ll 14 ottobre, giorno di Italia-Israele, la comunità palestinese e 357 associazioni sportive e organizzazioni della società civile porteranno la propria indignazione e rabbia per le strade della città di Udine
Le reazioni al genocidio in corso a Gaza, all’occupazione israeliana e ai raid illegali dei coloni in Cisgiordania, hanno rivelato, nella sua inquietante vastità, l’abisso che separa il sentimento popolare dal comportamento dei governi e delle élite politiche, imprenditoriali e mediatiche. Questo vale a tutti i livelli, compreso il microcosmo della regione Friuli Venezia Giulia e della città di Udine, che ospiterà il 14 ottobre la partita di calcio Italia-Israele per la qualificazione ai mondiali.
Era già successo esattamente un anno fa, il 14 ottobre 2024, dove con il plauso di Regione e comune di Udine, la squadra israeliana aveva trovato spazio e legittimazione nello stadio cittadino. La città si era mobilitata in massa, in una delle manifestazioni a Udine più partecipate di recente memoria, riempiendo le strade del centro di bandiere palestinesi e libanesi – era il periodo in cui Israele stava bombardando e uccidendo civili anche in Libano. Quest’anno a Udine è stato nuovamente imposto di ospitare la partita, dopo che Bari aveva risposto con un rifiuto alla stessa richiesta. La risposta positiva delle istituzioni locali e il rifiuto della sospensione della nazionale israeliana da parte della Fifa si concretizzano nella messa a disposizione di un terreno di gioco per il team di una nazione che dedica le proprie vittorie all’esercito di occupazione, e che sostiene il progetto sionista di pulizia etnica e di sterminio del popolo
palestinese. L’accoglienza della nazionale israeliana consolida il piano di normalizzazione della presenza e dell’operato dello Stato d’Israele, e ne amplifica l’aura di intoccabilità che già riveste.Le responsabilità del mondo dello sport nel sostegno al genocidio in
corso sono sempre più evidenti. Il 29 settembre la Hind Rajab Foundation
(Hrf) ha pubblicato l’indagine «Come la cultura calcistica israeliana è diventata un’arma di genocidio»,
in cui viene documentato come i soldati israeliani strumentalizzino
sistematicamente la cultura del tifo calcistico come parte del genocidio
a Gaza e in tutta la regione. Forse il materiale più inquietante del
rapporto proviene dalla stessa Gaza. Hrf ha raccolto decine di immagini e
video che mostrano soldati in posa con bandiere e sciarpe da calcio
davanti a case, scuole e moschee demolite. Quello che a prima vista
potrebbe sembrare un comportamento da tifosi superficiali è, in realtà,
pura propaganda: non si tratta di immagini isolate di «orgoglio del
tifo», ma di atti deliberati di umiliazione, dominazione e incitamento
in cui i simboli dello sport vengono impiegati per glorificare la
distruzione e deridere la sofferenza palestinese. I simboli del calcio
vengono usati per rivendicare territori conquistati, deridere le
famiglie sfollate e trasformare le atrocità in uno spettacolo fruibile
dai tifosi. Il report inoltre analizza la profonda infiltrazione del
nazionalismo e del sentimento anti-arabo nel calcio israeliano,
dimostrando come tale fenomeno non sia limitato a frange estreme, ma
permei l’intero panorama sportivo nazionale, toccando i club più
influenti come il Beitar Gerusalemme, il Maccabi Tel Aviv e l’Hapoel Tel
Aviv, storicamente descritto come «di sinistra». La nazionale di calcio
israeliana segue il solco già tracciato dai vari club. Non solo è
rappresentanza di uno Stato genocidario ma si fa propaganda attiva delle
sue politiche. A titolo esemplificativo, ricordiamo gli ultimi fatti:
dopo la partita contro l’Estonia il 6 giugno scorso, la nazionale di
calcio israeliana ha dedicato la vittoria all’esercito di occupazione;
il 7 settembre il Commissario Tecnico della nazionale israeliana ha
dichiarato: «Noi abbiamo una precisa cultura. Io ho fiducia nei miei
soldati e sono dietro di loro, li appoggio in pieno in quello che
fanno». I giocatori stessi, più volte si sono espressi a favore del
genocidio in corso.
La consapevolezza della necessità di attivare sanzioni contro lo
Stato di Israele anche a livello calcistico è ormai capillare: come
denunciato dalla Federazione Calcistica Palestinese (Pfa) in un report
pubblicato lo scorso maggio, dal 7 ottobre 2023 i club israeliani che
insistono sui Territori Occupati della Palestina sono aumentati,
passando da 6 a 9, in totale violazione degli Statuti Fifa nonché del
diritto internazionale. Qualche giorno fa (1 ottobre) la Ong
internazionale Ekō, attiva da anni in diverse battaglie di tipo sociale,
ha reso noti i risultati di un sondaggio sulla presenza della nazionale
israeliana nelle competizioni sportive. Da questa risulta che sette
italiani su dieci non vogliono che Israele partecipi alle competizioni
calcistiche.
Questa richiesta trova i suoi fondamenti giuridici
nell’articolo 71 dello statuto Fifa che stabilisce che: «Le associazioni
[Membri Fifa] e i loro club non possono giocare sul territorio di
un’altra associazione membro senza l’approvazione di quest’ultima».
Oltre la recente occupazione di Gaza, e alla conseguente distruzione di
ogni tessuto sportivo sociale e materiale, va sottolineato che ben sei
squadre degli insediamenti giocano i campionati organizzati dall’Ifa, la
federazione calcistica israeliana. in territori che, secondo il diritto
internazionale, fanno parte del Territorio Palestinese Occupato.
In questi ultimi due anni anche vari atleti si sono espressi a sostegno della causa palestinese, ad esempio, attraverso il movimento Athletes 4 Peace; ma anche con la lettera riportata da Calcio Rivoluzione che vede come firmatari 37 calciatori e altri atleti, alcuni dei quali hanno subito ripercussioni a seguito delle loro manifestazioni pubbliche di solidarietà. L’Associazione nazionale allenatori calcio italiana si è espressa in maniera chiara richiamando alla coscienza individuale e collettiva e promuovendo l’esclusione temporanea di Israele dalle competizioni sportive. La resistenza della Fifa a riconoscere il genocidio in corso nonostante siano passati due anni dall’occupazione israeliana di Gaza e qualche decennio da quella della Cisgiordania, stride ancora di più se si considera che nel 2022 la nazionale russa venne espulsa dalla Fifa pochi giorni dopo l’occupazione dell’Ucraina. Più che mai avvilente la dichiarazione del suo presidente che recentemente ha commentato le numerose richieste di espulsione della nazionale israeliana con: «La Fifa non può risolvere i problemi geopolitici», intonando la cantilena sullo «sport ponte di pace» che tanto piace ai difensori del sionismo. Il motto della Fifa – «Per il gioco. Per il mondo» – si estende chiaramente solo a parti di esso.
Se le istituzioni continuano a collaborare con uno Stato genocida e a supportare il piano colonialista di Trump che, proprio in questi giorni, concretizza un cessate il fuoco che ha il sapore di una conquista, di un investimento immobiliare, e che non fermerà le mobilitazioni solidali; se a Roma e a Udine le autorità continuano a rendersi complici dell’espropriazione illegale della terra dei palestinesi che lottano per la libertà e la giustizia non da due anni, ma dagli anni Venti del Novecento, dai trattati di Sykes-Picot e Balfour che hanno determinato l’attuale stato di apartheid e di violenza sistemica; se dentro alle aule delle istituzioni e ai vertici della Fifa viene deciso di dare terreno di gioco ai crimini di guerra e contro l’umanità, ecco che per le strade e nelle piazze questo terreno non verrà lasciato.
La partita Italia-Israele non si deve giocare, le istituzioni pagheranno, nelle urne, in tribunale, o, si spera, in entrambi. Il giorno della partita (appuntamento il 14 ottobre alle 17.30 in Piazza della Repubblica), il Comitato per la Palestina di Udine, la comunità Palestinese del FVG e del Veneto, Salaam Ragazzi dell’olivo Treste, BDS e Calcio e Rivoluzione, assieme alla partecipazione di 357 associazioni sportive e organizzazioni della società civile porteranno la propria indignazione e rabbia per le strade della città di Udine, dalla parte del popolo palestinese, contro l’imperialismo, contro gli interessi dell’industria delle armi, contro l’apartheid, per sottolineare ancora una volta le complicità del governo e delle istituzioni, e per sostenere la giustizia e la libertà, in Palestina e ovunque.
*Linda Vuerich è attivista del comitato della Palestina Udine, nato nella primavera del 2024 con l’occupazione del rettorato sull’onda delle acampade, il comitato porta avanti la lotta cittadina in solidarieta alla popolazione palestinese
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