domenica 12 maggio 2024

pc 12 maggio - Necessità della rivoluzione, dell'organizzazione per la rivoluzione - un appello ai lavoratori in lotta e in particolare alle donne

(Intervento in un'assemblea di lavoratrici, lavoratori, realtà di movimento a Palermo)


Più andiamo avanti e invece che trovare soluzioni stanno peggiorando ogni aspetto della nostra vita. Ma questo mostra a un certo punto che restando questo tipo di governi, di Stato, di sistema sociale, non è possibile trovare le vere soluzioni alla mancanza di lavoro, alle condizioni di vita e di lavoro sempre più difficili, come sulla scuola, la sanità, sul futuro dei giovani, eccetera. Mostra che ci vuole una rivoluzione perchè si rovesci questo sistema così barbaro che butta miliardi per chi, una estrema minoranza, detiene il potere, mentre i nostri figli non si possono neanche curare. Questo non è accettabile. 

Quando parliamo di "rivoluzione", parliamo di una necessità. Siete voi governo, siete voi Istituzioni statali, siete voi padroni che ci ponete questa necessità, perchè non ve ne andate con la ragione, con le buone, con le elezioni. Noi abbiamo già fatto un'esperienza in Italia di una lotta rivoluzionaria contro i fascisti e i nazisti - che al momento fu vincente, ma che poi non è andata come volevano i partigiani, come volevano gli operai, i proletari, le donne. Ma questo però non deve cancellare che allora si vinse. 

L'altra questione è: come la facciamo? Che significa fare la rivoluzione in Italia? È chiaro che non è un fatto spontaneo, non mi alzo la mattina e a un certo punto dico: beh, oggi non faccio solo uno sciopero, non vado a fare il presidio sotto la Regione per poter avere un altro anno di lavoro, ecc. Oggi faccio la rivoluzione! Ma occorre che costruiamo, oltre il sindacato di classe per la lotta quotidiana, per

strappare dei risultati, sempre più difficili, l'organizzazione per fare una battaglia più generale, una battaglia politica.

Questo sistema capitalista/imperialista, questo governo ci attacca perché ha il potere politico per farlo. Perchè questi non debbano più avere questo potere, non basta che noi facciamo più lotte sindacali, sempre più estese, sempre più grosse. Ma come troviamo lo strumento per portare avanti la battaglia quotidiana, così dobbiamo organizzarci per costruire gli strumenti per la battaglia politica.

E' l'esperienza, è la storia che ci ha già consegnato gli strumenti per fare la battaglia politica, rivoluzionaria. Noi lo strumento principale lo chiamiamo partito. I nostri "padri", Marx, Lenin, Mao, lo hanno chiamato in questa maniera. Non un partito come quelli in parlamento che conosciamo, ma un partito preso nelle mani da chi lotta, dai lavoratori, preso in mano dalle donne, dai giovani. Perché i giovani? I giovani, gli studenti stanno lottando, vengono caricati manganellati dalla polizia, fermati, mandati in carcere. Ma non possiamo accettare che vada sempre inevitabilmente così, e i giovani sono la linfa di un'organizzazione rivoluzionaria. 

Questa organizzazione non nasce solo dai pochi compagni che già oggi si rimboccano le maniche, ma servono le forze di compagni, lavoratori, donne, che via via acquistano coscienza che occorre di più, e per questo si organizzano con chi vuole fare questa battaglia. Da ora a 5 anni vogliamo trovarci in una situazione non diciamo molto ma un poco diversa. Questo dipende da un lato dalla situazione esterna: tu chiedi la salute e ti danno la morte, tu chiedi soldi per la sanità e loro li danno per la guerra, per le armi... dall'altro dipende da noi. Come è nata la Resistenza? Come è nato lo stesso partito comunista, allora buono? E' nato dagli operai, dai lavoratori, dai giovani, dalle donne.

Un appello specifico lo vogliamo fare proprio alle donne. Guardate le donne che hanno partecipato alla Resistenza, che si sono organizzate nell'allora partito comunista, erano operaie, casalinghe, ragazze, poche intellettuali lo hanno fatto in maniera semplice. C'è per esempio un bellissimo film di Liliana Cavani "La donna nella Resistenza", di testimonianze di donne partigiane che raccontano in maniera semplice perché a un certo punto avevano deciso di fare anche loro la lotta armata, di partecipare alla Resistenza, di organizzarsi nel partito; lo aveva fatto per quello che vedevano, per quello che era la loro vita, donne con figli o senza figli, con mariti, genitori o senza marito, genitori. E se avevano figli, questa era una spinta in più. Ora molte donne che lottano hanno figli, per cui devono sbattersi ogni giorno, figli che si ammalano, che non trovano lavoro. Ecco, noi per prime non dobbiamo raccontare chiacchiere neanche a questi figli. Non possiamo dirgli: non ti preoccupare, le questioni si risolvono.... No, gli diciamo, invece di stare a guardare la televisione, a smanettare con il telefonino, vieni anche tu a lottare, ad organizzarti.

Noi lottiamo per il lavoro, per avere una misera proroga, per avere un reddito. Ma dobbiamo guardarci attorno. Quegli studenti di Torino o di Pisa che sono stati manganellati, che sono stati alcuni arrestati, sono i nostri figli, non sono cose diverse, distanti. I palestinesi... Ogni donna palestinese è una nostra sorella, non è una persona così lontana di cui sentiamo parlare solo in televisione; i bambini palestinesi sono i nostri figli. Ecco, abbiamo il diritto e il dovere di fare di più. Organizzarci perché questa realtà che ci impongono abbia fine, perchè il potere lo abbiano nelle mani chi lavora, produce. 

Questo richiede un passo in più di organizzazione politica. E questo passo tutti coloro che lottano e dalla lotta, dai compagni che la guidano prendono maggiore coscienza lo possono fare. Ci vuole chi inizia, però poi ci vogliono le forze che possono portare avanti la battaglia. Organizzandoci diventiamo noi protagonisti per la lotta per un mondo nuovo. 

Questo è già avvenuto anche in Italia. Per un breve periodo è già avvenuto e quindi non è impossibile. Quindi questo senso. Chiaro che poi bisogna discutere, bisogna imparare, apprendere la teoria dai nostri "padri", Marx. Engels, Lenin, Mao. Bisogna imparare dalle esperienze che ci sono state anche in Italia, che ci stanno nel mondo. Ma prima di tutto bisogna dire sì, voglio fare di più, devo fare di più. 

Perché, ripeto, non non ci dobbiamo ingannare, non vi voglio io per prima ingannare: solo con le lotte che facciamo, sindacali non cambieremo questo sistema; dobbiamo abbracciare un'altra strada. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà, ma a volte ci vuole anche poco, una "scintilla". E' una strada molto più concreta. E anche su questo le donne devono avere una marcia in più.

Nel 1° Maggio abbiamo scritto: le donne sono le prime tra gli ultimi. Cioè le prime che vengono attaccate da tutte le parti, fino alle violenze sessuali, fino al tentativo di cancellazione del diritto di aborto, di negarci la libertà di scelta. Ma le donne proprio per la situazione generale che vivono, sia sul lavoro, fuori dal lavoro, in casa, ecc., possono essere, devono essere anche le prime a lottare per cambiare la terra e il cielo; le prime a dire agli altri: se io mi sono mossa e ho tanti problemi, tu che fai? Perché non ti puoi muovere? 

Che sia un messaggio di fiducia, di entusiasmo, di forza. Possiamo fare una nuova Resistenza, costruire l'organizzazione che serva alla rivoluzione.

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