venerdì 2 settembre 2022

pc 2 settembre - I padroni stretti nel Patto della fabbrica con i sindacati confederali fanno appello al governo ad aiutare l’industria per garantire meglio i loro profitti

I padroni riuniti in Confindustria, direttamente per bocca di Bonomi, del suo presidente, o attraverso gli articoli del Sole 24 Ore, fanno da tempo pressione sui governi perché diano tutta l’attenzione necessaria alla garanzia dei loro profitti e li aiutino nella concorrenza internazionale.

In questi ultimi giorni ciò vale anche rispetto al governo che verrà, qualunque esso sia. In questo senso con un articolo del 9 agosto scorso, cercano di dimostrare di avere fatto la loro parte, di essere pronti e a posto per quanto riguarda i contratti stipulati a livello nazionale, scaricando la responsabilità di quelli non ancora firmati, e di essere quindi legittimati a chiedere altri soldi.

Ma la coscienza a posto proprio non possono averla e non solo perché sono i più feroci difensori del

sistema capitalistica-imperialista e attraverso i loro rappresentanti politici di fatto detentori del potere borghese dominante, ma perché in tutto questo non citano affatto tutto ciò che riguarda il lavoro di cui tanto parlano.

Da un lato esaltano nei confronti della politica e della pubblica opinione le loro “qualità” imprenditoriali, nascondendo il fatto che se non ci fossero i miliardi a fondo perduto regalati loro dallo Stato, gli “aiuti” sotto ogni forma non solo in denaro, non starebbero in piedi neanche un giorno, dall’altro parlano solo di contratti firmati evitando accuratamente di parlare delle condizioni in cui sono costretti a lavorare queste operaie e questi operai, con quali salari, con quali orari, in quali condizioni di sicurezza sul lavoro (4 morti al giorno), della cassa integrazione subita in tutte le sue forme, dei licenziamenti improvvisi, della pratica ormai costante della delocalizzazione…

Prendiamo in considerazione alcune delle cose che dicono, per esempio che addirittura hanno ribaltato il rapporto che c’era tra quelli scaduti e quelli rinnovati nel settore privato: “… nei rinnovi si osserva un’inversione di tendenza che, nel privato, ha ribaltato la quota di contratti scaduti e contratti rinnovati. Il rapporto, che in passato era più 60%-40%, adesso è infatti diventato 40%-60%, secondo una rielaborazione dei dati Cnel fatta dal dipartimento contrattazione della Cisl, escludendo lavoro domestico e agricolo. Se il terziario ha tutti i tavoli aperti, da Confcommercio a Federdistribuzione, Confesercenti, Coop, con i contratti scaduti da qualche anno, così come il turismo, nel medione [sic] generale, il contributo più rilevante a questa nuova fotografia arriva dall’industria.”

E cioè: “I lavoratori dipendenti ai quali si applica uno dei 60 contratti collettivi nazionali del sistema Confindustria sono quasi 5 milioni e mezzo. Ad oggi sono oltre 4,5 milioni, quindi quasi l’86% del totale, gli addetti che hanno un contratto collettivo in vigore. Se vogliamo guardare a quest’ultima fase, da maggio del 2020, quando è iniziata la presidenza di Carlo Bonomi, ne sono stati rinnovati 36. Andando ancora più nel dettaglio dei dati, sono meno di 500mila (il 9 per cento del totale) i lavoratori interessati da contratti scaduti da poco tempo, non oltre 12 mesi. Nel complesso, quindi, il 95% dei lavoratori ha un contratto che si rinnova in tempi fisiologici. I ritardi più lunghi, ovvero superiori a 24 mesi, interessano 270mila lavoratori, il 5 per cento del totale, e riguardano il turismo, lo spettacolo e l’ospedalità privata.”

La “rielaborazione della Cisl su dati Cnel” riporta il quotidiano dei padroni, dice che “se escludiamo il lavoro agricolo e quello domestico, nel privato ci sono in totale 856 contratti collettivi nazionali che riguardano 13.697.850 lavoratori. Di questi, ad oggi, 346, circa il 40%, sono scaduti e riguardano 6.697.998 lavoratori. Tra le intese scadute, poco meno di una su tre, il 30%, è firmata da Cgil, Cisl e Uil. I contratti vigenti sono invece 510, circa il 60%, e riguardano 6.999.852 lavoratori.

Questa una delle tabelle riportate


Tutto questo, ripetono più volte, grazie al Patto per la fabbrica!

Dice infatti il giornalista: «Due gli elementi da considerare: il primo riguarda il fatto che, pur in mezzo a tante difficoltà che sono nate in questi due anni del Covid, alla fine il sistema delle regole, ossia il Patto della fabbrica, ha consentito di fare i rinnovi.

I padroni, come tanti politici di questi tempi, potremmo dire, parlano senza bastonate, per esempio lodano “Il ruolo del Patto per la fabbrica” in questo modo: “Le regole date nel 2018 attraverso il Patto per la fabbrica, condiviso da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, hanno sicuramente aiutato a trovare delle soluzioni e ad aprire riflessioni sulla centralità che devono avere i contratti per i settori. L’accordo ha ideato un sistema di regole che, per la prima volta, non sono state orientate a comprimere tout court le retribuzioni.Quindi viene detto apertamente che fino ad adesso le “regole” fissate da padroni e sindacati confederali servivano a comprimere semplicemente i salari!

E nonostante le chiacchiere sul Patto così è ancora quando si parla dei salari, visto che l’accordo prevede l’applicazione dell’Ipca (l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell'Unione Europea) per stabilire gli eventuali “aumenti”! Secondo i padroni addirittura gli operai ci avrebbero guadagnato nonostante l’inflazione: “dal 2018, l’anno del Patto per la fabbrica, Confindustria stima un aumento medio delle retribuzioni contrattuali del 4,9% nel triennio 2018-2021.” Perché secondo loro l’inflazione sarebbe stata del 2,8% ma “al netto degli energetici”!!!

Per non lasciare niente al caso dicono pure chiaramente di essere contro il salario minimo.

Ebbene, come si vede, i padroni non si stancano di elaborare piani e “programmi” per i governi per garantire i loro profitti.

I milioni di operai, da quelli metalmeccanici, i “primi della lista” come si vede dalla tabella, a tutti gli altri sono tenuti ad elaborare i loro piani di lotta di classe per rispondere punto su punto.

Sono i temi di cui si parla il 17 settembre all’Assemblea Proletaria Anticapitalista che si terrà alle 14,30 a Roma al Metropoliz di Via Prenestina 913.

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