4.704 esuberi temporanei che nella sostanza preannunciano
licenziamenti. Mai fidarsi degli accordi firmati da padroni e sindacati
confederali!
“Per il suddetto stabilimento di Melfi - scrive l’azienda al
Ministero - in premessa al precedente accordo sindacale stipulato il 25 giugno
2021, è contemplato un piano in materia di investimenti, riorganizzazione,
occupazione e relative misure gestionali per la produzione di quattro nuove
vetture completamente elettriche e multibrand – il cui lancio è previsto
a partire dal 2024 – nonché l’assemblaggio diretto nello stabilimento delle
batterie per le vetture elettriche ivi fabbricata”.
Quel “piano” (e l’accordo), che prometteva che non ci sarebbero stati esuberi, prevedeva comunque una cassa integrazione già per migliaia di operai, il taglio di una linea di produzione, ma il mantenimento della produzione di 400 mila auto l’anno e una serie di “incentivi all’esodo” per gli operai che hanno
raggiunto quasi i mille. È chiaro che questo piano di produzione in questo caso non si sarebbe potuto fare senza spremere fino all’osso ogni operaio sulla linea, aumentando i ritmi e quindi peggiorando di molto le condizioni di lavoro.Adesso però arriva la marcia indietro su “investimenti,
riorganizzazione, occupazione” con frasi che tendono sempre ad ingannare come l’inizio
di questo altro paragrafo: “Contemporaneamente alle necessità connesse alla
realizzazione del piano di riorganizzazione dello stabilimento di Melfi,
illustrato ili 25 giugno 2021, si rende necessario fronteggiare , per gli
attuali modelli in produzione – Jeep Renegade, Jeep Compass e Fiat 500X – gli effetti
della complessiva situazione di mercato nonché le repentine e imprevedibili
mancanze di forniture di componenti di produzione essenziali, dovute alla
perdurante crisi globale dei semiconduttori.”
Che i “modelli in produzione - Jeep Renegade, Jeep Compass e
Fiat 500X”, che erano considerati il fiore all’occhiello dell’azienda (auto per
la classe media) in questo periodo non avrebbero retto la concorrenza e che c’è
una crisi globale di materie prime e soprattutto di semiconduttori, i dirigenti
della Stellantis lo sapevano già al momento della firma del famigerato accordo,
ma hanno voluto, come sempre, scaricare sugli operai tutti i costi. E si scarica
doppiamente quando si fa ricorso all’aiuto dello Stato che concede la deroga
alla cassa integrazione, cosa che dovrebbe essere concordata nell’incontro
previsto per il 20 luglio.
Mentre, quindi, per i padroni della fabbrica di automobili
più grande d’Italia adesso quell’accordo non è più valido, i sindacati continuano
a riempire l’aria, e la testa degli operai, di chiacchiere sulla necessità
degli ammortizzatori e i “pericoli” per l’indotto e per tutta l’area
industriale! Ma invece di dare inizio alla lotta… ne parleranno il 20 luglio al
Ministero.
Gli operai sanno per propria esperienza (e in particolare a
Melfi non ci si dovrebbe mai dimenticare degli eccezionali 21 giorni di
sciopero) che senza una lotta che tenga d’occhio gli accordi questi vengono
lasciati nelle mani dei padroni e dei sindacalisti al loro servizio che ne
fanno quello che vogliono.
E vista la dura “crisi di lunga durata” che si preannuncia è necessario e urgente organizzarsi e prendere la lotta nelle proprie mani!
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