Abbiamo avuto l’occasione di
ascoltare un racconto particolare da una giovane studentessa
universitaria tunisina. Jihen proviene da Madenine, una città rurale
dell’estremo sud tunisino e capoluogo dell’omonimo governatorato;
attingendo dalle memorie di vari membri familiari ci racconta la storia
di suo nonno: Mohamed Ben Ali Bin Abdel Latif, un guerrigliero della
Resistenza tunisina, il movimento noto come quello dei fellega.
Il racconto di Jihen per noi é solo
l’inizio di una più ampia e necessaria ricerca per riscoprire una storia
in parte dimenticata e in parte stravolta dalla storiogrqfia ufficiale
in cui il protagonista é stato il popolo tunisino in lotta per la
propria libertà.
Mohamed Ben Ali Bin Abdel Latif nacque intorno al 1903 e visse a Oued Essedr, governatorato di Medenine nel sud della Tunisia.
Intorno all’età di 20 anni si unisce
insieme ai suoi figli alla Resistenza anti-coloniale fellega contro
l’occupazione francese in quella regione.
La vulgata ufficiale parla
dell’esistenza del movimento di Resistenza guerrigliero Fellega in
Tunisia nel biennio 1952-1954, in realtà si sono verificati episodi di
resistenza armata nelle aree più sottosviluppate del paese e in
particolare nelle regioni di Kasserine, Gafsa, Kef, Douz e Gabes sin
dalla firma del Trattato del Bardo che sancisce l’occupazione francese
nel paese nel 1881.
A più riprese ci saranno rivolte armate
in queste regioni durante il primo decennio del secolo scorso, durante
la prima guerra mondiale, e negli anni ’40 contro le truppe alleate
anglo-francesi che liberarono il paese dall’occupazione nazi-fascista ma
che a loro volta vessarono le popolazioni locali in quelle aree e
cercarono di arruolare forzatamente gli abitanti nelle truppe alleate.
In questo quadro storico combatté
Mohamed, uno dei tanti patrioti tunisini “dimenticati”; essere venuti a
conoscenza della sua storia é un primo piccolo passo importante per
conoscere meglio l’esperienza della Resistenza tunisina, molto utile e
al servizio del futuro di questo paese più di quanto si possa pensare,
soprattutto in tempi di “rivoluzione” tradita in cui si ergono statue
che guardano al passato per affermare lo status quo contrapponendosi al
cambiamento sociale che cova sotto la cenere.
Come tutte le forze di resistenza che
devono fronteggiare un nemico meglio organizzato ed equipaggiato,
Mohamed organizza con ingegno il proprio gruppo.
Ad esempio per ricevere e nascondere le
munizioni delle armi utilizzava i cammelli ai quali veniva somministrato
il cibo con dentro le munizioni che venivano quindi trasportate al
sicuro nelle loro pance.
Il gruppo era composto in media da 50
guerriglieri, l’età media dei combattenti era compresa tra i 20 e i 30
anni, le armi provenivano principalmente dai gruppi di resistenza libici
precedentemente legati all’ormai defunto Omar Mokhtar, il capo della
Resistenza anti-italiana e anti-fascista in Libia.
In base al numero dei guerriglieri
disponibili si sceglieva l’obiettivo, tra cui vi erano principalmente
caserme (vicino Ben Guardane o la caserma di Medenine) e posti di
blocco.
Dopo le prime azioni di guerriglia nella
zona, che avvenivano principalmente la notte, i francesi iniziano ad
indagare sull’identità di Mohamed.
La ricerca non é facile, durante il
giorno Mohamed si finge invalido, i francesi sono invece alla ricerca di
un baldanzoso capo guerrigliero…
Infine i francesi riescono a
individuarlo tramite un infiltrato che ha il compito di eliminarlo
avvelenandone il cibo. Ma Mohamed era solito fare mangiare prima il
proprio cibo ai suoi cani, per precauzione. Il tentativo di assassinio
quindi fallisce.
La potenza occupante organizza allora
dei rastrellamenti a cui sfugge spesso sconfinando in Libia unendosi ai
gruppi armati libici e partecipando con i suoi uomini ad azioni contro i
militari nazi-fascisti che stazionavano nei pressi del confine
tunisino-libico.
Tra la Resistenza anti-coloniale libica e quella tunisina vi era quindi una stretta collaborazione.
Una volta che le truppe francesi
scoprirono la sua identità, diedero fuoco alla sua casa ma lui riusci a
fuggire. I francesi trovano solo la moglie e il figlio che dopo qualche
intimidazione vengono comunque lasciati in pace.
Mohamed combatte la sua ultima battaglia
a Mareth il 27 Ottobre 1956, in campo aperto infiggendo gravi perdite
al nemico ma in cui perdono la vita molti patrioti tra cui il fratello.
La battaglia é stata combattuta pochi
mesi dopo l’indipendenza formale, e altre simili vi sono state negli
anni successivi fino al 1961 in seguito al rifiuto del governo francese
di abbandonare alcune basi militari strategiche.
Tornando alla battaglia di Mareth, in
quest’ultima presero parte diversi gruppi fellega, non solo quello
locale di Mohamed e corpi di fanteria del neonato esercito tunisino
formato principalmente da membri tunisini dell’esercito francese a cui
Bourguiba aveva ordinato da di disertare al fine di formare il nuovo
esercito nazionale.
Mohamed muore 5 anni dopo l’indipendenza
dopo essersi ritirato a vita privata non partecipando attivamente alla
politica del nuovo partito al potere il Neo-Destour.
Dal racconto emergono alcuni dati interessanti, due in particolare:
– Il ruolo attivo delle donne nella Resistenza anti-coloniale tunisina.
Le donne in alcune occasioni hanno
combattuto armi in pugno per difendere i propri quartieri e villaggi in
occasione dei rastrellamenti quando erano assenti gli uomini. In
combattimento si travestivano da uomini per non subire ritorsioni
durante i successivi rastrellamenti e le rappresaglie facendo credere
alla potenza coloniale che solo gli uomini erano attivi nella
guerriglia.
Anche la moglie di Mohamed, Dhawya, partecipo’ attivamente alla Resistenza.
Questo elemento é molto importante e
necessita di essere approfondito soprattutto alla luce dei recenti
rigurgiti reazionari e conservatori, di cui si fanno interpreti
militanti di gruppi salafiti e membri della polizia, che vorrebbero
relegare la donna tunisina in casa o incatenarla a dubbi “principi
morali” di natura patriarcale.
– Il disarmo dei fellega ottenuta l’indipendenza (formale) dalla Francia.
Dopo l’indipendenza il nuovo esercito
tunisino repubblicano fondato da Bourguiba requisisce le armi ai fellega
la cui maggioranza non diventerà parte integrante del nuovo esercito.
Cio’ è legato alla visione politica
strategica di Bourguiba di collocare la Tunisia nel campo occidentale
subordinando gli interessi popolari e nazionali a quello delle potenze
imperialiste in particolare Francia (una volta risolte le scaramucce
inerenti alla “sovranità territoriale” conclusasi nel 1963 con
l’evacuazione dei francesi da Bizerte) e USA.
Esclusi questi episodi, l’indipendenza
tunisina é avvenuta per via “pacifica” grazie anche alle vicende
internazionali che investivano la Francia e in particolare l’accanita
resistenza delle colonie nella vicina Algeria e nella lontana Indocina
francese (attuale Vietnam, Laos e Cambogia).
La Francia preferi concentrarsi su due
colonie più importanti ancor più avendo delle “rassicurazioni” da parte
di Bourguiba circa la futura collocazione internazionale della Tunisia.
Il popolo tunisino in ultima analisi é stato aiutato molto dal popolo algerino e dai popoli dell’allora Indocina francese.
Al contrario il nuovo stato tunisino
“indipendente” non ricambierà il favore al popolo algerino, arrivando
anche ad osteggiare l’FLN algerino mobilitando il proprio esercito al
confine algerino per non inimicarsi l’ex madrepatria francese.
Con i dovuti distinguo storici e
contestuali, impossibile non pensare al parallelismo con la Resistenza
Antifascista italiana, disarmata dal nuovo governo italiano post-bellico
e dallo stesso PCI che da li a poco cambierà natura.
Ma qui vale sempre, in ogni tempo e in
ogni luogo, la famosa massima di Mao-Tse-Tung: “senza esercito popolare
il popolo non avrebbe niente”.
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