venerdì 31 maggio 2024

pc 31 maggio - Parte 50 anni dopo il processo a 4 ex brigatisti - lo Stato borghese non dimentica mai - ma neanche i comunisti e il proletariato rivoluzionario dimenticano

'È caduta combattendo Margherita Cagol, "Mara", dirigente comunista e membro del Comitato esecutivo delle Brigate Rosse. La sua vita e la sua morte sono un esempio che nessun combattente per la libertà potrà più dimenticare. (...) Comandante politico-militare di colonna, "Mara" ha saputo guidare vittoriosamente alcune tra le più importanti operazioni dell’organizzazione. Valga per tutte la liberazione di un nostro compagno dal carcere di Casale Monferrato. (...) Che mille braccia si protendano per raccogliere il suo fucile! Noi come ultimo saluto le diciamo: "Mara" un fiore è sbocciato, e questo fiore di libertà le Brigate Rosse continueranno a coltivarlo fino alla vittoria! Lotta armata per il comunismo!»'

Sparatoria alla Cascina Spiotta, parte 50 anni dopo il processo a 4 ex brigatisti

In tribunale per il sequestro Gancia e l’omicidio dell’appuntato D’Alfonso. Vainer Burani, legale di Renato Curcio. «Agli atti niente di nuovo, sconcertante che si celebri un’udienza preliminare ora»

Vecchie foto in bianco e nero e verbali redatti con rumorose macchine da scrivere si intrecciano con nuove tecnologie capaci di esaltare impronte digitali che si credevano perdute e catturare dialoghi a distanza attraverso sofisticati software. È tutto racchiuso in decine di faldoni che raccontano la storia di una ferita mai rimarginata e che approderà in aula il prossimo 26 settembre, quando si celebrerà l’udienza preliminare dell’inchiesta sulla sparatoria del 5 giugno 1975 avvenuta alla Cascina Spiotta, nel comune di Arzello, nell’Alessandrino.

Una data importante, quella di cinquant’anni fa, che segnò il battesimo di fuoco delle Brigate Rosse: un conflitto tra i carabinieri e i brigatisti che avevano rapito l’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia. Nello scontro persero la vita Mara Cagol, ex moglie di Renato Curcio, e l’appuntato dell’Arma Giovanni

D’Alfonso. E ora per la morte di quest’ultimo ci sono a processo quattro persone, quattro uomini protagonisti degli «anni di piombo». 

Omicidio volontario con l’aggravante delle finalità terroristiche è il reato che la Procura di Torino contesta a Lauro Azzolini. Secondo i magistrati è lui il brigatista che, insieme con Cagol, teneva prigioniero l’imprenditore e riuscì a fuggire durante la sparatoria: la sua figura era già emersa nelle indagini dell’epoca, ma nel 1987 venne prosciolto. 

Non è il solo che dovrà comparire davanti al gup torinese. Rispondono dello stesso reato — per concorso morale — Renato Curcio (fondatore delle Br e capo della colonna milanese), Mario Moretti e Pierluigi Zuffada. L’indagine ridefinisce i ruoli anche di questi personaggi. Zuffada — secondo l’accusa — faceva parte del commando che eseguì il sequestro dell’imprenditore: il giorno del conflitto a fuoco non sarebbe stato alla cascina Spiotta perché stava consegnando la richiesta di riscatto. Curcio e Moretti, invece, vengono chiamati in causa per il loro ruolo apicale. 

In sostanza, all’epoca decisero — insieme con Mara Cagol — che le Br dovevano autofinanziarsi con i rapimenti, selezionarono il primo obiettivo e parteciparono all’organizzazione, tanto da concordare con Cagol di procedere con il sequestro nonostante l’arresto di Maraschi (l’unico che poi venne condannato). Ma soprattutto, secondo gli inquirenti, il concorso morale va cercato nel fatto che la linea del gruppo (comparsa sull’opuscolo Lotta armata per il comunismo – giornale delle Brigate Rosse) era quella di «ingaggiare un conflitto per rompere l’accerchiamento». 

«È già abbastanza sconcertante che si celebri un’udienza preliminare per un fatto di cinquant’anni fa. Dalle stesse carte del procedimento, poi, non emerge nulla di nuovo rispetto a quanto è già emerso in passato», commenta l’avvocato Vainer Burani, difensore del capo storico delle Br Renato Curcio. «Il mio assistito — aggiunge il legale — ripeterà ciò che ha sempre detto: non ha partecipato all’organizzazione del sequestro dell’imprenditore Gancia e ne è completamente estraneo, perché all’epoca, essendo evaso da poco, viveva nascosto». 

Per Azzolini la Procura di Torino aveva chiesto la misura cautelare, ma era stata respinta dal gip che nel provvedimento aveva sottolineato che contro l’indagato non sussisteva «un quadro gravemente indiziante» per i fatti di Cascina Spiotta. Lo ricorda l’avvocato dell’ex brigatista, che ha depositato una memoria di 162 pagine nella quale ricostruisce tutta la vicenda dal 1975 a oggi: il legale sottolinea fra l’altro che Azzolini, ora 81enne, fu già prosciolto dalle accuse nel 1987 e che per un anno, fra il 2022 e il 2023, fu intercettato prima che il caso venisse formalmente riaperto da un giudice.

Nessun commento:

Posta un commento