News dalla lotta di classe in Tunisia – febbraio 2021
Cessate le rivolte notturne incominciate il 14 gennaio, continua il movimento di protesta nelle città per la liberazione dei giovani arrestati e dei compagni del movimento e dei partiti antigovernativi rivoluzionari con sit-in davanti i tribunali. Alcuni compagni sono stati liberati ma sotto la pressione di certi “sindacati” di polizia vicini agli islamisti di Ennahdha, alle scarcerazioni seguono spesso altre denunce per partecipazione a manifestazioni precedenti come quelle dell’autunno che hanno bloccato la proposta di legge “a difesa delle forze dell’ordine”.
Intanto si aggrava la crisi istituzionale che ha polarizzato da un lato un blocco reazionario di partiti, formalmente contrapposti fino a qualche mese fa, gli islamisti di Ennahdha, gli ultra islamisti di Karama
ed i liberal/mafiosi di Qalb Tounes che hanno fatto quadrato intorno al primo ministro Mechichi ed al suo ultimo rimpasto di governo, dall’altro il Presidente della Repubblica Kais Saied, sostenuto in maniera trasversale da alcuni partiti sociademocratici e dai propri elettori che non appartengono ad alcun partito ma a qualche movimento civico. Il casus belli è proprio la nomina dei nuovi ministri che Saied ritiene essere implicati in casi di corruzione, decidendo di non convocarli per prestare giuramento dopo quasi un mese dall’approvazione della loro nomina in parlamento. L’ultimo atto di questa crisi istituzionale è stato il licenziamento di cinque ministri ritenuti vicini a Saied.In questo contesto di precarietà istituzionale in cui sono riemersi i rigurgiti polizieschi a forte componente islamista, il paese è attraversato dalle proteste:
Nella regione agricola di Ouled JabalaNel governatorato di Mahdia, da quasi una settimana le campagne si sono trasformati in campi di battaglia in cui gli agricoltori e gli allevatori si scontrano con la polizia che ha fatto uso massiccio di gas lacrimogeni e anche di proiettili di gomma. I lavoratori protestano contro l’aumento del prezzo di concimi e foraggi per gli animali nonché contro l’importazione di carne straniera a prezzi più competitivi dei prodotti tunisini che sta gettando sul lastrico gli allevatori locali. Simili proteste seppur meno intense si sono avute anche nella vicina regione di Sfax nonché nelle campagne del nord ovest a Beja. Intanto gli agricoltori sono sostenuti anche dal movimento antigovernativo nella capitale, oggi i militanti rivoluzionari hanno protestato davanti il ministero dell’Agricoltura e davanti a quello del Commercio in loro solidarietà.
Nella regione sempre calda di Kasserine invece sono ripresi gli scontri tra i lavoratori del campo petrolifero di Douleb (vedi post precedenti) di cui altri 10 sono ricercati per gli scontri di questi giorni.
Si è riaccesa nuovamente la protesta anche a Tataouine dove si era raggiunta una tregua tra i giovani del Coordinamento di lotta di el Kamour ed il governo che aveva promesso ancora una volta di rispettare gli accordi del 2017, ed un nuovo accordo era stato firmato. Puntualmente il governo ancora una volta non ha mantenuto fede ai patti e i manifestanti hanno provato nuovamente a chiudere i rubinetti del petrolio ma stavolta i campi petroliferi erano ben difesi dall’esercito. La protesta si è quindi diretta contro la caserma dell’esercito della città. I giovani continuano ancora a tenere sit-in e blocchi stradali minacciando un’escalation.
Intanto oggi è stato proclamato uno sciopero di tutta la giornata dei lavoratori di Tunisair e degli aeroporti di Enfidha e Monastir. Infatti i conti della compagnia di bandiera Tunisair sono stati congelati per debiti insoluti verso l’azienda che gestisce gli aerporti, la compagnia turca TAV a sua volta controllata dalla multinazionale francese DAP; di conseguenza Tunisair ha dichiarato di non poter pagare i salari dei lavoratori. Lo stesso segretario generale del sindacato UGTT parteciperà ad un sit-in di oggi avendo già dichiarato che Olfa Hamdi, la nuova amministratrice delegata di Tunisair, non è la persona giusta al posto giusto e che la sua nomina ha il solo scopo di liquidare la compagnia di bandiera.
I giovani infermieri e medici hanno indetto uno sciopero di 48 ore per l’uno ed il due marzo chiedendo più assunzioni e una riforma che rafforzi la sanità pubblica, che vengano messe nero su bianco le forme di compensazione per la famiglia del giovane dottore Baddredine Alaoui, deceduto per la mancata manutenzione dell’ascensore dell’ospedale di Jendouba e che tutto il personale sanitario, universitari compresi siano vaccinati al più presto contro il Covid-19.
Infine anche gli insegnanti precari hanno manifestato davanti il governatorato di Beja chiedendo la stabilizzazione ed i salari arretrati non pagati da settembre 2020.
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