Raduno Casapound: dopo Milano,
no da Castano Primo: "Ingannati". E un gruppo di militanti minaccia
il sindaco
I 'fascisti
del terzo millennio' spostano la festa nazionale dopo le polemiche, ma arriva
la revoca dell'autorizzazione dal comune della provincia:
"Raggirati". Il leader attacca l'amministrazione Pisapia:
"Talebani"
di PAOLO
BERIZZI
10 settembre
2015
CasaPound, la sfida dei
militanti: «L’evento nazionale si farà»
Vertice sulla sicurezza in
prefettura. Bussolati: giusto respingere chi ha valori contrari alla
Costituzione
di Elisabetta Andreis e Francesco Sanfilippo
Neanche il tempo di annunciarla, e subito è sfumata. O
forse no. È giallo sulla festa nazionale di CasaPound che stasera dovrebbe
aprire in una struttura del Comune di Castano Primo, a 50 chilometri da Milano.
Il condizionale è d’obbligo perché giovedì pomeriggio l’associazione di estrema
destra si è vista revocare l’autorizzazione dal sindaco Giuseppe Pignatiello.
In teoria restava quindi col cerino in mano, senza un luogo dove accogliere gli «oltre 3 mila
simpatizzanti attesi da tutta Italia». In pratica però, fino a tarda sera, una ventina di attivisti erano lì. Ad allestire il palco e distribuire volantini per la tre giorni di kermesse. Beffardo il presidente del movimento, Gianluca Iannone, alzava le spalle con il boccale di birra in mano: «La nostra festa è qui, la facciamo comunque». Qualche carabiniere vigilava giovedì sul raduno, in attesa della decisione finale del prefetto. Che non è arrivata, neanche col buio. Per venerdì, però, Francesco Paolo Tronca ha convocato un nuovo comitato. La festa, con tanto di dibattiti, spettacolo di burlesque e torneo di box e calcetto, comincerebbe alle 18. Poi gli interventi della Lega (Gianluca Buonanno, Raffaele Volpi e Paolo Grimoldi), di Forza Italia (Giulio Gallera e Lara Comi) e di Scelta Civica (Stefano Dambruoso).
In teoria restava quindi col cerino in mano, senza un luogo dove accogliere gli «oltre 3 mila
simpatizzanti attesi da tutta Italia». In pratica però, fino a tarda sera, una ventina di attivisti erano lì. Ad allestire il palco e distribuire volantini per la tre giorni di kermesse. Beffardo il presidente del movimento, Gianluca Iannone, alzava le spalle con il boccale di birra in mano: «La nostra festa è qui, la facciamo comunque». Qualche carabiniere vigilava giovedì sul raduno, in attesa della decisione finale del prefetto. Che non è arrivata, neanche col buio. Per venerdì, però, Francesco Paolo Tronca ha convocato un nuovo comitato. La festa, con tanto di dibattiti, spettacolo di burlesque e torneo di box e calcetto, comincerebbe alle 18. Poi gli interventi della Lega (Gianluca Buonanno, Raffaele Volpi e Paolo Grimoldi), di Forza Italia (Giulio Gallera e Lara Comi) e di Scelta Civica (Stefano Dambruoso).
«L’alternativa? Piazza Duomo»
Come ricostruisce lo stesso sindaco, eletto in una
lista civica e appoggiato dal Pd, La Focosa (il cui presidente è poi Massimo
Trefiletti, anche responsabile milanese di CasaPound) ad agosto aveva chiesto
il permesso per un programma «interessante con convegni su vari aspetti dello
sport», che era stato autorizzato. Giovedì la scoperta: «Veniamo a sapere solo
adesso che dietro c’è l’associazione di estrema destra e addirittura per la sua
festa nazionale. Siamo a dir poco sbigottiti. Macché CasaPound, qui», aveva
chiuso (in teoria) la porta il sindaco poche ore dopo la conferenza stampa in
cui la location, non a caso tenuta segreta fino all’ultimo, era stata svelata.
Con la presenza a sorpresa di Vittorio Feltri, che si era scagliato contro il
Comune di Milano.
«Le polemiche che hanno accompagnato questa festa lasciano basiti e arrabbiati - ha detto Feltri -. La sinistra mostra la solita ostilità preconcetta nei confronti di un movimento che si muove e fa politica nel rispetto del codice». E Iannone: «Decidere chi può o non può parlare è brutalità, e chi lo fa è un talebano». E se alla fine dovesse arrivare il divieto alla festa? «Semplice, andiamo in piazza Duomo in tremila - ha risposto Iannone ad Affaritaliani -. Magari occupiamo anche quello, così viviamo al meglio la città».
«Le polemiche che hanno accompagnato questa festa lasciano basiti e arrabbiati - ha detto Feltri -. La sinistra mostra la solita ostilità preconcetta nei confronti di un movimento che si muove e fa politica nel rispetto del codice». E Iannone: «Decidere chi può o non può parlare è brutalità, e chi lo fa è un talebano». E se alla fine dovesse arrivare il divieto alla festa? «Semplice, andiamo in piazza Duomo in tremila - ha risposto Iannone ad Affaritaliani -. Magari occupiamo anche quello, così viviamo al meglio la città».
Ragioni di sicurezza
La decisione del sindaco, «doverosa di fronte a quelle
che sono risultate false dichiarazioni», è anche dovuta a ragioni di sicurezza,
si barcamena Pignatiello: «Non potevo dare autorizzazione a occupare una struttura
che contiene duecento persone per una manifestazione che ne radunerebbe molte
di più». Ora la parola passa al prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca. Con
CasaPound non solo decisa a esserci ma anche ad uscire allo scoperto: «Negli
ultimi mesi i passi con la Lega ci hanno dato più visibilità - conclude Iannone
-. Cerchiamo il confronto. Per chi non lo vuole capire CasaPound è un movimento
che esiste».
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