NOTA su "Manifesto internazionale per lo sciopero essenziale dell’8 marzo” del Network E.A.S.T. (Essential Autonomous Struggles Transnational), nato la scorsa primavera "per connettere le lotte di donne, migranti, persone Lgbt*qia+, lavoratrici e lavoratori dell'Europa Centro-Orientale e non solo".
Ne parliamo anche perchè sta diventando il "Manifesto" anche in Italia per l'8 marzo di realtà di Nudm.
E' un Manifesto/appello di cui alcuni passaggi/rivendicazioni sono anche da sostenere - pur se non c’è la denuncia chiara contro l’imperialismo, bensì una richiesta che il loro lavoro venga riconosciuto essenziale in questa società – e questo la borghesia imperialista non lo nega affatto, ma chiaramente nella logica di sfruttamento, di subordinazione, senza diritti.
Di conseguenza a questa richiesta di riconoscimento del lavoro essenziale delle donne, il manifesto pone come parola d'ordine centrale per l'8 marzo: “sciopero essenziale”.
Noi invece riteniamo non giusta e non utile questa parola d'ordine.
Questo manifesto dalla denuncia della condizione delle donne di sfruttamento e oppressione, del loro ruolo, comunque e sempre, in ogni paese, prioritariamente volto alla famiglia, ai lavori domestici, all’assistenza, cura, anche nel lavoro esterno, a farsi carico dei servizi sociali, passa di fatto alla cristallizzazione della condizione/ruolo delle donne, che proprio questo sistema vuole, considerandolo esso stesso necessario, “essenziale” per la riproduzione, ma non produttivo di plusvalore, di profitto per il capitale.
Noi vogliamo che la condizione delle donne cambi radicalmente, che le donne siano dovunque, e possano liberarsi di tutti gli attuali compiti di cura, assistenza, domestici, che in una società socialista possono e devono essere socializzati, e che il lavoro delle donne sia in primis fuori dalle case, nella produzione.
La richiesta, rivolta evidentemente ai governi, agli Stati, diventa inoltre di “rivendicare la nostra voce nella fase di ricostruzione post-pandemica”
Una posizione tutta interna a migliorare questo sistema non a combatterlo. In una realtà in cui è evidente che per la borghesia imperialista, per i governi, la “ricostruzione” è fatta ancora di più sulla pelle dei proletari e delle masse popolari e sul peggioramento della condizione di doppio sfruttamento e oppressione delle donne e tripla per le donne migranti: più ruolo di cura e assistenza, più conciliazione tra lavoro esterno e famiglia, maggiore centralità della famiglia, ecc. insieme a qualche elemosina (più a parole che nei fatti) su occupazione delle donne, o a miseri bonus, o ad altri ingannevole provvedimenti, vedi estensione del congedo parentale, volti soprattutto ad incentivare le nascite – viste dal capitale come forza-lavoro da rinnovare.
Noi non vogliamo la “ricostruzione post-pandemica”, che per i governi, gli Stati, i padroni vuol dire continuare, meglio e come prima della pandemia. Noi non vogliamo ricostruire, vogliamo distruggere questo sistema.
Ogni “ricostruzione” in questo sistema – pensiamo a quelli post-terremoti – è fatta se dà profitti e nella logica di avere più profitti: con la ricostruzione i padroni guadagnano e stanno meglio, i lavoratori, le masse popolari, le donne stanno peggio.
Noi non vogliamo essere “essenziali” per questo sistema.
Sulle richieste.
Sulla “libertà dalla violenza patriarcale” si parla di sistema patriarcale. Questa formulazione è riduttiva, noi siamo in un sistema capitalista che usa il patriarcalismo; parlare invece di “sistema patriarcale” non attacca la vera causa dell’oppressione/violenza contro le donne e, di fatto, ne chiede solo un miglioramento, che si liberi dalle forme patriarcali.
Così sugli aggettivi o specifiche che vengono messi a fianco - es. lavoro essenziale “imposto attraverso la violenza e le molestie”; indicare gli attacchi al diritto d’aborto ma solo dei “governi ultraconservatori” - viene attenuata e deviata la denuncia: il lavoro di cura, assistenza, ecc. è imposto anche senza violenza, non ha bisogno per forza della violenza patriarcale, e pur senza violenza questo lavoro è di massima oppressione per le donne; l’attacco al diritto d’aborto non viene fatto solo da governi ultraconservatori, ma è in corso in tutti i paesi, anche dove ci sono governi cosiddetti “democratici” (vedi proprio in Italia, ma non solo).
Sui salari, si rivendica la redistribuzione della ricchezza, che è una illusione, che oltre a fondarsi su un analisi del sistema del capitale sbagliata, è negativa perché sparge la falsa posizione che senza rovesciare il modo di produzione capitalista sia possibile una “redistribuzione delle ricchezza” prodotta dallo sfruttamento degli operai e operaie, e che si tratti, quindi, solo di una diseguale ricchezza e non di un sistema fondato sul lavoro salariato, sui profitti, e che finché non viene rovesciato evidenzia in maniera sempre più stridente la contraddizione tra produzione sociale e appropriazione privata e l’esistenza sempre più di un pugno di ricchi a fronte di una maggioranza sempre più ampia di masse impoverite; e, quindi, inevitabilmente la ricchezza non può essere “redistribuita”. Questa realtà di divisione di classe non viene meno neanche quando, o per superprofitti realizzati dall’imperialismo dal supersfruttamento nei paesi dipendenti, o per fasi di lotte dei lavoratori, il capitale distribuisce briciole a strati privilegiati dei lavoratori (aristocrazia operaia), né se passa una mini patrimoniale sui redditi ricchi.
Su queste posizioni, che sono presenti nell’insieme del movimento femminista piccolo borghese sia nazionale che internazionale, in Italia in particolare espresse nell'area di Nudm e da alcune teoriche, è necessario un’analisi critica agente, in primis da parte delle compagne comuniste, del movimento femminista proletario rivoluzionario, delle lavoratrici d’avanguardia, per contrastare l’influenza del riformismo della piccola borghesia femminista nel movimento di lotta delle donne.
Ma è necessario armarsi della teoria marxista per fare una critica non superficiale.
Dopo l’8 marzo organizzeremo due incontri telematici di formazione rivoluzionaria, che riguardino i 2 nodi principali che emergono da questo tipo di posizioni: la necessità di una analisi della condizione delle donne basata su una concezione storica materialistica; la necessità di fare chiarezza su cosa è produzione e cosa riproduzione nel sistema capitalista, la loro differenza.
Quindi, due incontri on line su:
- "L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” di Engels;
- sul tema: produzione/riproduzione – prendendo a riferimento il documento contenuto nell’opuscolo “360°”.
Questi incontri saranno avviati da una relazione di compagne del Mfpr e poi si apriranno agli altri interventi, contributi, dibattito.
Proponiamo di organizzarli tra fine marzo e aprile.
MFPR
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