldi e telefoni ed infine abbandonate in pieno deserto, comprese donne in cinta (di cui almeno una è deceduta) e bambini (come mostra questo video).
Altri migranti in fuga da Sfax verso Tunisi sono stati aggrediti nelle stazioni ferroviarie, impediti di scendere ad alcune fermate da parte della polizia che ha militarizzato le stazioni lungo il percorso.
Come si diceva l'epicentro della crisi è la città di Sfax, la seconda del paese e relativamente industrializzata e sviluppata, anche se negli ultimi 30 anni, a seguito degli accordi di libero scambio con
UE e WTO, sta attraversando un processo di deindustrializzazione con la conseguenza di una contrazione dell'economia e un aumento relativo della disoccupazione e della povertà.Nonostante ciò rispetto ad altre regioni del paese, Sfax rimane comunque tra le città più sviluppate.
Vi risiedono quindi molti migranti sia perché vi è una più alta domanda di forza lavoro in tutti i settori (agricoltura, industria, lavori domestici) sia perché geograficamente la regione rappresenta un trampolino verso l'Europa ed in particolare verso Lampedusa, basti guardare la cartina.
Sembra difficile credere che tali ragioni di natura economica e geografica, che risulterebbero ovvie anche ad un bambino, non siano comprensibili dal presidente della repubblica tunisina Kais Saied che ancora una volta preferisce la narrazione complottista, come dichiarato nella riunione dell'unità di crisi ad hoc convocata presso il ministero dell'interno mercoledì scorso in cui si è retoricamente chiesto:
"come mai questi migranti che vengono in Tunisia dopo aver percorso migliaia di chilometri, si dirigono verso una città o quartiere in particolare. Conoscono già queste città e quartieri mentre si trovano ancora nei loro rispettivi paesi? Sono dei migranti o sono diretti e manipolati da gruppi criminali che sfruttano la loro miseria e minacciano la pace sociale in Tunisia?".
O si dovrebbe forse pensare che nei paesi di provenienza i migranti non siano civilizzati a tal punto da non saper usare gli smartphones e a non accedere ad informazioni alla portata di tutti?
Nonostante da mesi Saied come un disco rotto ripete in occasione di meeting internazionali che "l'approccio alla migrazione deve essere multidimensionale e non solo securitario" in occasione della crisi attuale la ricetta da lui proposta è: maggior controllo delle frontiere del paese con una retorica sovranista" la Tunisia non può farsi carico di controllare le frontiere degli altri ma solo delle proprie, chiunque vuole entrare in Tunisia deve farlo legalmente", ulteriore giro di vite verso affittuari e padroni che impiegano manodopera straniera (già a febbraio molti migranti si erano ritrovati in mezzo alla strada e senza un lavoro in seguito al famoso discorso presidenziale).
Mentre a febbraio l'ondata di violenza e pogrom erano stato un'effetto del discorso presidenziale, adesso è successo l'inverso: le dichiarazioni presidenziali arrivano dopo e di fatto gettano benzina sul fuoco, dando una copertura politica agli aggressori.
Il video che è circolato anche sui media italiani in cui un gruppo di migranti in piena campagna nei pressi del confine meridionale è attaccata da pattuglie della guardia nazionale "rinforzate" da giovani tunisini armati di mazze e pietre è la sintesi di ciò.
In meno di una settimana centinaia di migranti sono stati deportati da Sfax, dalle autorità o verso il confine sud orientale con la Libia e abbandonati in pieno deserto, o verso il confine occidentale con l'Algeria nella regione tunisina di Kasserine.
Una vera e propria campagna razzista sui social media ed in particolare facebook si sta sviluppando con il fioccare di decine di pagine dai nomi inquetanti quali ad esempio "liberiamo Sfax" che portano avanti la linea complottista di tale grande piano ordito da potenze occulte per la sostituzione etnica della Tunisia già evocato a febbraio dal presidente.
Intanto gli "esperti", universitari, sociologi ecc. sui giornali avanzano "soluzioni" per arginare il problema quali un maggiore controllo delle frontiere, la reintroduzione del visto d'ingresso per i cittadini dei paesi di provenienza di tali migranti, ammettendo quindi implicitamente che molti di questi stranieri in territorio tunisino sono entrati legalmente! Viene rilanciata in maniera belante, da quali veri e propri servi del potere che sono questi "intellettuali", la proposta presidenziale, fatta propria anche dalla Meloni, di una grande conferenza internazionale che coinvolga tutti i paesi interessati.
A completare tale blocco socio-istituzionale anti migranti vi è il nuovo parlamento di recente formazione (eletto dal 3% degli aventi diritto) in cui molti deputati hanno sollevato il problema della sicurezza nazionale che sarebbe creato dall'elevato numero di immigrati presenti sul territorio molti dei quali, a detta dei deputati, ammalati di tubercolosi, i deputati sono quindi preoccupati che la malattia "si possa propagare tra i tunisini" (la preoccupazione non è che si propaghi tout court, ammesso e non concesso che tale pericolo sia reale) e hanno delegato il presidente del parlamento di presentare tale "denuncia" al presidente della repubblica. Un altro deputato invece, Moez Barkallah (l'eletto della circoscrizione di Sfax) si vanta che in una settimana sono stati espulsi 1.200 migranti (con un ritmo di 200 al giorno), tale personaggio infame si augura che a breve si potrebbe arrivare ad espellerne tra i 3.000 e i 4.000.
E' bene ricordare che i migranti subsahriani in Tunisia ammontano a circa 25.000 persone in un paese di 12 milioni di abitanti, bastino tali numeri per comprendere come l'attuale crisi piuttosto che avere basi reali, sia invece indotta dall'approccio istituzionale razzista che è a sua volta influenzato e complice delle politiche migratorie dei paesi imperialisti europei, Italia in testa.
La Tunisia sembra replicare inoltre con forme proprie, il modus operandi libico, ma in assenza di gruppi armati, incoraggia frange di masse razziste ad "armarsi" e a dar via alla caccia al migrante nonché ad una vera e propria guerra tra poveri.
Risulta paradossale come tali giovani tunisini che partecipano alla caccia al migrante siano probabilmente gli stessi che nelle prossime ore tenteranno la via del mare ricevendo probabilmente la stessa accoglienza in Europa che loro invece riservano agli stranieri in Tunisia
Mentre Saied tuona retoricamente verso Italia ed Ue che in Tunisia mai ci saranno campi per migranti diretti in Europa, intanto il centro per migranti di Medenine, capoluogo della regione frontaliera omonima a soli 100 km dalla Libia, è stato trasformato dalle autorità in un vero e proprio hub in cui arrivano i bus carichi di migranti da Sfax e da cui partono le espulsioni verso il deserto al confine, come denunciato dalla Lega Tunisina per la Difesa dei Diritti Umani. Il portavoce della FTDES, Romdhane Ben Amor, ha intanto denunciato: “i migranti vengono percepiti come una minaccia a causa dell’assenza dello Stato e dello straripare sui media dei discorsi di istigazione”. Il potente sindacato unico UGTT fino ad oggi è rimasto in "silenzio stampa".
L'assenza di un partito rivoluzionario non permette attualmente di intervenire apertamente sul campo per contrastare autorità e i settori razzisti dela popolazione e per reindirizzare la rabbia popolare verso il vero nemico che causa la miseria nel paese: l'imperialismo (in particolare quello italiano e francese) ed i suoi agenti locali rappresentati dal regime politico al potere nel paese.
Nonostante ciò alcuni settori progressisti e organizzazioni rivoluzionarie stanno incominciando a dare una risposto alla cappa d'odio che si respira nel paese tramite petizioni ed articoli, ciò potrebbe essere l'anticamera della nscita di un mvimento reale di sostegno ai migranti in Tunisia.
- corrispondenza per proletari comunisti
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