domenica 8 dicembre 2019

pc 8 dicembre - Eternit e ThyssenKrupp processi infiniti - i padroni assassini non faranno mai un giorno di galera!

Mobilitazione proletaria e popolare, ma l'unica giustizia è quella proletaria!
da Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio

Eternit Bis: l'udienza preliminare fissata per martedì 14 gennaio

Il processo Eternit riguarda circa quattrocento morti d'amianto a Casale Monferrato. In questa sede il gup dovrà decidere sul rinvio a giudizio del magnate svizzero Stephan Schmidheiny e sugli eventuali capi di imputazione.L'Afeva scrive : “Il 14 gennaio 2020 riprende finalmente il cammino per dare giustizia alle migliaia di vittime dell’Eternit”.“L’accusa di omicidio volontario è sicuramente molto grave, perché gravi sono i fatti e le responsabilità di chi li ha provocati: scorrere le pagine dell’imputazione formulata dalla Procura, rileggere uno ad uno i nomi di quattrocento cittadini e operai uccisi dall’amianto significa ripercorrere un pezzo doloroso della storia della nostra città, con cui è necessario ancora oggi fare i conti, in attesa di una decisione che finalmente dichiari, una volta per tutte, la colpevolezza di Stephan Schmidheiny”.“Sarà compito del Giudice dell’Udienza preliminare stabilire se questo processo potrà proseguire con questa impostazione accusatoria o se riqualificare i fatti in omicidio colposo, con conseguente prescrizione dei casi più risalenti nel tempo. 
“Stephan Schmidheiny non merita sconti… e non saremo certo noi a fargliene!”

I familiari Thyssen: «Vogliamo in galera i tedeschi assassini»

I parenti delle vittime chiedono ancora giustizia: «Non hanno trascorso un solo giorno in carcere»
Quel dolore s’è rinnovato a ogni alba, per dodici anni. Quattromilatrecentottanta giorni bagnati dalle lacrime, consumati da una rabbia che non passa e si rinnova nella consapevolezza di vedere gli «assassini tedeschi» ancora in libertà.«Per noi sarà sempre il 6 dicembre, non avremo mai un altro giorno da ricordare se non quello in cui sono morti i nostri figli». Grazia Rodinò non concede al pianto di spezzarle la voce, si fa forte e cerca di sorridere a chi le porge la mano davanti alla lapide che riporta il nome del figlio Rosario, strappato al suo amore a soli 26 anni dal fuoco feroce di una acciaieria.«Viviamo ancora quel dolore con la certezza che non passerà mai, sperando di ottenere giustizia» sottolinea Rosetta Marzo

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