giovedì 9 luglio 2015

pc 9 luglio - Referendum in Grecia - un primo commento per il dibattito di proletari comunisti - prima parte

Il referendum in Grecia ha sancito il NO della maggioranza delle masse greche ai diktat-ricatto dei governi imperialisti europei, capeggiati dalla Germania e delle Istituzioni finanziarie internazionali rappresentate dalla cosiddetta “troika”.
Il NO ha vinto molto nettamente. nonostante la sfrenata campagna 'terroristica' dei fautori del Si a livello internazionale e nazionale suffragata dal blocco delle banche. 
Hanno detto NO nella grandi città come, cosa importante, nelle città minori, nelle campagne che un tempo erano alternativamente basi di massa della destra governativa greca o della socialdemocrazia asservita ai governi imperialisti e alla borghesia greca. Hanno detto NO i giovani, sensibili alle istanze della democrazia e della libertà pesantemente attaccate e al 'No future' prospettato dall'Europa imperialista a guida tedesca,
Il NO è stato il frutto dell'onda lunga dei movimenti di lotta, scioperi generali, manifestazioni, assedi, ribellioni, scontri che hanno caratterizzato la Grecia degli ultimi anni; del voto a Syriza che per una parte rilevante della masse greche è stato una continuazione di quella lotta; e infine è stato il frutto dell'ulteriore salto di qualità dei governi imperialisti a guida tedesca, operato nelle ultime settimane e alla vigilia del voto, avente l'obiettivo esplicito del rovesciamento del governo Tsipras, della creazione di un governo di unità nazionale che rappresentasse questo rovesciamento della situazione e che creasse un clima di sfiducia ed abbandono da parte delle masse, tale che le riportasse integralmente sotto il tallone di ferro dell'Europa imperialista e della Troika 'tedesca'.
Si può quindi dire senz'altro che la vittoria del NO, che anche noi avevamo auspicato nel nostro comunicato precedente al voto – posizione, quindi, differente da quella del PCG ml e KKE – ha rappresentato una risposta, parziale ma positiva, all'attacco in corso.

Detto questo, non cambia la sostanza dello scontro in atto.
Sotto questo punto di vista, il referendum è un rilancio e un “bluff” di Syriza, ma riuscito sul piano tattico. Perchè Syriza ferma temporaneamente i progetti di sua sostituzione e torna al Tavolo come interlocutore non sostituibile, cosa che con il Sì non ci poteva essere. Syriza rimanda quello che noi avevamo chiamato “suicidio in diretta” - forse da parte nostra, con una visione pessimistica e eccessivamente immediatistica della partita e degli esiti del referendum.

Torniamo alla sostanza però. 
Non è vero che tra le proposte economiche di Syriza e quelle della Troika ci sia tanta grande distanza.  L'accordo sarebbe possibile se si guarda ai dati economici. 
Nello stesso tempo non è vero che le proposte di Syriza e l'eventuale nuovo accordo difendano le condizioni di vita e di lavoro dei proletari e delle masse popolari greche. Nessun governo espressione di elezioni parlamentari in Grecia è in grado di fermare lo scaricamento della crisi sui proletari e le masse greche.
In questo senso noi siamo integralmente dalla parte di chi lotta nella Grecia di Syriza, contro lo stesso governo Syriza; dalla parte di quelle forze politiche e sindacali, della gioventù ribelle che non affidano a Syriza e ai suoi referendum la difesa immediata delle condizioni di vita e di lavoro, dei diritti, della libertà, della democrazia e il futuro dell'alternativa all'imperialismo, alla borghesia greca.
In questo senso la situazione non è cambiata. Guai a trasformare il NO in rinnovata fiducia nella trattativa e nell'attuale governo, e non invece in un ulteriore incoraggiamento alla lotta attraverso scioperi generali, rivolta popolare che facciano tremare realmente l'Europa imperialista e i suoi governi, verso una prospettiva rivoluzionaria per il socialismo.

Prospettiva rivoluzionaria per il socialismo a cui non sono certo attrezzati gli stessi partiti che si chiamano comunisti che perseguono la via elettorale, né i grilli parlanti troskisti. Queste sono forze tutte che comunque perseguono la via pacifica e parlamentare che non può essere il centro dello scontro in atto in Grecia e nello scenario europeo.

Le posizioni “fuori dall'euro”, “fuori dall'Europa”, nel contesto dell'attuale sistema imperialista e con le vie permesse dall'attuale sistema (elezioni, referendum, ecc.) sono posizioni o cavalcate dalla destra o impotenti a cambiare realmente le condizioni di vita e di lavoro dei proletari e delle masse greche. 
Le posizioni che fanno affidamento sulle contraddizioni interimperialiste esistenti sia nel blocco occidentale - gli Usa non condividono certo geopoliticamente la linea dura dell'imperialismo tedesco, perchè gli Usa hanno interessi economici, politici, strategici più importanti che il duello euro/dracma; sia originate dal ruolo di Russia e Cina che pure evidentemente agiscono in questa contesa per interessi propri - ma anche Russia e Cina e le loro classi dominanti imperialiste e socialimperialiste fanno parte comunque dello stesso sistema mondiale economico e finanziario che non vuole una riproposizione e un ulteriore accentuazione della devastante crisi che il fallimento greco, ecc. potrebbe comportare, sono sbagliate e impotenti.
Affidarsi quindi a queste contraddizioni come “alleate” è una via che non porta a nessun risultato tangibile per i proletari e le masse greche.

prima parte
9 luglio 2015

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