martedì 21 settembre 2021

Internazionalismo - Tunisia - la situazione in questi ultimi giorni - Una corrispondenza

Kais Saied rivolgendosi alla nazione conferma la via intrapresa del 25 luglio, Ennahdha si appella alla piazza e ottiene un ulteriore flop, riformisti allo sbando. Grande è la confusione sotto il cielo... la situazione è eccellente, ma bisogna coglierla.

Tra pochi giorni scadrà il secondo mese di stato d'eccezione in Tunisia, sono infatti ormai 55 giorni da quando il parlamento tunisino è stato congelato e ai deputati revocata l'immunità ed il governo sciolto salvo alcuni ministri rimasti in carica mentre altri sono stati nominati direttamente dal presidente della repubblica Kais Saied che attualmente ha pienamente assunto il potere esecutivo e legislativo.

Lo scorso sabato 18 ottobre Ennahdha per la prima volta dagli scontri del 26 luglio in cui avrebbe voluto "riprendersi il parlamento e la democrazia", ci ha riprovato ma indirettamente, facendo convocare alla "società civile" un sit-in davanti il teatro municipale nella centrale Avenue Bourguiba a Tunisi per protestare contro il "colpo di stato" presidenziale chiedendo che venisse ripristinato il parlamento. Anche in questa occasione è stata confermata la crisi dell'ex partito islamista di governo di mobilitare la propria base che va sempre più assottigliandosi.

Contemporaneamente nel marciapiede di fronte il "movimento 25 luglio" è accorso in fretta e furia organizzando un contro sit in ha difesa della mossa presidenziale e che ha schernito i manifestanti islamisti sventolando banconote e articoli alimentari a simboleggiare che negli ultimi 10 anni di governi a guida Ennahdha il paese è stato svenduto e le risorse depredate dagli islamisti al potere. Da notare che in questa seconda piazza erano assenti attivisti dei partiti politici che pur appoggiano il passaggio del 25 luglio: il sit in si è formato per l'appunto spontaneamente.

Questo fatto seppur rappresenta un primo ritorno in piazza della polarizzazione delle forze in campo, è

avvenuto in maniera abbastanza timida, almeno per il momento; infatti gli altri soggetti sociali e politici sono in una fase di riorganizzazione interna e/o di attesa.

In particolare il potente sindacato unico UGTT che in prima battuta aveva appoggiato Saied ma che negli ultimi giorni aveva tuonato contro l'assenza di una road map chiara nella nomina del prossimo governo e per il fatto di non essere coinvolto nella fase attuale, ha preso le distanze dalla piazza di sabato.

Il PDL di Abir Moussi, partito reazionario che ha una diretta filiazione con il disciolto RCD di Ben Alì, sbandierando il proprio dna politico anti islamista dice di stare dalla parte di Saied ma in realtà lo fa strumentalmente infatti essendo dato come primo partito nei sondaggi, preme perchè gli eventi del 25 luglio prendano la strada delle elezioni anticipate, non a caso tutte queste recenti aperture del PDL verso Kais Saied sono state ignorate da quest'ultimo.

Nei giorni scorsi e antecedenti alle dichiarazioni roboanti dell'UGTT, un incontro si è tenuto tra la stessa Moussi e Tabboubi, il segretario generale del sindacato, riportanto alla mente l'intesa di regime tra RCD e UGTT prima della Rivolta Popolare del 2010/2011 che poi mischiò le carte.

All'estrema sinistra del panorama politico extraparlamentare alcuni partiti come il partito degli Elkadehines (dei lavoratori più sfruttati n.d.a) e il Partito della Via Comunista insieme ad altre organizzazioni, hanno annunciato la creazione di un coordinamento chiamato Rete Nazionale di Lotta Popolare, con lo scopo di intervenire nel contesto politico attuale per evitare che si faccia un passo indietro rispetto al 25 luglio ovvero che si vada verso una normalizzazione parlamentare ed il reintegro dei partiti ex governativi in parlamento.

Intanto a livello internazionale continuano le "pressioni a bassa intensità", l'ultima proviene da un summit dei paesi meridionali dell'UE (Cipro, Croazia, Spagna, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Slovenia) che hanno fatto appello alla salvaguardia della "democrazia" in Tunisia e alla pronta nomina di un nuovo governo "autorevole" per... rispettare gli impegni presi in materia di contrato all' immigrazione "clandestina", è evidente che per l'UE "democrazia" fa rima con stragi nel Mediterraneo e repressione dei migranti.

Tralasciando la questione dei flussi migratori, sulle stesse posizioni, in Tunisia un gruppo di partiti riformisti e liberali del centro-"sinistra" (Courant Démocratique, Parti des Travailleurs, Afak Tounes, Atakatol, Al Joumhouri) una sorta di "palude", che in un comunicato congiunto qualche giorno fa, hanno condannato con gli stessi toni e argomentazioni il procrastinarsi delle misure eccezionali, ma non rappresentando i settori scesi in piazza negli ultimi mesi, comprese le mobilitazioni di gennaio-febbraio scorso, tale presa di posizione è quantomeno autoreferenziale oltre che collocarsi oggettivamente al fianco degli islamisti; solo per un livello minimo di pudore questi partiti non sono scesi in piazza sabato al fianco di Ennahdha.

Intanto però la crisi economica e sociale sta sempre lì e oggi a ricordarlo sono scesi in piazza a Beja (regione agricola del nord-ovest) sia i laureati disoccupati che attendono di essere assunti nelle scuole e nelle università sia gli insegnanti precari che lavorano senza contratto e sottopagati, contemporaneamente nella capitale i produttori dei datteri manifestavano contro l'aumento dei costi di produzione, tutte queste categorie hanno fatto appello al presidente per intervenire e risolvere i loro problemi.

La risposta in un certo senso è arrivata a sorpresa stasera, durante una visita fuori programma quanto simbolica a Sidi Bouzid (la città centro meridionale del paese in cui il martirio di Mohamed Bouazizi innescò le rivolte arabe), dalla sede del governatorato Kais Saied si è rivolto agli abitanti della città e del paese in diretta televisiva affermando che non ci saranno passi indietro rispetto al 25 luglio, in cui è stato ribadito che in questo periodo i cittadini possono continuare ad esercitare il loro diritto di protesta e di sciopero e che si sta avanzando verso il cambiamento, in tal senso ha ricordato che il giorno dopo il 25 luglio mezzo milione di persone sono state vaccinate in un giorno e molte di più nei giorni successivi.

Ha poi continuato dicendo che "il vero problema non è la formazione di un governo ma di un intero sistema" e che le misure eccezionali saranno prolungate ed in questo contesto sarà varata una riforma elettorale, la nomina di un nuovo primo ministro e che i diritti fondamentali non sono in discussione ed "il popolo continuerà ad esercitare il proprio potere tramite le elezioni ed i referendum", ha infine concluso dicendo che "la Rivoluzione del 17 dicembre è stata abortita, noi siamo qui per darle continuità", confermando le valutazioni dei partiti rivoluzionari marxisti-leninisti-maoisti all'indomani delle elezioni presidenziali che avevano ben intuito che Kais Saied rappresentasse una cesura con la farsa della "transizione democratica" ovvero restaurazione, tanto osannata da destra a "sinistra".

E' sempre notizia di oggi che poche ore prima del discorso alla nazione, dal ministero dell'interno sono stati licenziati tutti i responsabili regionali delle forze di polizia e sostituiti, d'altronde nella serata di domenica KAis Saied aveva convocato una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale comprendente i vertici militari e delle forze si polizia: un altro colpo inferto a personalità nominate dal precedente governo ed in particolare legate ad Enanhdha.

La situazione politica è oggettivamente favorevole per l'entrata in campo delle forze rivoluzionarie e approfittare degli attuali rapporti di forza sfavorevoli per il polo reazionario Ennahdha-Karama-Qalb Tounes, ma bisogna cogliere l'attimo...

Nessun commento:

Posta un commento