giovedì 4 luglio 2024

pc 4 luglio - Processo Ilva - La valutazione dell'avvocato Gianluca Vitale - Perchè giuridicamente il processo non può essere trasferito

 

Dall'assemblea Slai cobas sc di Taranto con la parti civili

"Si è chiusa la prima fase di discussione dell’appello del processo “Ambiente svenduto”, ora aspettiamo la decisione della Corte d’appello. Sulle questioni preliminari, quella principale era la richiesta di trasferimento del processo da Taranto a Potenza che significherebbe ricominciare da zero. Perché se andiamo a Potenza la sentenza della Corte di Assise di Taranto scompare, si ricomincia da capo. Perché questa è la richiesta: non avrebbe potuto farsi il processo a Taranto, quindi per tutto quello che è successo finora abbiamo scherzato, ricominciamo. Che significa, ovviamente, altri 20 anni di processo. Nel frattempo tanti reati si prescrivono. Ovviamente tutti i difensori degli imputati hanno puntato molto su questa richiesta di trasferimento.

La Procura ha parlato nell’udienza del 21 giugno ha respinto abbastanza bene questa richiesta.

Oggi (udienza del 28 giugno) abbiamo puntualizzato, aggiunto una serie di argomenti, di considerazioni. Adesso la palla passa interamente alla Corte d’appello. Oggi la nostra sensazione non era negativa, altre volte sì. Hanno rinviato la sentenza al 13 di settembre, quindi il 13 sapremo.

Se si va a Potenza, continuiamo a lottare a Potenza, però “moriremo tutti prima di vedere l'alba”.

I difensori degli imputati hanno inoltre prodotto, elaborato una nuova consulenza sul danno diffuso dell'Ilva, che metterebbe in discussione i risultati delle perizie che erano state fatte 12 anni fa. Noi ovviamente ci siamo opposti, abbiamo detto che questo non si può fare, ma proprio proceduralmente, perché il processo ha dei tempi, e non è che all'infinito puoi ridiscutere le stesse cose. Questo pezzo di processo è chiuso, non può essere rifatto. Se dovesse entrare questa nuova consulenza le conseguenze sarebbero due. Primo, si dilaterebbero significativamente i tempi, perché a quel punto noi stessi dovremmo dire no, adesso voglio vedere questa consulenza, voglio poter porre delle domande, voglio richiamare i periti che avevano fatto la perizia 12 anni fa per capire che cosa ne pensano loro, come

rispondere dal punto di vista scientifico. Questo significa un bel po di tempo. Ma soprattutto significa che uno dei punti fermi che c'era scientificamente, la questione che l'inquinamento deriva dall'Ilva, viene messo in discussione.

Questo è un'altra delle questioni sulle quali avremo una risposta il 13 settembre.

Una sensazione che continuo ad avere è che c'è qualcosa di strano. Vi sono quasi un centinaio di avvocati per le 1500 parti civili, e oggi siamo intervenuti in 5. Peraltro uno di questi, l’avvocato del Codacons, ha detto cose che giuridicamente non erano significative, fondate. È stato un intervento abbastanza mediatico, in cui sostanzialmente ha chiesto il sequestro dell'Ilva.

Due argomenti gli sono stati contrapposti, tutti e due giuridicamente fondati. Primo, ma tu chiedi il sequestro dell'Ilva sulla base di fatti di adesso? Questo processo è per fatti fino al 2013. Per quello che sta succedendo adesso me lo devi denunciare. Secondo, l’Ilva – ha detto il procuratore generale - è sotto sequestro con facoltà di utilizzo, ma è ancora sotto sequestro Quindi fare il sequestro del sequestro è un pochino strano dal punto di vista giuridico. Però in realtà qualcosa di utile c'è stata nella discussione del collega perché ha dato modo alla Procura generale, ma anche a noi, di associarci, di dire: va bene, questi argomenti qui non c’entrano niente, però visto che c'è la procura che sia la procura a prendere l'iniziativa oggi per dire facciamo un altro processo, facciamo un'altra indagine, perché oggi chi oggi gestisce l'Ilva sta facendo la stessa cosa che faceva Riva. Poi ha chiesto di rivedere l'ordinanza che sospendeva l'esecutività della provvisionale, cosa che in questa fase del processo sempre giuridicamente non ha senso. Anche questa è solo una affermazione mediatica. Infatti è stata respinta.

Molti altri avvocati hanno depositato memorie. Però oggettivamente è abbastanza brutto vedere un processo di queste dimensioni, per questi fatti, in cui sostanzialmente il 95% delle parti civili se ne frega del processo di appello e gli avvocati dietro. È un problema di rapporti di forza rispetto alla Corte d'appello, cioè la Corte d'appello sa che ha un esercito di avvocati difensori degli imputati che

vogliono smontare pezzo su pezzo la sentenza della Corte d’Assise, che ci fanno la battaglia; ma manca il pezzo delle vittime. Le vittime di tutto questo processo stanno lontani dal processo e questo negli equilibri, in una Corte di appello non è bello da vedere, sicuramente ci rende tutti più deboli, perché loro sanno che da questa parte dell'aula non c'è molto impegno, non c'è molta battaglia.

Tornando alla questione del trasferimento del processo a Potenza. I difensori degli imputati utilizzano l’articolo del codice di procedura penale, articolo 11, che dice, nel caso in cui in un procedimento penale un magistrato sia persona offesa o danneggiato, parte civile o imputato, il processo non si fa nella sede dove lui lavora, ma si fa in un'altra. E utilizzano sostanzialmente due argomenti, primo che si erano costituiti come parte civile due giudici di pace; l'argomento più è tecnico. Ma i due che si erano costituiti parte civile non erano già più giudici di pace, e poi hanno revocato la costituzione di parte civile. La giurisprudenza dice che l’incompatibilità vale solamente se nel momento in cui c'è il reato, ma anche successivamente durante il processo, sono magistrati di quella sede o comunque fanno ancora parte della magistratura. I due invece non facevano più parte della magistratura da anni.

L'altro problema pone centrale Taranto e l'inquinamento che colpisce tutti gli abitanti; per cui, dicono, anche i magistrati che vivono a Taranto e che lavorano nel distretto di Corte d'appello di Taranto sono danneggiati, sono persone offese di questo reato perché il reato che colpisce tutti. Allora il processo non si può fare a Taranto.

L'argomento che ho utilizzato io, a parte quello strettamente giuridico, utilizzando alcune sentenze, è più politico, cioè di politica giudiziaria. L’articolo 11 nasce con il codice di procedura penale quando ancora non si pensava a questo tipo di disastri ambientali, a questo tipo di conseguenze di diffusività Il disastro cui si pensava negli anni 30, era per esempio una frana, un'alluvione, un terremoto, un palazzo che crolla, non è la fabbrica che inquina.

Quale sarebbe la conseguenza se applicassero a questo processo l’art. 11? Come dicono i difensori degli imputati, tutte le volte che c'è un magistrato nell'area dove arriva la diffusività del pericolo, allora si sposta il processo e questo varrebbe per tutti i processi ambientali. Quindi il processo Eternit non si può fare a Torino, il processo Seveso non si può fare a Milano, Porto Marghera non si può fare a Venezia, ecc. Perché comunque tra le vittime ipotetiche, perché respirano, ci sono anche i magistrati.

Ma questo fa a pugni con un principio fondamentale del nostro sistema costituzionale che è il principio del giudice naturale precostituito per legge. Cioè, prima ancora che sia commesso il reato, si decide già chi è il giudice, in modo che non ci sia la possibilità né per il giudice di scegliersi il processo che vuole fare, né per l'imputato di scegliersi il giudice da cui vuole essere giudice. E il meccanismo principale è che il luogo dove è stato commesso il reato, è quello dove si fa il processo.

L'articolo 11, nella presenza di un magistrato, pone un'eccezione che va interpretata in modo assolutamente rigida. È un'eccezione a un principio costituzionale, un'eccezione che non deve rischiare di violare altri principi, il principio di ragionevolezza, il principio di uguaglianza fra tutti i cittadini, eccetera.

Un altro argomento a nostro favore – e l'ho detto nel mio intervento: io ho fatto dei processi anche per terrorismo, processi in cui si costituiva la Presidenza del Consiglio dei ministri dicendo, il reato di terrorismo, non l'attentato, non la bomba sul treno, è il fatto stesso che tu faccia parte dell'organizzazione terroristica. Chi vuole sovvertire lo Stato mette in pericolo i diritti di tutti i cittadini, è una lesione di ogni cittadino italiano.

Da questo ragionamento deriverebbe la conseguenza estrema sarebbe che questi processi non si fanno proprio in Italia, non si possono fare né a Torino, né a Roma, né a Milano, né a Padova, né a Bologna, né a Taranto, ecc., perché dovunque ci sono magistrati, che sono pure cittadini italiani, che quindi sono vittime di quel reato. Questo ragionamento sostanzialmente significherebbe bloccare completamente la possibilità di processare i reati più gravi. È evidente che questa non può essere la previsione della legge.

E allora la legge deve essere interpretata nel senso che solo nel caso in cui il magistrato sia vittima concreta, persona offesa o danneggiata si può discutere se c'è un problema di articolo 11 o no. Non si può dire automaticamente: c'è l'inquinamento, ci sta un magistrato andiamocene da un'altra parte.

Io ho insistito sul rigetto di questa eccezione, proprio basandomi su questo ragionamento.

C'è un magistrato che si è costituito parte civile? No. La Corte d'Assise ha deciso sulle pretese risarcitorie di qualche giudice? No.

Considerando l'articolo 11 norma eccezionale, per cui più volte la Corte costituzionale ha detto: deve essere applicato in modo rigido, restrittivo, perché altrimenti significherebbe derogare ai principi ordinari, ed, essendo appunto un'eccezione, lo possiamo fare solo quando dobbiamo valutare in modo certo la presenza dei presupposti dell'articolo 11.

Quindi ho posto in questo senso la domanda alla Corte d’appello: ma si è pronunciata la Corte d'Assise in merito alla pretesa risarcitoria di qualche giudice? No, e allora? Può sembrare un modo di ragionare semplicistico, però è stato colto anche dalla Corte di Cassazione, perché ha detto che si applica l'articolo 11 solo quando formalmente c'è una parte che si è costituita in quel ruolo, cioè imputato, parte offesa o danneggiato. Quindi di che stiamo discutendo? Stiamo discutendo del fatto: siccome i magistrati anche respirano, allora potenzialmente sono persone offese, però non hanno avanzato alcuna richiesta risarcitoria, quindi non ci sono nel processo".

Nessun commento:

Posta un commento