"Vogliamo che questo sciopero si allarghi, che si uniscano le lotte. Ci rivolgiamo a tutte le compagne e i compagni, in Italia e altrove, per procedere compatti.
La nostra rabbia non è finita e la nostra lotta non si ferma".
I blocchi contemporanei del porto di Gioia Tauro, in Calabria, e dell'intera zona del casello stradale e del centro commerciale GrandApulia a Foggia, sono iniziati all'alba e sono durati ore, e inutili sono stati i tentativi delle istituzioni e le cariche della celere nel far desistere i manifestanti dal loro obiettivo: farsi ascoltare. ..centinaia di lavoratori e lavoratrici delle campagne hanno scioperato e sono scesi nelle strade, ancora una volta, perchè gli innumerevoli tentativi di interlocuzione con le istituzioni avvenuti fino ad ora sono stati vani. Sono state fatte promesse su promesse, sono cambiati i governi e le amministrazioni locali, eppure la stretta repressiva di leggi e politiche di contenimento e controllo si è fatta sempre più soffocante. Le questure e le commissioni territoriali ci hanno chiaramente detto che nulla cambierà per le persone che vivono e lavorano in questo paese finchè non cambia la legge. Per questo abbiamo scritto delle proposte concrete, perché abbiamo chiaro in mente
quello di cui abbiamo bisogno, e ci siamo presi le strade perchè ci facessero da megafono. Se le nostre rivendicazioni per documenti, case e contratti sono le stesse da anni, i D.L. Salvini hanno reso la vita di chi vive nei ghetti e nelle baraccopoli e lavora nelle campagne ancora più precaria e pericolosa: sono moltissime le persone finite in un limbo burocratico di irregolarità per ragioni che sfuggono al loro controllo, in base a logiche assurde di decreti che altro non fanno se non rendere sempre più difficile, quando non impossibile, ottenere la regolarizzazione dei documenti, attraverso soluzioni che non sono soluzioni e confinano gli immigrati in uno stallo normativo.
Sempre più sfruttabili e ricattabili, i lavoratori e le lavoratrici immigrate vengono colpiti/e anche dal lato più repressivo del D.L sicurezza, che in un anno ha ordinato gli sgomberi coatti delle baraccopoli informali dove molti di loro vivono, e dove molti spesso muoiono, e come se non bastasse ha reintrodotto come reato i blocchi stradali, con l'obiettivo di criminalizzare ogni forma di rivendicazione e autorganizzazione.
La brutalità delle forze dell’ordine e le “risposte” delle istituzioni di quest’oggi, confermano e rendono più che mai evidente che nulla cambierà se non continuiamo a lottare, sempre più uniti e unite, finché non otterremo la regolarizzazione di tutte/i i lavoratori e le lavoratrici immigrati, case per i braccianti e contratti di lavoro.
Abbiamo dimostrato ancora una volta che siamo capaci di resistere alle provocazioni, che non ci ferma la repressione, che non stiamo giocando, perché si tratta delle nostre vite.
Vogliamo che questo sciopero si allarghi, che si uniscano le lotte. Ci rivolgiamo a tutte le compagne e i compagni, in Italia e altrove, per procedere compatti.
La nostra rabbia non è finita e la nostra lotta non si ferma.
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