L'attacco del governo Monti/Fornero all'art.18, si è denunciato più volte in queste settimane, significa togliere ogni freno e dare un chiaro segnale di via libera alla libertà di licenziamento da parte delle aziende; ma è nell'analizzare gli effetti concreti che si vede tutta la sua portata di attacco ai lavoratori. Le condizioni per cui può scattare il licenziamento per “motivi economici” sono tante e tanto generiche da far stare tutti gli operai e i lavoratori permanentemente sotto una “spada di Damocle”.
Infatti, il licenziamento potrebbe scattare, a parte per crisi aziendale, per:
- soppressione della mansione cui era addetto il lavoratore – questo può non centrare nulla con i problemi economici bensì rientrare nella “normale” legge dei padroni di tagliare il costo del lavoro per es. accorpando mansioni;
- cancellazione del reparto o dell'ufficio in cui lavora il dipendente da licenziare – anche in questo caso sarebbe gioco facile peri padroni far passare una ristrutturazione o riorganizzazione produttiva, per “motivi economici”;
- introduzione di macchinari che fanno risparmiare sul lavoro umano – quindi altro che “motivi economici”! Ma solo la classica e sempre attuale legge del capitale di aumentare la produttività e i suoi profitti riducendo l'occupazione, facendo, con l'introduzione di macchinari, lavorare un operaio al posto di due/tre attraverso aumento dei carichi, dei tempi di lavoro;
- affidamento di servizi alle imprese esterne – se non fosse tragico qui ci sarebbe da ridere: sempre più le grandi aziende esternalizzano servizi ma non certo perchè in crisi, ma unicamente per abbattere costi, per avere gli stessi lavori senza dover garantire salari, diritti;
- chiusura dell'attività produttiva – salvo poi andare a ritrovare all'estero la stessa ditta.
E non basta. E' evidente che la formula, volutamente generica, di “motivi economici”, è fatta a posta per mascherare licenziamenti sindacali, licenziamenti politici, dove di “economico” sta solo nel senso di difesa dei profitti aziendali liberandosi della presenza di “teste calde” che “pretendono” di difendere gli interessi operai.
Per questo oggi la difesa dell'art. 18 assume una funzione importante e concreta, oltre che politica, di discriminante tra il fronte che difende i profitti dei capitalisti e il fronte di classe che difende gli interessi dei lavoratori.
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