La crisi del governo Draghi, inattesa e improvvisa nel suo evolversi e precipitante in elezioni politiche generali assolutamente inedite del ns paese, sul piano strategico non costituisce novità particolare, sul piano tattico comporta un’analisi della situazione da cui discende il nostro agire oggi.
Noi volevamo la caduta del governo Draghi, ma chiaramente come poi è materialmente avvenuta non è come noi avremmo voluto: una caduta frutto dello sviluppo della lotta sociale, che sviluppasse contraddizioni.
Noi non abbiamo mai creduto che il governo Draghi fosse stabile, anche se l’immagine che il governo diffondeva di sé era: “governo dei migliori”, “governo stabile”, alimentata dalla forze che lo sostenevano e dai giornali.
Noi abbiamo sempre chiamato il governo Draghi governicchio, formato da “bande”, squalificato, sempre meno in grado anche di dare l’assetto che la borghesia voleva.
Con lui hanno civettato i sindacati, parti della sinistra considerandolo come un governo “gigante”, un gigante dai piedi di argilla, un governo di unità nazionale, di reciproca convenienza; ma è bastato che il
M5S di Conte accentuasse le critiche sugli aspetti economici sociali e democratici, mantenesse il punto su alcuni temi: sulle scelte del governo sulla guerra/spese militari, reddito di cittadinanza, che Draghi è caduto.La realtà non è mai stata quella descritta da Draghi, questo è stato dimostrata anche dai numeri che smentivano le cose che il governo diceva di sé. Ma è bastato poco e si è visto che i partiti del governo non avevano nessuna forza reale, nessun legame con la realtà. In questo contesto le forze del centrodestra, fasciste, reazionarie, razziste e l’eterno ceto politico di Berlusconi, hanno colto l’opportunità. Draghi, a sua volta, ha operato perché questo disturbo interno al governo fosse cancellato, ma è andato per suonare ed è stato suonato, sfociando in una crisi di governo che nessuno voleva.
La linea di Draghi era antioperaia e antipopolare, di sostegno alla guerra, in forma anche più grottesche della normale vicinanza dell’Italia agli Usa. Il governo Draghi è stato una consorteria di personaggi, in cui è difficile vedere il collegamento tra personaggi, frazioni di partiti e le classi. Quali partiti rappresentano la Confindustria in maniera organica? Questo ha creato un distacco non solo delle masse, ma anche con i referenti diretti di chi vota.
In questa situazione si è inserita la variante, su cui solo noi avevamo insistito: la riduzione dei parlamentari. Questa è stata una riforma istituzionale gravissima: Meno parlamentari vuol dire non meno corruzione ma più dittatura di pochi, più parassiti. Questa riforma produce la massima concentrazione oligarchica, il potere delle segreterie dei partiti, la cancellazione del sistema democratico, e produce un sistema che si auto produce per la legge. E’ una forzatura istituzionale e di Stato che cambia le carte in tavola.
Il carattere concentrato delle elezioni e l’utilizzo della riduzione del numero dei parlamentari ha creato un corto circuito istituzionale, molto vicino ad un colpo di stato istituzionale. Il parlamento con questo sistema appare degli eletti, ma in realtà è di nomina.
Questa situazione oggettiva e il tipo di elezioni prodotto, porta il centro destra a vincere le elezioni.
Ma per essere accettabili è cominciata questa manfrina di esponenti del centro destra che dicono che sono brave persone che non romperanno le uova nel paniere.
Il centro destra cerca di accreditarsi verso la grande borghesia; ma il personale politico rappresentato da questi partiti, che neanche se lo aspettavano, si ingolosisce e si mette in maniera sbracata a dire che cosa sono realmente. Ma quando questi dicono quelli chi sono realmente scatta una molla. I nemici principali della vittoria del centro destra sono gli stessi personaggi del centro destra – e la Meloni cerca di tenerli a bada.
Nella Lega gli esponenti più autorevoli dicono a Salvini: smettila se no perdiamo, il fronte immigrazione non è in una situazione paranoica, non è l’immigrazione che può chiamare a votare settori del popolo.
Da un lato la grande borghesia, Bonomi, tendono a sdoganare la vittoria del centro destra, col discorso che se noi apriamo a questi forse faranno meglio il lavoro. Quindi via via la borghesia tende a riconoscere il risultato elettorale scontato.
Quindi, borghesia, grande stampa, forze clericali questo è l’elemento di pericolo di questo voto.
La borghesia nelle parole di Draghi e gli esponenti principali della Confindustria fanno un attacco al papa. La figura del papa si va indebolendo, l’influenza del papa sulle masse. Le forze clerico fasciste vedono una opportunità di ridimensionare il papa.
E’ sbagliato invece considerare il fascismo elettorale un pericolo. Alimentare un allarme fascista è un errore. Occorre misurarsi con l’orientamento della borghesia, della grande finanza e grande stampa che si mostra disponibile ad accettare un governo a trazione Meloni, Salvini, un governo più docile, più servile, più omogeneo, che permetta alla borghesia di pretendere di più rispetto a Draghi.
Questo spiega la ns posizione di boicottaggio elettorale. Secondo alcuni noi dovremmo prendere in considerazione il pericolo fascista e fare il discorso del male minore. Ma il male minore non c’è.
La lista di Unità Popolare doveva dire chiaro la sua opposizione radicale a questo andazzo e l’individuazione delle forme in cui questo andazzo poteva essere attaccato. In queste elezioni rischia di non avere nessun deputato, quindi essere più debole in parlamento.
Nelle nostre fila riformisti ed allarmisti non ci devono stare. Noi siamo combattivi.
Le elezioni che vengono sono un’opportunità per combattere sia le eventuali forme fasciste del governo, sia per riprendere la lotta di classe sociale e politica che veda più chiaro chi sta da una parte e chi dall’altra.
Noi abbiamo detto: “si facciano le loro elezioni…”, noi dobbiamo rendere visibile l’opposizione proletaria.
Ora è il tempo del coraggio e della visibilità, dobbiamo attivarci con un ruolo di prima fila, manifestare in piazza tutti i giorni, avendo coscienza che in questo modo cresceremo, perché esiste una necessità delle masse proletarie, povere che non è raccolta da nessuna forza in forme organiche.
Terremo d’occhio i primi 100 giorni. Il centro destra nei 100 giorni comporrà il governo e si vedrà se prevarrà l’accreditamento (Agenda Draghi) o la golosità.
Ci sono alcuni termometri che vanno tenuti in conto: Askatasuna (per dare subito il segnale che è finita la pacchia e che devono sgomberare tutti), l’emigrazione (nella considerazione che l’humus razzista sia la carta vincente ), reddito di cittadinanza e repressione delle lotte sindacali, aborto, ecc.
Contro questi attacchi occorre scatenare battaglia. I fascisti sono insignificanti, non fanno ne devono fare paura a nessuno. Invece con il centro destra al governo si possono attivare le forze di polizia che faranno anche forzature sapendo di avere copertura e impunità.
Quindi, ci vuole coraggio, determinazione e visibilità. E potremo avere sorprese positive.
Le masse guarderanno con speranza a chi apre lo scontro subito e sanno bene che chi governerà si tratta di ‘tigre di carta’.
Abbiamo tutte le condizioni ideologiche, politiche e pratiche per essere forze d’avanguardia nella situazione. Non stiamo dietro ai giornali, internet. La guerra civile (classe contro classe, fascismo di Stato e nuova resistenza, rivoluzione e controrivoluzione) che è il nostro obiettivo, parte dalle vittorie parziali.
Dal 1° settembre avanti col boicottaggio attivo!
Avanti con l’Assemblea proletaria anticapitalista!
Avanti nella lotta!
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