L'annuncio della Volkswagen è il segnale più chiaro e netto
della situazione della classe operaia, innanzitutto del settore auto. I
lavoratori rispondono: “sarà un Autunno caldo, siamo disposti alla rivolta,
paralizzeremo tutte le fabbriche!”. Noi ci auguriamo che tutto questo avvenga e
che tutto il settore auto a livello europeo e mondiale si mobiliti.
La Volkswagen ha gettato benzina sul fuoco con quest'annuncio.
Tra le fabbriche da sacrificare vi sono gli stabilimenti di Zwickau che per i vertici
della Volkswagen è uno stabilimento centrale da ristrutturare.
Nel cuore di questi paesi la crisi mondiale dell'acciaio si fa sentire. Le promesse e gli annunci di un
futuro migliore per gli operai e i lavoratori trovano la conferma che sono solo promesse di un presente “lacrime e sangue”.Noi siamo completamente solidali con gli operai tedeschi che
scenderanno in lotta contro il piano della Volkswagen. E lo stesso occorre fare
tutti gli stabilimenti italiani.
Nelle settimane scorse abbiamo avuto lo sciopero del settore auto con una manifestazione a Roma che ha raccolto 20.000 lavoratori dell'auto e dell'indotto auto, con il sostegno anche di delegazioni sindacali metalmeccaniche di altri settori, una manifestazione forte, partecipata, che ha messo in contatto tra di loro gli operai delle diverse fabbriche e ha dato un segnale che anche nel gruppo Stellantis è il tempo della lotta e della lotta unitaria di tutti gli stabilimenti.
Ma noi vogliamo che anche in Italia si parli il linguaggio -
perlomeno sindacale - che viene annunciato dalle organizzazioni sindacali in
Germania: rivolta, paralisi di tutte le fabbriche.
Non pensiamo che le organizzazioni sindacali confederali nel
nostro paese abbiano lo stesso tipo di reazione e quindi il vento che viene
dalla risposta operaia ai piani Volkswagen deve arrivare nelle fabbriche
italiane attraverso la via delle organizzazioni sindacali di base e, primo fra
tutti, dello Slai Cobas per il sindacato di classe che guarda in particolare a
due degli stabilimenti al centro della contesa: Mirafiori a Torino e Melfi in
Basilicata. In questi stabilimenti da tempo la Stellantis sta mandando a casa
un numero impressionante di lavoratori, in un quadro che si aggiorna giorno
dopo giorno. Ed è sempre peggio. I numeri - che pure avevamo dato non molto
tempo fa in un volantino molto apprezzato dai lavoratori - sono in continuo
aggiornamento e quindi è quasi inutile darli.
Il posto di lavoro di tutti gli operai della Stellantis è messo
in discussione dai piani di Tavares, a diversi gradi, con un'ondata che
arriva a tutti gli stabilimenti che già da ora pagano per un pesante prezzo con
la cassa integrazione, con i salari ridotti degli operai.
Noi pensiamo che siamo all'inizio di una fase in cui effettivamente la risposta operaia allo scaricamento della crisi sui lavoratori sia l'aspetto principale, la crisi di mercato e di modelli a livello mondiale non fa che approfondirsi e Stellantis cerca di risolverla spostando le produzioni laddove pensa che possa ancora trarre profitto. Parla di paesi in cui c'è un clima favorevole, dal Brasile al Marocco, all'Est Europa, ma questo si riflette pressoché immediatamente nell'approfondimento della crisi negli stabilimenti europei e negli stabilimenti italiani in particolare.
Tavares
continua a presentarci un futuro radioso e ad annunciare modelli su modelli, continua a chiedere
costantemente - lo ha fatto anche nell'incontro parlamentare - più soldi di sostegno, a se stessi
innanzitutto, attraverso soprattutto incentivi all'acquisto delle nuove auto ibride e, in prospettiva, di quelle elettriche. Ma tutto questo non vuol dire
assolutamente che si traduca in una effettiva difesa dei posti di lavoro, dei
salari e delle condizioni di lavoro negli stabilimenti Stellantis.
All'interno degli stabilimenti peraltro - denunciano gli operai - quando si lavora si lavora come animali, con l’aumento dei ritmi e salute e sicurezza ogni giorno a rischio.
Aumentano gli RCL e i cosiddetti “esodi incentivati”, le cosiddette
uscite volontarie. Fim-Uilm hanno finora sostenuto, insieme ai sindacati
apertamente aziendali, i piani di Stellantis con gli accordi. E chiaramente
dietro i cosiddetti “esodi incentivati” ci sono i licenziamenti. La strategia
del padrone sta marciando e speriamo che la manifestazione nazionale di Roma
cambi un pò la situazione. I sindacati hanno dato, a diversi gradi, il loro
consenso e anche alla grande manifestazione di Roma si sono sentiti accenti
diversi su come continuare questa lotta.
È necessario opporsi stabilimento per stabilimento, ma siamo
in un quadro generale di piani di padrone e governo e di rapporti di forza ad
essi favorevoli e non si può vincere stabilimento per stabilimento. Bisogna
senz'altro evitare che la situazione degeneri con la concorrenza tra i vari
stabilimenti che porta solo alla divisione tra gli operai.
Tavares continua a dare assicurazioni che non intende
lasciare l'Italia e che considera l'Italia come uno dei pilastri della crescita
nel mondo. Dice di aver investito 5 miliardi nel nostro paese, di cui 2 a
Torino, ma in realtà, tutto questo si è tradotto esclusivamente in messa in
discussione del lavoro, del salario e in intensificazione dello sfruttamento.
Stellantis ha chiuso lo scorso anno con 11 miliardi di
profitto, ha dato a Elkann 4,8 milioni nel 2023 e Tavares ha ricevuto un
compenso lordo di 36.49 milioni di euro.
E perché ricevono tutti questi soldi, da dove nasce questo
profitto? Tutti questi profitti escono dal fatto che si intensifica lo
sfruttamento e si riducono i costi. Questa situazione va rovesciata a partire
dagli interessi operai, concentrati in una Piattaforma operaia approvata e
garantita dal potere dell'Assemblea e aprire uno scontro prolungato. La classe
operaia deve comprendere a sua volta non solo che deve battersi in forma
unitaria in tutti gli stabilimenti su una stessa piattaforma ma che gli operai
sono una classe internazionale e gli operai dell'auto sono presenti in tutte le
parti del mondo.
La crisi dell'industria dell'auto si rovescia sulla classe
operaia di tutti gli stabilimenti del mondo per questo occorre che gli operai ragionino come classe nel nostro paese e a
livello internazionale. Serve che alla Stellantis innanzitutto e nelle
industrie dell'auto e nel nostro paese in particolare, si esca dal lungo inverno iniziato dal finire degli gli anni 70, per un nuovo Autunno caldo, che non è né
nostalgia di una classe operaia che non c'è più, né annuncio generico e retorico, ma una necessità concreta degli operai di tutti gli stabilimenti.
In questa battaglia fondamentale
è l'autonomia operaia da padroni, governo e direzioni sindacali con la
nascita di nuove forme di organizzazione in seno alle fabbriche, di Comitati operai, che vadano ben oltre lo
sforzo che viene fatto dalle presenze, tuttora deboli, del sindacalismo di base
all'interno degli stabilimenti. Sono i comitati autonomi operai, i comitati di
lotta, che devono nascere negli stabilimenti, e che certo usino le forme del sindacalismo conflittuale che pure ci sono all'interno della fabbrica e che
dopo la manifestazione sicuramente continueranno ad esistere.
Da qui a dicembre governo e padroni hanno dichiarato di
voler presentare piani industriali che garantiscano l'occupazione dei
lavoratori e permettano la difesa dei salari e l'uscita dalla lunga stagione
delle chiusure, della flessibilità, della cassa integrazione secondo gli
interessi del padrone. Ma tutto questo noi pensiamo che resterà sulla carta.
Per questo non dobbiamo aspettare la fine di dicembre per far partire le lotte,
ovunque ci sono problemi sempre inseriti in questo quadro generale, ma,
soprattutto, che la fine di dicembre sia un dead-line
non solo delle promesse del governo e di Tavares, ma un dead-line della lotta operaia perchè cominci un'effettiva rivolta
dei lavoratori.
Nella legge di bilancio il governo ha tagliato l'80% del
Fondo per il settore auto. Quindi, di fatto, il governo annuncia da un lato di
volere contribuire a far uscire la Stellantis della crisi con il solito sistema
di soldi ai padroni, dall’altro però questi soldi li taglia e che peraltro,
come scrivono alcuni giornali, vengono dirottati verso altre voci, prime fra
tutte l'industria degli armamenti.
Il governo Meloni, che di tanto in tanto si fa paladino dei
lavoratori contro i piani di Stellantis, lo fa solo sui giornali, in realtà è
il compagno di strada della Fiat.
Nel denunciare il taglio le segreterie nazionali di Fim-Fiom-Uilm
esprimono “preoccupazione e ferma contrarietà”. De Palma e Palombella, che sono
i due sindacalisti maggioritari all'interno del settore auto, hanno dichiarato
che “le decisioni del governo ignorano le richieste di oltre 20.000 lavoratori
che hanno partecipato allo sciopero del 18 ottobre e alla manifestazione di
Roma”. Al di là delle promesse, le decisioni del governo vanno in direzione
opposta anche rispetto alle stesse richieste sindacali. Ma l'azione del governo
offre ai sindacati confederali l'opportunità per rivendicare che i soldi - i 5,8
miliardi dei fondi dell'auto - vengano ripristinati e quindi si traducono in una
richiesta al governo perché mantenga il finanziamento ai padroni, considerati come
chiave della continuità occupazionale e salariale dei lavoratori. E, nello
stesso tempo, prendono per buone le promesse che vengono fatte dai padroni,
sulla transizione ecologica annunciata che si tradurrà in un nuovo rilancio del
settore auto e non, invece, in un approfondimento della sua crisi. Le loro
richieste non sono la continuità degli scioperi e della lotta, sia pure in
forme articolate, stabilimento per stabilimento, come è necessario, in continuità con la grande mobilitazione nazionale e la manifestazione a Roma, ma sono la
richiesta di nuovi incontri - previsti per il 4 e il 13 novembre - e da incontri e incontri arriveremo all'incontro clou di fine dicembre annunciato ma
i cui risultati a noi sembrano scontati e questi risultati non vanno nella
direzione della salvaguardia dei posti di lavoro, dei salari, delle condizioni
di lavoro all'interno delle fabbriche, ma esattamente al contrario.
Per questo, come in occasione dei grandi scioperi dell'auto
negli Stati Uniti che ha riguardato tutti gli stabilimenti dell'auto e, in
particolare, la stessa Stellantis, avevamo detto: “portiamo il vento di questo
sciopero all'interno della realtà di fabbrica del nostro paese e all'interno di
tutte le fabbriche auto, facendo proprie le piattaforme, le rivendicazioni di
quello sciopero", ma sono rimaste parole nel vuoto. Perché noi non abbiamo un
impianto organizzato nelle fabbriche, anche se per questo lavoriamo da subito
e in prospettiva perché possiamo dare gambe alle cose che diciamo, ma le cose
che diciamo sono quelle giuste e le ripetiamo in occasione del nuovo vento di
lotte, di scioperi che inevitabilmente viene dalla Germania questa volta e
dalla situazione annunciata da Volkswagen.
Collegarsi al vento
delle nuove lotte operaie negli stabilimenti dell'auto per dare vita alle lotte
nel nostro paese con le caratteristiche della rivolta operaia, della
Piattaforma operaia, delle nuove organizzazioni nate nella lotta tra gli
operai, nei diversi stabilimenti e tra i diversi stabilimenti, è una strada
obbligata se si vuole realmente rispondere agli attacchi di padrone al governo.
Già in questo mese diffonderemo un volantino che farà tesoro
delle della situazione concreta esistente nei diversi stabilimenti per lanciare
una Piattaforma operaia, in parte interna alle cose che vengono dette anche da parte
del movimento sindacale, in particolare del sindacalismo di base, in parte
diversa, perché aderisca alla realtà effettiva e abbia le caratteristiche che
possano essere una piattaforma di una
nuova stagione di lotta, di un nuovo “Autunno caldo”.
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