La ritirata degli invasori imperialisti USA/NATO/Europa/Italia
dall’Afghanistan avviene a seguito della loro sconfitta, un duro colpo
assestato ai loro piani di egemonia nella contesa mondiale. La loro fuga
precipitosa, che ha persino anticipato i tempi dell’accordo con i talebani, è
l’esito del colossale fallimento di vent’anni di occupazione militare, di
montagne di miliardi per finanziare la loro macchina militare, i mercenari, la
formazione di un regime corrotto al loro servizio e di una rete di Ong come
parte della politica imperialista. Hanno raccontato al mondo la menzogna della
“lotta al terrorismo” mentre i loro eserciti compivano stragi e ogni altro
crimine contro il popolo afghano, coperti dalla propaganda mediatica che
fomentava il messaggio razzista dello “scontro di civiltà”, della democrazia
“da esportazione” con le bombe e con il modello irakeno “Abu Graib”, della
strumentalizzazione dei diritti delle donne afghane. La “superiore civiltà”
imperialista per il popolo afghano ha significato il terrore che viene dal
cielo, dai droni e dagli aerei di guerra, sono le truppe militari che umiliano
i resistenti.
Ma ora la crisi del sistema imperialista mondiale si
approfondisce, il pantano afghano ha costretto gli Usa e l’Europa a rivedere i
loro piani all’interno della contesa interimperialista che alimenta i venti di
guerra.
Ora l’avanzata talebana sembra sorprendere i media asserviti,
megafono della propaganda imperialista. La fuga di militari e di
collaborazionisti si è realizzata bruciando persino i tempi previsti
dall’accordo di Doha con i talebani, che già aveva definito i termini della
sconfitta degli imperialisti. La presa di Kabul da parte dei talebani è anche
il frutto di quell’accordo sottoscritto sulla pelle del popolo afghano.
Ma quale Vietnam!
Nel movimento comunista e antimperialista ci sono valutazioni
e posizioni che fanno il parallelo con il Vietnam e che parlano di vittoria dei
talebani come vittoria di un fronte popolare che resiste in armi, come se
queste forze reazionarie agissero per l’autodeterminazione del popolo afghano.
Noi, proletari comunisti, affermiamo invece che il popolo
afghano non ha vinto e proprio a ragione dell’esperienza della lotta armata in
Vietnam che è stata una guerra di popolo diretta da un Partito comunista, con
le masse popolari protagoniste in armi della propria liberazione in un fronte
unito progressista dirette dal Partito comunista. Per questo noi appoggiamo e
chiamiamo le masse e i proletari del nostro paese e nel mondo a sostenere il
Partito comunista (maoista) dell’Afghanistan e il fronte unito di resistenza
anti talebano e antimperialista, unici strumenti che ha il popolo afghano nella
sua lotta per l’autodeterminazione nazionale, per uno stato di nuova democrazia
in marcia per i socialismo.
I fondamentalisti talebani sono una forza politica e militare
espressione della classe feudale borghese, dei grandi proprietari terrieri pasthun
che vogliono l’Emirato islamico, la loro ideologia è l’edificazione della
dittatura teocratica, è espressione del patriarcato con l’oppressione/sottomissione
delle donne, è la repressione delle minoranze non pasthun (tagiki, hazara e
uzbeki), è la difesa della proprietà privata e lo sviluppo del narcotraffico.
Sono stati sostenuti, finanziati ed armati dall’imperialismo
Usa/Nato/Europa prima (negli anni '80) contro il socialimperialismo sovietico e
oggi ricevono l’appoggio del socialimperialismo cinese, della Russia, dal
fascioislamismo turco, dal reazionario Pakistan, dalle monarchie saudite. La
loro azione sul campo al servizio delle potenze imperialiste ha colpito anche
le formazioni della resistenza antimperialista.
Ora sono tornati di nuovo al governo e devono essere
combattuti. Il sostegno alla resistenza armata, alle forze comuniste,
progressiste, antimperialiste, presenti in Afghanistan è decisivo. L’esperienza
della lotta armata anticolonialista del Vietnam dimostra proprio questo.
Dal comunicato del Partito Comunista (Maoista)
dell'Afghanistan del 28 agosto 2021: “In
breve, la sconfitta degli imperialisti statunitensi in Afghanistan ha
dimostrato la sua bancarotta militare, politica, ideologica e morale, e la
farsa del progetto di costruzione della nazione imposto dall'imperialismo. Ciò
aiuterà a scartare le illusioni e a sviluppare e rafforzare lo spirito di
resistenza e di lotta nelle masse. La natura teocratica e violenta del regime
dei talebani attirerà inevitabilmente masse popolari ad unirsi inevitabilmente
ai ranghi della lotta politica contro di loro. Pertanto, dobbiamo identificare
e analizzare adeguatamente le opportunità e le sfide che il partito e la lotta
rivoluzionaria devono affrontare e prepararci di conseguenza per affrontare le
nuove sfide e incanalare il sentimento anti-talebano delle masse al servizio
del rafforzamento della lotta rivoluzionaria”.
Questo è l’unico programma, queste sono le forze che hanno
bisogno del sostegno del proletariato internazionale e dei contadini e delle
masse povere afghane perché coerenti con la lotta contro i piani imperialisti,
l’oscurantismo religioso, le classi dominanti della società afghana!
Gli imperialisti hanno strumentalizzato la questione dei
diritti delle donne per dare una giustificazione alla loro guerra infinita e le
donne che li hanno sostenuti fanno parte di quel campo. Queste donne oggi sono
scappate assieme ai loro “liberatori” mentre altre donne sono rimaste sul campo
a combattere, armi in pugno, l’avanzata talebana, a “trasformare le loro
lacrime in pallottole”, come le donne dell’Associazione Rivoluzionaria delle Donne
Afghane (RAWA) che affermano: “È uno
scherzo dire che valori come “diritti delle donne”, “democrazia”, “costruzione
della nazione” ecc. facevano parte degli obiettivi USA/NATO in Afghanistan!”
“Sorelle, non commettete l'immolazione, alzatevi per immolare il nemico! Non piangiamo più, ma facciamo piangere il
nemico! La nostra gente si è resa conto che le affermazioni degli Stati Uniti
sulla democrazia, i diritti delle donne e il progresso in qualsiasi paese,
incluso l'Afghanistan, sono una palese bugia, noi donne possiamo spezzare
questo incantesimo di paura sollevandoci contro i nemici e assediandoli con il
fuoco della nostra resistenza”.
Lotta
contro l’imperialismo italiano
Il 9 ottobre 2001 il Parlamento italiano approvava quattro
risoluzioni (bipartisan) che impegnavano l’Italia a onorare i suoi obblighi di
membro della Nato, dando il suo sostegno all’operazione Enduring Freedom,
scattata due giorni prima come ritorsione agli attentati dell’11 settembre. Un
mese dopo, le Camere votavano a larghissima maggioranza a favore dell’intervento
militare, che prendeva il via il 18 novembre. Per la prima volta nel
dopoguerra, alle truppe italiane si applicava in modo esplicito il codice
militare di guerra (introdotto nel 1941).
Nel nostro paese dobbiamo combattere il nostro imperialismo
che ha preso parte all’occupazione per la decisione di tutti i governi
succedutesi, di centro destra come di centrosinistra, e che ha commesso crimini
di guerra contro le masse afghane. La “missione di pace” è stata propagandata
con le menzogne dei soldati italiani che lavorano per aiutare la popolazione e
proteggerla dagli estremisti islamici mentre il loro vero lavoro erano le
azioni di guerra che hanno portato morte e distruzione, il terrore tra la
popolazione che hanno chiamato “danni collaterali”, e hanno fornito l’addestramento
delle truppe del regime fantoccio, come il movimento antimperialista e quello
pacifista denunciavano già prima dei files di Wikileaks.
Tutti questi rappresentanti del potere della borghesia
imperialista italiana spiegheranno il fallimento della missione in Afghanistan
ai famigliari dei soldati uccisi e ai lavoratori italiani? Non lo faranno mai,
è ovvio. Significa ammettere che si è trattato di una guerra illegittima a un
popolo oppresso per tenerlo piegati sotto il tallone di ferro delle truppe
d’occupazione perché l’Italia si riservasse un “posto al sole” tra le potenze
imperialiste con buona pace della Costituzione che “ripudia la guerra” e dello
stesso diritto internazionale borghese. Per l’Europa e per l’Italia è contato –
e conta ancora- il controllo di un nodo importante ricco di idrocarburi, non di
certo lo sviluppo sociale del popolo afghano.
Il propagandato ritiro dall’Afghanistan delle truppe italiane
in realtà è un loro dispiegamento nel Sahel e in Iraq, dove proprio l’Italia
assumerà il comando della missione.
Un recente report di Milex riporta l’impatto finanziario sostenuto dall’Italia sul teatro afghano a partire dal 2001 che si aggira sui 6,77 miliardi di stanziamenti diretti a cui va aggiunto l’esborso di 720 milioni di euro a sostegno delle forze armate e di polizia afgane (120 milioni l’anno a partire dal 2015) e circa 925 milioni di spese aggiuntive relative al trasporto truppe, mezzi e materiali da e per l’Italia, alla costruzione di basi e altre infrastrutture militari in teatro, al supporto d’intelligence degli agenti AISE, della protezione attiva e passiva delle basi, alla protezione delle sedi diplomatiche nazionali e alle attività umanitarie militari strumentali (CIMIC, classificate all’estero, con più realismo, come Psy Ops, cioè guerra psicologica: aiuti in cambio di informazioni) per arrivare ad una cifra totale di 8.418 milioni di euro a fronte di un sostegno a interventi di cooperazione civile valutabile in circa 320 milioni di euro.
Fiumi di
denaro pubblico sottratte ai bisogni dei proletari, dei lavoratori, delle masse
del nostro paese che gli dovranno presentare il conto.
Questo
governo ha rafforzato il protagonismo della borghesia imperialista italiana, ha
aumentato le spese militari, le risorse per le missioni internazionali, ha adottato
una politica che potenzia il “sistema Difesa”.
Il primo
Ministro Draghi al G7 ha proposto di reimpegnare i fondi originariamente
destinati al sostegno alle forze afghane verso programmi di assistenza (20
milioni di euro n.d.r.) . Allo stesso tempo – ha aggiunto il ministro - dovremo
vigilare che l’accesso umanitario al Paese sia garantito”.
Secondo
quanto riferito dal ministro della Difesa, Guerini, nell’informativa del 24
giugno al Senato, l’Alleanza Atlantica continuerà il suo impegno in forme
diverse: «la chiusura della missione non è un abbandono del campo, ma l’impegno
si evolve ed è essenziale che non venga mai meno». L’Alleanza ha confermato la
volontà di mantenere un impegno significativo al momento fino al 2024. «Siamo
in una fase nuova, tutti gli alleati stanno dato segnali convergenti
sull’impegno in Afghanistan. Il nostro ruolo rimarrà attivo capitalizzando i
frutti degli impegni di questi 20 anni»
Gli analisti
al servizio dell’imperialismo, come quelli che scrivono per i sito “formiche”,
scrivono: “su iniziativa dell’Italia, che
quest’anno ha la presidenza del G20, forse si terrà in settembre un G20
“straordinario” sull’Afghanistan – se possibile “aperto” ad altri Paesi
interessati alla crisi finanziaria e umanitaria dell’area – prima del G20
“ordinario” in calendario per il 30-31 ottobre a Roma”.
Ora serve la
lotta per contrastare i piani imperialisti che vuol dire principalmente lottare
contro il proprio imperialismo con la mobilitazione delle masse popolari contro
le basi unita all’opposizione dei lavoratori classisti. Le recenti lotte dei
portuali a sostegno della resistenza palestinese sono un esempio da estendere e
rafforzare.
Così come dobbiamo
fare sentire la voce della solidarietà internazionalista alle forze combattenti
della resistenza afghana, comuniste e rivoluzionarie, che non intendono piegarsi
all’oscurantismo reazionario del nuovo Emirato islamico, pedina dell’imperialismo.
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