Marlane, tutti assolti gli imputati: non ci fu omicidio colposo e disastro ambientale
Tutti assolti. Dopo dieci ore di camera di consiglio è questa la conclusione a cui sono giunti i giudici del Tribunale di Paola, in provincia di Cosenza, al termine del processo per la morte di un centinaio di operai dell’ex stabilimento Marlane di Praia a Mare, uccisi, secondo l’accusa, dai vapori respirati nella lavorazione dei tessuti. Una tesi non condivisa dal Tribunale che invece ha assolto i 12 imputati, tra i quali Pietro Marzotto, ex presidente del gruppo, accusati a vario titolo, oltre che di omicidio colposo, anche di disastro ambientale.
I giudici del Tribunale, evidentemente, non hanno riscontrato il nesso di causa-effetto tra i vapori respirati dagli operai e le morti che si sono verificate nel corso degli anni. Ma per sapere quale è stata la loro interpretazione delle perizie e delle testimonianze che si sono succedute in aula, bisognerà attendere le motivazioni che saranno depositate tra 90 giorni. Nella loro requisitoria, il 21 settembre scorso, i pm Maria Camodeca e Linda Gambassi, avevano chiesto la condanna di 11 dei 12 imputati: 10 anni per l’ex sindaco di Praia a Mare, Carlo Lomonaco, imputato in qualità di ex responsabile del reparto tintoria; 6 anni per Pietro Marzotto; 5 anni per Silvano Storer, ex amministratore delegato del gruppo, Jean De Jaegher, Lorenzo Bosetti, ex sindaco di Valdagno (Vicenza) e consigliere delegato e vicepresidente della Lanerossi e Ernesto Antonio Favrin; 8 anni per Vincenzo Benincasa; 3 anni per Salvatore Cristallino; 4 anni e 6 mesi per Giuseppe Ferrari; 7 anni e 6 mesi per Lamberto Priori; e 3 anni e 6 mesi per Attilio Rausse. L’assoluzione era stata chiesta, invece, per Ivo Comegna per non aver commesso il fatto.
Gli imputati sono stati rinviati a giudizio nel novembre 2010 dopo una inchiesta della Procura di Paola durata dieci anni che ha rappresentato la sintesi di tre diversi filoni di indagine, il primo dei quali risalente al 1999 e gli altri al 2006 ed al 2007. I periti nominati dai magistrati hanno sostenuto che esiste un nesso di causalità tra la morte degli operai e le esalazioni tossiche sprigionate dai coloranti utilizzati nella produzione, in modo particolare nel reparto di tinteggiatura. La sentenza di stasera chiude un processo iniziato il 19 aprile 2011, ma, di fatto, cominciato veramente l’anno successivo, il 30 marzo 2012, dopo ben sei rinvii.
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Stralci dal comunicato della Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul territorio emesso dopo la sentenza Eternit in Cassazione......lo Stato borghese prima o poi assolve i suoi padroni assassini.
Le corti d'appello, la Cassazione sono le fogna a cielo aperto in cui si consuma il più grave dei crimini, quello di rendere legale, legittimi e impuniti le morti sul lavoro, da lavoro, da disastro ambientale per il profitto dei padroni.
La sentenza Eternit dice che il reato di disastro ambientale "non è perseguibile"; così come alla fine con la stessa logica non sono perseguibili le stragi, gli assassini sul lavoro, ecc... I governi dei padroni, oggi Renzi, con pacchetti di legge rimuovono via via anche l'obbligo dell'osservanza delle norme di sicurezza. La Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territorio, ha sempre cercato di essere avanguardia e sostegno di tutti coloro che hanno richiesto giustizia, risarcimenti nei processi, ma ha sempre detto, fin dal primo giorno in cui è nata, che lo Stato del capitale, i suoi Tribunali e i suoi giudici - anche quelli più impegnati e volenterosi - non sono in grado di dare giustizia e che quindi i Tribunali non potevano e non possono essere teatro di semplice contesa legale ma occasione di denuncia e scontro, uno dei terreni, non il principale della lotta di classe. Perchè solo una rivoluzione politica e di massa poteva e può mettere fine ad un sistema che mette il profitto al primo posto ai danni della vita degli operai, delle popolazioni nei territori.
Questa battaglia va ripresa esplicitamente dalla fine e per questo fine
Lavorare perchè anche i tribunali siano terreno di scontro tra masse e Stato, lavorare perchè ogni processo diventi un processo popolare, lavorare perchè ogni occasione come queste servano il lavoro per la rivoluzione...
...facciamo appello ad entrare in questa nuova logica, affinchè si costruisca insieme questa nuova fase della battaglia.
Per condurre adeguatamente questa battaglia occorre anche scegliere il terreno su cui questo costituisca un fatto reale e un nuovo segnale.
E' evidente a tutti che il processo a Padron Riva e complici a Taranto è una sorta di "madre" di tutti i processi di questo genere...
Serve una riunione nazionale a Taranto nel futuro e tocca a noi che la Rete l'abbiamo proposta, animata in questi anni convocarla anche eventualmente per dichiarare conclusa questa esperienza nelle forme attuali e pianificare insieme come proseguirla.
Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e sul
territorio
bastamortesullavoro@gmail.com
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