mercoledì 28 maggio 2025

pc 28 maggio – La guerra dei dazi approfondisce la “crisi economica” ed esaspera lo scontro tra i singoli paesi imperialisti… e tutti insieme avanzano verso la guerra mondiale

La guerra dei dazi scatenata da Trump con l’annuncio dato il 2 aprile, il famigerato “Liberation Day”, ha messo in luce diverse questioni sull’assetto dell’imperialismo odierno. Qui possiamo solo accennare alla questione, visto che ci vuole sicuramente un’analisi approfondita.

È certo, comunque, che l’imperialismo statunitense a guida del fascista e golpista Trump con la guerra dei dazi ha accelerato la già gravissima crisi economica mondiale, che si esprime attraverso guerre per interposta persona come quella dell’Ucraina e con il sostegno al regime nazisionista di Israele per non parlare delle guerre in Africa… una crisi che si avvia verso la guerra mondiale.

Le giravolte sui dazi di Trump, come le chiamano i giornali e i cosiddetti "esperti di economia", sono all’ordine del giorno: aveva annunciato (smentendo l’accordo preso qualche settimana prima con l’Unione Europea!) che dal 1° giugno i dazi con i paesi dell’Europa sarebbero saliti del 50%! E nello stesso discorso aveva pesantemente minacciato anche Apple dicendo che se non produce negli Stati Uniti i dazi per gli iPhone sarebbero saliti del 25%. Questi telefonini supertecnologici si producono nelle fabbriche della Cina e la Apple, per cercare di superare l’ostacolo veramente difficile, sta pure provando a traferire la produzione in India, operazione altrettanto complicata.

Ma l’elenco delle stesse potentissime multinazionali americane colpite dai dazi di Trump è lungo come riporta il Sole24Ore: GM, Nvidia, Meta, Microsoft, Amazon, Ford Motor, che produce negli Stati Uniti l’80 % delle auto che vende sul mercato interno, Harley-Davidson, anche la giapponese Toyota Motor Corp. L’elenco è impressionante, continua il quotidiano dei padroni: Procter & Gamble Co., Stanley Black & Decker, Honeywell International, GE HealthCare Technologies e GE Aerospace, Boeing, 3M Co... e tutte parlano di perdite per miliardi di dollari, oltre al non detto del taglio ai lavoratori e dei possibili trasferimenti delle produzioni in altri paesi. Perfino la multinazionale francese del lusso, Lvmh, del reazionario Arnault, amico di Trump, sta perdendo miliardi (ma Arnault continua a sostenere Trump!).

È chiaro, dunque, che una parte degli stessi padroni imperialisti di queste aziende tra le più grandi del mondo che devono programmare gli investimenti e la produzione sono in grande difficoltà – la guerra dei dazi si rivela un boomerang -, difficoltà aggravate dagli alti e bassi nelle Borse che fanno cadere il

valore delle azioni e la conseguente perdita di miliardi per chi investe nella fianza; tutto questo oggettivamente aumenta le contraddizioni all’interno dello stesso imperialismo Usa e di riflesso in tutto il mondo, anche perché molte di queste aziende hanno esplicitamente parlato di aumenti dei prezzi per limitare i danni, cioè scaricandoli soprattutto su chi deve acquistare le merci per sopravvivere, non certo per il lusso.

Ma in questa crisi, non sono solo le singole multinazionali a cercare soluzioni, anche i singoli paesi imperialisti procedono ognuno per proprio conto, insomma non esistono attualmente paesi che fanno “blocco”!

E questo lo dimostrano gli effetti che questa guerra commerciale ha sui paesi imperialisti e capitalisti della Unione europea, che Trump continua a insultare in ogni modo: «È molto difficile trattare con l’Unione europea, che è stata formata con l’intento primario di approfittarsi degli Stati uniti sul commercio» … «le nostre conversazioni con loro non stanno andando da nessuna parte» … meglio «imporre direttamente dazi del 50% verso l’Ue a partire dal 1 giugno». «Non cerco un accordo con l’Ue», ecc.

Ma questo minacciato aumento dei dazi è stato momentaneamente “congelato” ancora una volta da Trump, dopo aver ricevuto la telefonata della Von der Leyen; è tornato ancora una volta sui suoi passi, ripetiamo momentaneamente, dicendo che è stato lui a concedere tempo fino al 9 luglio, perché gli è stato chiesto.

I paesi imperialisti europei così sperano di prendere tempo per trovare soluzioni che soddisfino le esigenze delle proprie multinazionali e dei propri assetti produttivi: secondo diverse dichiarazioni, l’“Unione europea” propone tassi reciproci uguale a zero (cosa che non può piacere a Trump che ha detto che ha bisogno di soldi freschi e tanti: “Non mi interessa produrre calzini, magliette, ma roba che conta, intelligenza artificiale, computer, chip, equipaggiamenti militari, tanks, carrarmati”), e vorrebbe potersi giocare, in caso di necessità, la carta della tassazione del comparto dei servizi dove invece sono gli USA ad avere il bilancio positivo.

Trump ha detto esplicitamente che vorrebbe trattare paese per paese, cosa sottolineata dal segretario del tesoro USA Bessent che cita la differenza con molti paesi extraeuropei, come l’India e la Cina dove si vedrebbero “prospettive di accordo”, mentre per l’Europa i problemi sarebbero i “negoziati a Ventisette”.

Ma i Ventisette non hanno tutti la stessa posizione sui dazi, anzi, e non partono affatto tutti dallo stesso livello di potenza economica: Germania, Francia, Italia… hanno differenti prodotti interni lordi, così come diverse capacità finanziarie, deficit di bilancio, propensione all’esportazione… e legami più o meno forti anche dal punto di vista politico con gli USA… ci sono infatti, paesi che preferiscono “trattare” sui dazi come la Polonia, l’Ungheria, l’Italia della Meloni che conferma la sua alleanza strategica con gli USA, anziché rispondere con la guerra dei controdazi.

E questi stessi paesi imperialisti sono al contempo impegnatissimi, ognuno per conto proprio, a cercare altri mercati e altri accordi commerciali: Meloni (oggi in Asia centrale), Merz, Macron… tutti in viaggio, soprattutto in Cina, Vietnam e Asia in generale.

Ogni paese imperialista, d’altra parte, come risposta alla crisi e preparazione alla prossima guerra mondiale, ha il proprio programma di riarmo, a cominciare dalla Germania di Merz che ha deciso di investire 1000 miliardi, e l’Italia che intende non solo arrivare al 3,5% o addirittura al 5% del pil richiesto dalla Nato, ma ha messo a punto il proprio “libro bianco”, come ha ripetutamente dichiarato il ministro della guerra Crosetto, che prevede aumento di fondi e militari…

Fino a che punto terrà la posizione della contrattazione unitaria sui dazi di Trump dell’Ue delegata alla Von der Leyen? Visto che mentre la Von der Leyen prova a contrattare a livello centrale già ieri la Meloni e la Metsola hanno attaccato la stessa Ue per i troppi vincoli alle spese e per i “dazi interni”…

Ciò che è sicuro è che questa guerra dei dazi, con i suoi aumenti dei prezzi confermati dai padroni delle multinazionali, si sta scaricando e si scaricherà ancor di più sul proletariato e le masse popolari di tutto il mondo, ma rappresenta anche esplicitamente l’esasperazione della concorrenza a livello mondiale insita nel sistema capitalista tra i vari paesi imperialisti per la nuova spartizione del mondo.

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