mercoledì 8 settembre 2010

pc quotidiano 7-8 settembre - lotta di classe a marghera

Dal processo di costruzione del Sindacato di Classe dei Cobas a Marghera dentro Fincantieri vengono degli insegnamenti che noi comunisti dobbiamo imparare a dominare meglio nel lavoro politico tra le masse proletarie.

Innanzitutto precisiamo che stiamo parlando di una realtà industriale in continuo movimento, composta da migliaia di uomini (ed anche donne) che quotidianamente entrano a fiumi nei meandri infernali dei cantieri di Marghera, spesso rischiando la vita, vivendo permanentemente in condizioni di lavoro estremamente precarie e dannose per la salute.

Una realtà che vede alcune altre migliaia di lavoratori fluttuanti, che in parte si sostituiscono successivamente ai precedenti, in parte si spostano. Marghera nell’organigramma di Fincantieri vede appalti collegati in particolare a Monfalcone, ma anche a Genova-Sestri ed Ancona.

In questa realtà, che venticinque anni fa era ancora composta essenzialmente da due uniche aziende, Breda cantieri navali e Navicolor (che operava nel settore della verniciatura delle navi), operano ora centinaia di imprese di appalto e subappalto.

I settori in cui operano, a parte l’ultimo stadio del prodotto finale, l’avviamento e la messa in mare e la prima crociera, ove entrano in gioco gli armatori come Costa ed altri, sono parte di un complesso processo produttivo definito nei minimi particolari da Fincantieri, e delegato ad una miriade di costruttori ed addetti ai montaggi. Una serie di capannoni ove vengono costruiti i “blocchi”, le parti della nave, attraverso processi costruttivi di carpenteria, molatura, saldatura, quindi una costruzione successiva, con le condutture, le tubazioni, gli impianti, quindi la sovrastruttura interna, infine i dettagli, l’arredamento, le finiture, le luci, e via dicendo.

Se tutto questo un tempo era gestito da una unica azienda, sia la conflittualità operaia, sia le rivendicazioni sindacali, sia le conquiste, sia la difesa rispetto alle condizioni di lavoro (ricordiamo che l’unico sciopero totale riuscito sinora in Fincantieri e non indetto dalla Fiom è stato nel 1995 quello indetto dalla Associazione esposti amianto, dopo anni di tentennamenti della Cgil), erano affrontabili non certo semplicemente, ma in termini complessivamente unitari.

Oggi invece, gli appalti ed i subappalti sono il sistema di sfruttamento stesso, l’”impianto” della gran parte del plusvalore estorto dai padroni, la “valvola” che NON DEVE saltare, perché saltando questa, è l’insieme dei rapporti sociali e politici non solo della fabbrica, ma dell’intera città di Venezia, che salterebbero.

Non a caso la prima delle etnie dei lavoratori impiegati è il Bangla Desh. Per una serie di circostanze, chi li ha assunti, sono padroni che in precedenza spesso erano sindacalisti, od operai essi stessi, e che quindi “concordano” con Cgil, storicamente, molte questioni, certo metodologicamente, senza o comunque prima di sentire come la pensano i lavoratori.

Quando questo punto di conflitto infatti venne alla luce, una delle avanguardie operaie di questa etnia, venne incarcerato per droga, e la montatura servì a contenere il conflitto sociale. Erano gli anni ’90, il trend economico della crisi era diverso, i dividendi delle avventure imperialiste in cui l’Italia stessa si era inserita, erano ben più corposi di oggi.

La stessa politica della Cgil era meno soggetta ai ricatti padronali.

Con la legge Treu e la legge Biagi, si apre una situazione complessivamente diversa, e questo non manca di riversare i suoi effetti anche in realtà industriali come questa, dove il lavoro si svolge per “commesse”, e quindi, pur essendovi aziende che hanno storicamente la “fiducia” di Fincantieri, ve ne sono anche altre che si trovano con minore sicurezza ad operare. Tuttavia il distinguo è secondario, e non deve essere certo inteso a giustificare una realtà di supersfruttamento e di precarietà, soprattutto perché A TUTTI I LIVELLI in Fincantieri a Marghera si opera selettivamente ad espellere quelle avanguardie che non stanno dentro le compatibilità decise dai padroni e dentro i limiti decisi dai vertici confederali che controllano la Rsu.

Riprendendo l’esposizione, abbiamo circa 1.200-1.300 lavoratori diretti di Fincantieri, tra impiegati, capi, responsabili, e semplici operai professionali. Questi sono in buona parte italiani.

Abbiamo poi impegnati circa 2.500 lavoratori di tutto il mondo. Un paio di centinaia sono operai specializzati inglesi e di altre nazioni europee, certo oltre i cinquecento e poco meno di mille, sono i lavoratori del Bangla Desh. Al di là di quanto risulta in busta paga, molti di loro lavorano a 6 euro all’ora, cioè restituiscono la differenza dalla somma delle 8 ore moltiplicate per 6 euro, rispetto a quanto bonificato. Il padrone se li fa ridare persino dentro l’agenzia Unicredit interna alla Fincantieri stessa, oppure se li va a prendere davanti alla banca dopo il bonifico o l’assegno, o, ancora, la sera il lavoratore dopo aver percepito il salario va fuori fa un bancomat e passa ad un galoppino magari suo connazionale, i 300-400 euro per il padrone.Vi sono poi indiani, croati, cinesi, africani, tunisini, marocchini, albanesi, russi, moldavi, polacchi, ecc., molti i rumeni, che accettano anche 3 euro all’ora sottobanco (ossia restituiscono la differenza sulla busta paga con il sistema visto prima, o lavorano senza regolarizzazione).

I filippini lavorano in Costa, per esempio, non per essere pagati “meno”, ma perché molto piccoli, così hanno stanzine piccole nelle navi, e sono loro poi che fanno andare avanti le crociere.



Tutto questo lo sanno tutti. Si va anche a vedere i bonifici, sono inferiori al netto busta in molte aziende. Ma addirittura, c’è un sistema opposto. La busta paga arriva a 1.150 per esempio, ma il bonifico arriva in banca con 1.600 euro (magari ha lavorato 228 ore a 7 euro l’ora). Però per venire in Italia il lavoratore ha contratto un debito verbale di 10.000 euro, e quindi restituisce 300 euro al mese.

Altra evasione fiscale del padrone, che ora è meno “grave” grazie alla defiscalizzazione degli straordinari voluta da Berlusconi, è quella della trasferta. La trasferta viene riconosciuta anche 30 giorni su 30, anche al suo massimo (46,48 euro al giorno), dalla Fincantieri, alla ditta di appalto, la quale NON la paga al lavoratore. Ecco che avere lavoratori dipendenti, dopo essere stati per 10 anni degli zelanti lecchini del padrone, ha i suoi vantaggi. 20 lavoratori dipendenti per 1.200 euro di trasferta al mese sono 24.000 euro. Come pensare che finiscano solo nelle tasche del titolare dell’appalto ?

Siamo evidentemente ad un passaggio importante, siamo nella produzione di plusvalore (Fincantieri verso il committente della nave) ma anche a ritroso (il superprofitto si fa accumulazione ORIGINARIA, furto vero e proprio).

Vari lavoratori riferiscono al Cobas che sono corrotti anche i sindacalisti Cgil-Cisl-Uil, e che addirittura a fine anno passano a prendere il premio di “produzione” in nero da ogni singolo padroncino.

E’ normale (non eccezionale) per loro darsi del tu con i titolari delle imprese.

Come pensare che queste siano solo “calunnie” di lavoratori peraltro “ignoranti” e che “conoscono poco e male l’italiano” ?

Il modo di produzione in Fincantieri quindi è anche razzista e il controllo sindacale confederale in particolare della Fiom non è antitetico ad esso.

CHE COSA NE PUÒ DIRE DUNQUE AL RIGUARDO UN DELEGATO MILITANTE DELL’OCI, ISCRITTO ALLA FIOM, CHE SI BATTE CONTRO IL RAZZISMO IN POLITICA E CHE IN CAMPO SINDACALE PARTECIPA ALLA RSU CHE E’ DIRETTAMENTE IMPEGNATA A TENTARE DI ESCLUDERE E DISCRIMINARE IL COBAS ?



PER SPIEGARE QUESTO PASSAGGIO OCCORRE FARE UNA DISGRESSIONE TEMPORALE.

NON PAREVA CHE VI FOSSERO GRANDI TIMORI ALL’INIZIO DELL’ANNO. Dopo che per lunghi mesi la vertenza degli operai tunisini e di Aziz Metal-Italiana Impianti aveva avuto dei successi e dei riscontri (tra cui il ritiro dell’appalto da parte di Berengo spa, storica azienda operante per Fincantieri, e ora una delle centrali di governance dei subappalti in Fincantieri) si era avuto il naufragio della vertenza causato da eccezionali fattori nazionali di pressioni e ricatti, della vertenza: il Presidente della Repubblica Tunisina che ha lodato in televisione uno dei titolari, il referente tunisino Daoud Bouschak, ha fatto da volano ad un fallimentare tentativo di scippare la vertenza al Cobas passando per alcuni avvocati di area Cgil, senza che i lavoratori firmassero le deleghe per la denuncia penale del Bouschak, che è bene introdotto nelle amministrazioni provinciali e regionali), Va detto che se prima i tunisini che venivano in Italia pagavano 4-5 mila euro al poliziotto – tramite di turno, ora la tariffa, estesa anche alle DONNE, È DI 10 MILA ANTICIPATI.

TIMORI che sono riesplosi subito dopo l’apertura della vertenza economica e contro i demansionamenti e trasferimenti, in Bensaldo e Sonda, due aziende di proprietà del “principe” del Bangla Desh a Mestre, il sig.Mohammed Alì, bene introdotto anche negli ambienti no-global, tanto da pagare 8.500 euro di affitto per una festa nazionale bengalese da lui finanziata, tenutasi nella scorsa primavera al “centro sociale Rivolta”.

Ne è seguito anche uno sciopero il 28 maggio, che ha visto il boicottaggio della Fiom, e sui media sono ricomparsi, già a febbraio, articoli e prese di posizione sulla indagine stoppata in Procura, e sulle minacce di morte ad alcuni operai denuncianti, appartenenti al Cobas. La cosa significativa è che in occasione delle giornate di pubblicistica mediatica del 2010, è che né il PD né il PRC né il PdCI hanno preso posizione, ma solo la Lega, la Cisl, e ultima, la Rsu Fiom, ma contenendo genericamente la problematica, e senza nominare mai il Cobas, in un comunicato stampa. La tattica della Fiom è quella del parlare male del Cobas senza scrivere.

Del resto anche nel 2009, quando Pipeschi era ancora a Venezia, c’era il terrore inizialmente di parlare dei Cobas, tanto che fu il giornalista Pasqualetto ad aprire il battage sul Corriere del Veneto, prima ancora che venissero fatte le perquisizioni.



ECCOCI DUNQUE ALLA RISPOSTA SULLE DISCRIMINAZIONI SINDACALI CONFEDERALI E FIOM VERSO IL COBAS.

Esempi di questo possono esserne fatti diversi. Siccome il Cobas non è ancora passato tra gli operai diretti di Fincantieri, un primo argomento che i delegati Fiom utilizzano verso gli operai che contestano alcune carenze sindacali loro, è che “comunque il Cobas non può entrare, non è riconosciuto da Fincantieri”. Non è mancanza di riconoscimento, è che gli operai diretti italiani sono rigidamente collocati tra le centrali sindacali, tanto che una presenza di un Cub tra gli operai italiani da anni ed anni non è mai riuscita ad uscire allo scoperto.

Un altro esempio è quando un operaio iscritto al Cobas subisce una angheria e si rivolge anche alla Rsu per avere un aiuto diretto sul campo. Generalmente c’è stato anche un periodo di scambi comunicativi diretti tra il Cobas e dei delegati Rsu, ma poi succedeva comunque immancabilmente che gli veniva detto: “Non fare quello che ti dice il Cobas, perché stai nel Cobas, vieni in Cgil e ti mettiamo delegato della tua azienda”. Ovviamente nel 99 % dei casi questi blandimenti cadono inascoltati, ma sono avvenuti molte volte, e molte volte gli operai del Cobas li hanno riferiti ai loro compagni di sindacato.

Un altro esempio grave è l’assemblea svolta con i responsabili locali delle 3 federazioni sindacali e con i lavoratori di Bensaldo, Sonda e Ship Building (neonata creatura intestata ai parenti diretti del sig.Mohammed Alì), assemblea per la concessione all’azienda della CIG, indetta senza la ns.presenza, e CIG concessa a detrimento delle vertenze per il corretto riconoscimento delle ferie. Cosa che il Cobas ha apertamente denunciato. Da notare che dell’assemblea gli operai avevano appreso dal padrone e non dalla Fiom stessa !

Un esempio più grave è quando un gruppo di operai di un appalto vuole aderire in blocco al Cobas, perché magari il padrone non paga la 13° o l’irpef a credito. Allora i delegati Fiom dicono loro: “se poi però l’azienda chiude, NOI possiamo farvi riassumere da un’altra azienda subentrante, il Cobas non può farlo”. A parte che non insegnano loro una attitudine alla lotta, ma sempre alla mediazione sindacale e basta, c’è da dire anche che ammettono nelle loro affermazioni ai lavoratori, che loro hanno rapporti stretti con la direzione Fincantieri. La stessa direzione Fincantieri che chiede loro milioni di euro per danni all’immagine !

C’È QUALCOSA CHE NON TORNA.

Ma l’afflusso al Cobas di ex delegati e semplici iscritti della Fiom, continua.

Ecco che in tale situazione, avviene il licenziamento di un giovane operaio con quasi 3 anni di lavoro di saldatore alle spalle, ed ancora inquadrato come apprendista, un giovane operaio appena passato dalla Cgil al Cobas. La vicenda è nota, e l’operaio, licenziato il 13 luglio, è stato reintegrato al lavoro il 3 agosto.

Ma la lotta continua, e sono molto coraggiosi quegli operai che sfidano il clima opprimente e mafioso del ricatto, delle minacce, delle estorsioni, e che denunciano queste cose, che le rivendicano apertamente persino all’Ufficio del Lavoro ed in Tribunale, che sfidano le minacce di morte, che apertamente solidarizzano con altri operai in lotta (come quelli delle pulizie interne, con cui il Cobas ha solidarizzato lunedì 6 settembre davanti ai cancelli, prima della positiva conclusione della loro breve ed incisiva vertenza).

Ma dov’è la “sinistra” ?

Dove sono i “Tuttinpiedi” con le sue proposte isolate di costituire coordinamenti disoccupati fantasma ben separati da “tutti” i sindacati e quindi anche da noi, i noglobal di Casarini, i revisionisti che amano definirsi comunisti ?

Sono rigidamente inquadrati o nei propri orticelli, o all’interno di Cgil.

E si guardano bene dal considerare la potenzialità e l’importanza, la centralità, della lotta del Cobas appalti di Fincantieri.

Un atteggiamento che peraltro abbiamo riscontrato, ben diverso, da quello di molti operai della Fiom di Monfalcone, che in una occasione ci hanno persino aiutato nel volantinaggio, lo scorso maggio a Staranzano.



Occorre capire quindi alcune cose, e non ci dilunghiamo oltre nei dettagli, che tanto il Cobas per il sindacato di classe ha già prodotto abbondante documentazione nel suo sito.



La prima cosa, è che il “sistema” di mediazione tra il revisionismo guidato dalla borghesia e il padronato, si regge oramai SOLO sul supersfruttamento dei lavoratori del sistema degli appalti, subappalti, interinali (es.Nuova Pansac) e cooperative.

Questo sistema di mediazione non aiuta i lavoratori, li porta alla deriva, al funerale lento, alla progressiva sostituzione degli operai di modo da tenere basso il “costo del lavoro”, ed alla funzionarizzazione degli operai italiani in mansioni di capi, responsabili, ecc.. Un passaggio del tutto coerente all’affossamento della Costituzione ed al “moderno fascismo”.



La seconda cosa, è che la natura dei diritti sindacali viene riconfermata come un elemento dialettico, che risponde alla dinamica della lotta di classe e non alle formalità ed ai formalismi dietro cui si trincerano i Rsu confederali ed i loro capoccia.



La terza cosa, che in nome della difesa dei posti di lavoro e del “salvare lo stabilimento”, periodicamente, e ad ogni occasione di conflitto operaio dal basso, riparte la campagna di terrorismo mediatico lanciata dalla Fincantieri, sulla mancanza di lavoro, sulla cassa integrazione, ecc. Strumenti utilizzati in funzione del profitto e non come elementi integrativi di situazioni di fatto.



Si è verificato infatti che il sistema degli appalti e subappalti è mafioso perché SI VUOLE che lo sia, perché è la ditta madre (nelle denunce dei Cobas del Veneto rimarcano non solo il caso Fincantieri ma anche Geox, San Benedetto, Porto di Venezia, ecc.) che ne determina l’esistenza.



Gli organi competenti possono poco, o nulla. I giudici coraggiosi, ottengono trasferimenti, o si rifugiano in politica. La sinistra tace.



Solo attraverso un Partito comunista di tipo nuovo, il PC maoista, si potrà affrontare le necessità delle masse dal punto di vista corretto e complessivo. Nel frattempo, il sostegno e la solidarietà agli operai immigrati, è un passaggio necessario e discriminante, tra chi sta nel campo operaio, e chi nel revisionismo, o peggio, nella controrivoluzione.



Circolo operaio di Proletari comunisti – Venezia



8 settembre 2010



procom-ve@email.com







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