È così che il governo
ha pensato di risolvere lo scandalo del caporalato all’interno della produzione
del lusso Tod’s, come riporta l’articolo del manifesto di oggi.
“Dallo scudo fiscale per chi ha evaso, siamo passati allo
scudo penale per chi sfrutta”, denuncia la Cgil, solo che, come fa sempre, esprime
il suo sostegno… alle imprese “serie e
strutturate che investono in qualità” e “alle forze politiche” che dovrebbero
“far sentire la propria voce”. A parte il fatto che non si capisce cosa siano
le imprese “strutturate”, ma quali sarebbero le imprese “serie”? e le “forze
politiche” di cui parla non sono le stesse che poi fanno leggi a sostegno dei
padroni, esattamente come fa il Pd che critica la “destra” perché “non ha
interesse né a tutelare la qualità del lavoro, né a preservare le imprese che non scelgono la strada della concorrenza
sleale”?
Come si vede la “condanna” rimane formale, a parole, e mentre il governo moderno fascista continua a fare coerentemente il suo lavoro di forte sostegno ai padroni, nella sostanza si difende, eccome, il sistema capitalista-imperialista.
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Il colpo di spugna del governo sul capolarato nell’alta moda
La Cgil: «Precedente gravissimo» Nessun controllo sugli appalti. «Dallo scudo fiscale per chi ha
evaso, siamo passati allo scudo penale per chi sfrutta»Arriva il colpo di spugna del governo sul caporalato
nell’alta moda. Dopo le inchieste sul lavoro nero e i subappalti nella
produzione di capi per le grandi firme, il ministro per il made in Italy,
Adolfo Urso ha pensato alla soluzione più semplice: svincolare dalle
responsabilità le imprese committenti.
Martedì scorso è stato approvato un emendamento
(soprannominato «Salva Tod’s» dal nome dell’ultima azienda per cui la procura
di Milano ha chiesto il commissariamento) di FdI nella legge annuale per le Pmi
che prevede che l’azienda committente nel settore della moda possa farsi
certificare la regolarità della filiera che attiva con le sue commesse.
«È gravissimo che di fronte a una magistratura che contesta
un reato di sfruttamento in un’azienda, in questo come in altri settori, e la
responsabilità di chi avrebbe dovuto controllare e verificare, il governo di
fatto cancelli quel reato», ha spiegato Alessandro Genovesi, responsabile
contrattazione inclusiva, appalti, lotta al lavoro nero della Cgil. «Un
precedente gravissimo – ha detto Genovesi – Dallo scudo fiscale per chi ha
evaso, siamo passati allo scudo penale per chi sfrutta».
La Cgil, esclusa come gli altri sindacati dall’incontro di
ieri mattina tra Urso e Confindustria moda, chiede invece al governo di
«introdurre criteri di verifica sul corretto rapporto tra quantità prodotta e
numero minimo di lavoratori, sulla corretta applicazione dei contratti
collettivi nazionali di lavoro, sulla limitazione dei livelli di subappalto e
subfornitura, e su una maggiore responsabilità della committenza».
«Facciamo appello a tutte le forze politiche e alle tante imprese serie e
strutturate che investono in qualità di far sentire la propria voce», dicono
dalla Cgil. Critico anche il Pd. «In sostanza, puoi vendere le scarpe a 500
euro mentre l’azienda a cui hai appaltato il lavoro paga gli operai due euro e
mezzo, ma nessuno potrà controllarti: la parola del soggetto certificatore
toglie la parola al controllo di legalità – hanno commentato la deputata Maria
Cecilia Guerra, responsabile Lavoro dei dem e Arturo Scotto, capogruppo in
commissione Lavoro alla Camera. – Un passo indietro voluto da una destra che
non ha interesse né a tutelare la qualità del lavoro, né a preservare le
imprese che non scelgono la strada della concorrenza sleale».

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