venerdì 4 giugno 2010

pc quotid 4-5 giugno - Operai cinesi: Alla Honda vince la rivolta

Questo è il titolo del sole 24 ore del 2 giugno scorso che commenta la lunga lotta degli operai della fabbrica Honda di Foshan, regione del Guangdong, nella Cina meridionale.

Dopo due settimane di scioperi e agitazioni che hanno paralizzato l’attività della fabbrica automobilistica giapponese gli operai hanno vinto la loro battaglia, durissima battaglia, dato che si è trattato di uno sciopero aut organizzato, al di fuori dell’organizzazione sindacale di stato,
ottenendo un aumento di stipendio del 24 per cento, circa la metà di quanto richiesto.

Il corrispondente del sole 24 ore, il giornale dell’associazione degli industriali italiani, è preoccupato, dice che il caso Honda potrebbe diventare uno spartiacque epocale nell’evoluzione delle politiche salariali cinesi.

E riporta le lamentele di un padrone: “Ogni giorno dai nostri dipendenti ci arrivano richieste di aumenti salariali fuori da ogni logica – spiega un imprenditore straniero operante nel settore tessile… frattanto il turnover sta diventando esasperato. Formiamo il personale da zero, gli trasmettiamo conoscenze e know how, [quale grandezza d’animo!] e poi ci abbandonano da un giorno all’altro per quattro soldi in più (!!!) nella fabbrica a fianco”.

Questa è una trattativa salariale, continua il giornalista, di cui si parlerà nei giorni a venire nel Guangdong, e si chiede come mai, “le maestranze cinesi” così docili per trent’anni hanno alzato la testa. La sua risposta è che la forza lavoro negli ultimi anni ha completamente cambiato pelle, sono tutti giovani! La maggior parte della base operaia ha tra i 18 e 25 anni.

È interessante notare anche il linguaggio che usa il giornalista per marcare la differenza tra ieri e oggi: “Quelli che all’indomani delle riforme pro-mercato varate trent’anni fa da Deng Xiaoping abbandonavano i loro poveri villaggi di campagna per andare a gettare sangue nelle fabbriche sulla costa [gettare sangue nelle fabbriche! È una prerogativa di tutti gli operai, ma il giornalista pensa forse che nelle fabbriche dei paesi “avanzati” gli operai si divertano] erano contadini profondamente impregnati dell’antica cultura rurale, geneticamente votati al sacrificio e all’obbedienza…”. I giovani di oggi no!

I cambiamenti avvenuti in Cina, conclude il giornalista, hanno di fatto aumentato senza precedenti il potere di contrattazione della forza lavoro “nella breve storia delle relazioni industriali cinesi…. È con questa nuova realtà che nel prossimo futuro dovrà fare i conti il governo cinese. E anche gli investitori stranieri, per i quali le produzioni a basso costo made in china rischiano di diventare un ricordo del passato.”

È una “nuova realtà” di cui la classe operaia di tutto il mondo può solo rallegrarsi e andare fiera!

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