Da Comitato Lavoratori delle Campagne
Ieri, nei dintorni di Parete, località in provincia di Caserta, un bracciante di origine africana è morto, a causa di un malore, mentre lavorava in una serra all'interno della quale la temperatura avrebbe raggiunto e superato i quaranta gradi.
La crisi climatica, causata dallo sfruttamento capitalistico della natura, è ormai una tragica realtà anche nel nostro paese, e quest'ennesima tragedia non fa altro che dimostrare come a pagarne le conseguenze sono, purtroppo, i lavoratori immigrati, i più sfruttati e discriminati, impiegati in gran numero nei distretti agro-industriali.
Quello di Parete è il secondo decesso in Campania in pochi giorni, dopo quello di Falciano del Massico,
sempre in provincia di Caserta. Nonostante questo la regione Campania ancora esita nell'introdurre un'ordinanza simile a quelle emesse dalle regioni Puglia e Calabria, che prevedono il divieto di lavoro all'aperto fra le 12: 30 e le 16:30.Intanto, è notizia sempre di ieri, la procura di Ragusa ha reso noto che per la scomparsa di Dauda Diane, il lavoratore ivoriano sparito il 2 luglio scorso dopo essersi recato al lavoro nel cementificio in cui era impiegato, adesso si indaga per i reati di omicidio e soppressione di cadavere. Dauda aveva testimoniato con un video le terribili condizioni di lavoro del cementificio, privo di ogni misura di sicurezza. Dauda, dunque, potrebbe essere rimasto vittima di un incidente sul lavoro, o peggio, e poi il suo cadavere sarebbe stato occultato.
Nel frattempo a Foggia, dove ieri una grandinata improvvisa ha danneggiato le coltivazioni di pomodoro, olive e uva, continuano, nella totale indifferenza delle istituzioni, pur sollecitate con la mobilitazione dell’11 giugno scorso, le aggressioni ai braccianti immigrati che si recano al lavoro. Grida, pugni, bastonate mentre si dirigono a quegli stessi campi dove poi rischiano di morire per il caldo e la fatica mentre lavorano per garantirci il cibo che il nostro apparato produttivo, in un sistema aberrante e paradossale, fa di tutto per distruggere.
Questo deve rendere ancora più chiaro, se ancora non lo fosse, come la crisi climatica, lo sfruttamento, il razzismo, siano tutte facce dello stesso sistema, che può reggersi soltanto continuando a distruggere natura e vite umane.
Ma a questo destino lugubre i lavoratori e le lavoratrici immigrat sanno di doversi ribellare. Si autorganizzano per difendersi dalle aggressioni, si mobilitano contro le leggi razziste sui documenti.
Solo la lotta può salvare il mondo.
Solo la lotta paga.
Nessun commento:
Posta un commento