Un CIE è peggio di un carcere, un lager di stato voluto dal razzismo di stato con cui il governo Berlusconi-Bossi ha costruito le sue fortune elettorali ed ha aizzato l'odio xenofobo tra le masse.
Un'aberrazione creata prima con la Turco-Napolitano che aveva istituito i CPT, poi peggiorata dalla Bossi-Fini e dal pacchetto sicurezza con al centro il reato di clandestinità che ricorda il principio nazista della "colpa d'autore" (prima l'ebreo, adesso l'immigrato sempre responsabile dei reati perchè immigrato!).
Un business di appalti che ha accontentato tutti dalla CRI, a Comunione e Liberazione, alle coop "rosse".
E' all'interno della democrazia borghese che il fascismo moderno avanza, una democrazia che non si scompone di fronte alle moderne leggi razziali che possano tranquillamente coesistere con la
Costituzione antifascista.
Si alzano i muri della Fortezza Europa e dentro cresce l'ondata xenofoba. In Italia questo governo la traduce in leggi.
Finita la propaganda mediatica sulla sicurezza e legalità, rimane la disperazione che può portare alla pazzia o al suicidio, ma anche la rabbia, le lotte degli immigrati nei CIE, perchè nessun essere umano può accettare il sopruso, l'arbitrio e la violenza nei moderni lager di stato. Scioperi della fame, rivolte, si susseguono da Torino, a Milano, a Gorizia, Roma, a Bari a Lampedusa. Il prolungamento della detenzione fino a 6 mesi è stato l'ulteriore lancio della benzina sul fuoco da parte del governo. Cosa c'entrano 6 mesi con l'identificazione?
Non è vero che dentro questi lager vengono reclusi solo chi non è in regola con i documenti, vi finiscono anche gli immigrati con regolare permesso di soggiorno (vedi per esempio la deportazione a Bari e a Crotone degli schiavi di Rosarno con i documenti in regola, la crisi economica che porta ai licenziamenti di moltissimi immigrati che rischiano l'espulsione). Internati pure i rifugiati richiedenti asilo politico.
1920 sono gli immigrati segregati nei CIE (dati 2010 del min. degli Interni).
Al Cie di via Mattei a Bologna una donna tunisina immigrata di 34 anni, dopo avere iniziato uno sciopero della fame, si è cucita le labbra con ago e filo per protestare contro il rigetto della sua richiesta di asilo politico e la conseguente deportazione forzata.
Nel CIE di via Corelli a Milano, Joy ha avuto il coraggio di denunciare il tentativo di stupro da parte dell'ispettore-capo del CIE, Addesso, evitato grazie all'aiuto della sua compagna di reclusione Hellen.
Invece che ricevere protezione per la sua denuncia, è stata trasferita nel CIE di Modena, gestito dalla Misericordia di Giovanardi, e l'8 giugno si terrà l'udienza preliminare a Milano dove le compagne del Mfpr stanno lanciando l'appello per una manifestazione davanti al Tribunale.
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prolcomra
24/05/2010
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