da ORE12/Controinformazione rossoperaia del 31/10
Meloni è stata in Libia martedì scorso, il 29 di ottobre, accompagnata dal ministro delle Imprese e Made in Italy, Urso, da diplomatici e dai padroni italiani di piccole e medie imprese interessati, in rappresentanza di 200 imprese supportati dalla Camera di commercio italo-libica e da Unioncamere, per partecipare al Business Forum Italia-Libia, presso la Fiera internazionale di Tripoli, evento patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri italiana - quindi voluto dal governo italiano - e del primo ministro del Governo libico di Tripoli, un governo, tra l'altro, che non ha portato a termine l’obiettivo che l’Onu gli aveva affidato, cioè quello di arrivare al voto di tutta la popolazione libica, un governo che è scaduto perché ha fallito la sua missione; non un governo, quindi, in rappresentanza dell’unità delle fazioni che dominano la Libia, perché quando si parla di “governo libico” parliamo di un paese che l’imperialismo USA/Francia e Italia hanno smembrato in due dopo l’aggressione della NATO del 2011 che ha fatto rispettare una risoluzione dell’Onu (questo a premessa per sottolineare anche il ruolo di foglia di fico dei paesi imperialisti svolto dall’Onu). Da quella aggressione sono nati 2 governi, uno filo imperialismo occidentale e uno legato all’imperialismo russo, con il paese saccheggiato dai
signori della guerra, dalle bande criminali, mafiose, che si dividono i profitti del petrolio, del gas e quello dei migranti per conto dei governi europei e soprattutto dell’Italia, interessata a non farli neanche partire con la stipula di accordi per rendere operativi il blocco delle partenze e i lager dove rinchiuderli.Meloni è stata 3 volte in visita in Libia solo in quest’anno,
una nell’anno scorso, e questo, riportiamo le sue stesse parole, “è il risultato di una scelta politica molto
precisa che questo Governo ha fatto. Noi consideriamo il rapporto con la Libia
una priorità per l'Italia”. Al centro
delle questioni sempre i temi nell’agenda dell’imperialismo italiano, che oggi - con la strada spianata dal centro sinistra, dal PD di cui Minniti è stato un
apripista con la sua politica razzista neocoloniale per gli interessi
dell’imperialismo italiano - il governo Meloni chiama “piano Mattei”, un nome che
la stampa asservita ripete come un mantra ma che in realtà è senza alcun
progetto, è figlio della politica della manipolazione comunicativa tanto cara a
questo governo che usa tutta la sua grande demagogia per raccontarci le balle di risultati “storici” ottenuti in ogni campo
da questa banda di farabutti al servizio dei capitalisti di casa nostra, quindi
solo un nome che accompagna la passerella mediatica che nella realtà è
la solita politica di dominio colonialista dell’imperialismo italiano.
Mentre Meloni recita il suo ruolo con sorrisi e abbracci ai
governanti servi dell’imperialismo, in questo caso Daibaba, premier di uno
dei due governi libici, i lavoratori e le masse devono sapere – e il
nostro blog e lo strumento ORE12/Controinformazione rossoperaia lo denunciano
sistematicamente - che si tratta di una miserabile piazzista viaggiatrice, perché dietro di lei in questi viaggi e incontri nell’area del Mediterraneo
Allargato c’è l’ ENI soprattutto e i suoi profitti.
Meloni ha annunciato soddisfatta che riprenderanno i viaggi dei cosiddetti “cooperatori”, di tutte quelle aziende interessate a fare affari in Libia. Si parla di un interscambio commerciale superiore ai 9 miliardi di euro, si parla di viaggi legati ai profitti. Mentre vi sono altri tipi di viaggi, quelli che i migranti sono costretti a fare perché guerre, fame e miseria, prodotti dall’imperialismo, dai governi imperialisti e quindi anche dal governo italiano, non permette più di vivere alle masse sempre più povere dei paesi oppressi dall’imperialismo, che in quei viaggi investono tutto quello che gli rimane compreso la loro stessa vita.
Meloni che esprime gli interessi dei padroni, dei capitalisti italiani, non ha detto una parola su questa ennesima strage in mare di cui è responsabile il suo stesso governo, il governo che ha sulla sua coscienza i morti di Cutro e tutta la politica razzista dei respingimenti e delle deportazioni dei migranti. Ma per questo governo l’unica notizia da dare agli organi di stampa era la ripresa dei collegamenti aerei con la Libia.
Riguardo il settore farmaceutico si tratta degli investimenti del Gruppo San Donato, uno dei più grandi gruppi di ospedali privati italiani, con un centro diagnostico e diciannove ospedali situati in Lombardia e due in Emilia-Romagna a Bologna che ora si insedierà pure in Libia.
Ma a questi padroni che vanno in Libia per fare profitti gli devono garantire la loro “sicurezza” in mezzo al caos delle bande criminali, quindi questa è la premessa necessaria su cui Meloni chiede garanzie al governo libico per evitare le attività destabilizzanti di attori ostili e tra gli attori ostili c’è anche la Banca centrale che non è allineata al governo. Infatti si è arrivati un’altra volta al limite dello scontro militare tra il governo di Tripoli con Dabaiba, e la Banca Centrale libica, organo fondamentale per i finanziamenti derivanti dai proventi petroliferi che devono piacere alle opposte fazioni libiche e ai governi imperialisti, Russia compresa.
In Libia sarà presto annunciata una nuova tornata di licenze
per l’esplorazione delle risorse petrolifere e di gas. La rapina delle risorse
energetiche è una delle attività principali dei rapporti neocoloniali
dell’Italia imperialista, infatti l'Italia è il primo investitore nel settore
energetico in Libia e questo significa che al vertice del business c’è sempre
l’ENI: «La Libia ci ha dato grandi
soddisfazioni nel passato, ma è un paese su cui noi vediamo anche un futuro,
innanzitutto le grandissime risorse che ha ancora da mettere in produzione e le
risorse ancora da scoprire, che WoodMackenzie (una società di ricerche e
consulenze che fornisce dati, analisi scritte e consulenze su energia, ndt) stima superiori a un miliardo di volumi di
barili di olio equivalente – ha dichiarato a margine del Business Forum Martina
Opizzi, responsabile della regione Nord Africa e Levante di Eni – e l’Eni sta
continuando a investire nel Paese». «In
Libia – ha proseguito la Opizzi -, Eni sta lavorando per prepararsi ad attività
di perforazione offshore su asset esplorativi nella seconda metà del 2025.
Stiamo studiando con National Oil Corporation (ente petrolifero statale libico,
n.d.r.) anche dei possibili progetti sulle rinnovabili». «In totale – ha quindi concluso la dirigente
del Gruppo di Piazzale Mattei -, Eni ha più di 80.000 chilometri quadrati su
sette licenze esplorative, sia offshore che onshore e proprio questa settimana
abbiamo iniziato a perforare il primo di due pozzi esplorativi onshore, nel
bacino del Ghadames. Se dovesse esserci una scoperta, il campo si troverebbe
nei pressi delle nostre infrastrutture, quindi potrebbe venire rapidamente
messo in produzione». Da Padova il Presidente di Federpetroli Italia, Michele
Marsiglia, ha in seguito commentato positivamente i risultati dell’evento
tripolino: «Visita fruttuosa quella del Presidente del Consiglio Meloni, alla luce
dei nuovi investimenti che, anche come FederPetroli Italia, effettueremo con
Eni e con le altre compagnie petrolifere attive nel Paese nordafricano. L’avvio
dei nuovi pozzi onshore rappresenta una nuova fase per l’Oil & Gas libico e
in particolare per l’Italia. Contiamo su una stabilità politica della Libia che
ci permetta di operare in un clima costruttivo, sia per le risorse energetiche
destinate a uso domestico, che per quelle che arriveranno in Italia attraverso
gasdotto».
Riguardo alle infrastrutture non c’è solo il rispolvero
dell’accordo sull’autostrada costiera ma c’è dell’altro: Libia e Italia
sono già connesse dal gasdotto GreenStream, da cavi dati sottomarini e da
BlueRaman, progetto che fa parte del BlueMed, il ramo mediterraneo del sistema
BlueRaman per collegare Italia, Francia, Grecia e Israele (Blue) e Giordania,
Arabia Saudita, Gibuti, Oman e India (Raman), una importante infrastruttura che
collega, quindi, il Mediterraneo e l’Indo-Pacifico, e i suoi quattro snodi saranno
anche in Libia, in cui l’Italia agisce attraverso il gruppo Tim, che a giugno
2023 aveva siglato un memorandum d’intesa con una società di telecomunicazioni
statale libica attiva nei servizi fissi per la realizzazione di una nuova
infrastruttura che colleghi diverse città della Libia alla Sicilia. “Siamo un ponte naturale tra l’Europa, il
Mediterraneo allargato, l’Africa e il Medio Oriente”, ha detto Meloni,
facendo riferimento al Piano Mattei per l’Africa per il quale l’Italia punta
anche a un collegamento con il Corridoio economico India-Europa-Medio Oriente.
Ma uno dei temi della cosiddetta “cooperazione” è senz’altro
quello dei respingimenti anti immigrati, quello che nella comunicazione di
Meloni è “il lavoro che noi facciamo
avanti per garantire il diritto a non dover emigrare”, quindi nell’agenda
di questo governo fascio-razzista non c’è il diritto ad emigrare ma la sua
negazione!
Il Governo italiano, afferma Meloni, “ha portato avanti un decreto flussi triennali per 450.000 ingressi per
favorire la migrazione legale, ma chiaramente questi sono meccanismi che
funzionano solamente se i due sistemi produttivi delle Nazioni che stanno
cooperando si parlano, se a monte sono sistemi collegati, se a monte c'è
incontro tra domande e offerte di lavoro, se a monte c'è un lavoro di
formazione. Quindi è un altro elemento che racconta quanto la cooperazione che
stiamo portando avanti corrisponda nel suo complesso a una visione molto ampia.
Chiaramente il lavoro che facciamo oggi e gli aspetti che siamo qui per
approfondire oggi sono moltissimi”. Quindi non è il decreto flussi al
centro della sua politica ma sempre la stessa politica di fare agire i regimi e
i governi reazionari, dalla Tunisia all’Albania, finanziandoli, perché loro
siano parte attiva nell’impedire le partenze dei migranti.
Con gli accordi con il governo libico, Meloni e l’Ue non fanno altro che rafforzare i respingimenti coinvolgendo la Libia che avrà un ruolo con il centro di coordinamento dei salvataggi in mare finanziato dall’Europa, con la creazione di un centro molto equipaggiato e dotato di tutti i più avanzati sistemi di comunicazione, compresa una torre radio di 30 metri. L’installazione di quest’ultima è stata affidata alla Marina militare italiana. Il centro, Mrcc in inglese, è un progetto voluto da Minniti e finanziato da un progetto europeo che ha come primo partner l’Italia. L’Italia ha speso oltre 50 milioni di euro di finanziamenti europei per fornire alla Libia tutto l’apparato necessario ai controlli marittimi come i radar, i sistemi di comunicazione, i motori per unità navali, le imbarcazioni di varie dimensioni, le riparazioni delle navi e l’addestramento per il personale di bordo. All’interno di questo centro ci sono già container segnati dal logo del ministero dell’Interno italiano.
La politica del governo fascio-imperialista Meloni è chiaramente quella di ostacolare le operazioni di salvataggio delle ONG, affermando che la Libia è un porto sicuro, in contrasto con la Corte di giustizia europea, e quindi, secondo il governo Meloni, la guardia costiera libica può riportare tranquillamente nei lager i migranti che cercano di partire e sarà la guardia costiera libica a decidere sul porto di sbarco dei naufraghi salvati in mare, nelle acque Sar di sua competenza. Mentre sono oltre quattromila i migranti detenuti in maniera arbitraria in centri di prigionia ufficiali, mentre sono più di tremila quelli in centri non ufficiali sotto il controllo di milizie, dove nemmeno le Nazioni Unite hanno accesso. In queste strutture, lo sappiamo, i migranti sono tenuti in condizioni degradanti, dove le guardie esercitano violenze, torture e riscatti.
Quindi quella di Meloni è l’ennesima visita da piazzista per
conto dei padroni e da aguzzina con il falso sorriso stampato in faccia sulla
pelle dei migranti. Un altro passo della penetrazione dell’imperialismo
italiano in nord Africa.
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