Torino, i parenti delle vittime Thyssen: "Andremo in Germania a chiedere giustizia"
A
dieci anni dal rogo che uccise sette operai la ferita è ancora aperta:
"Vogliamo che i politici di Berlino ci spieghino perché i due manager
tedeschi sono ancora liberi"
"Il
nostro dolore non si è attenuato, le nostre famiglie sono state
rovinate. Io sono morta a 49 anni insieme a mio figlio". Lo dice Rosina
Plati, la mamma di Giuseppe Demasi, 26 anni, uno dei sette operai morti
alla Thyssen di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, in
occasione della presentazione della Settimana della sikcurezza a Palazzo
Civico. Dal rogo sono trascorsi dieci anni, ma per i parenti delle
vittime la ferita non si è mai cicatrizzata. Si capisce dalle lacrime di
Antonio Boccuzzi, l'unico sopravvissuto, e dal pianto dei familiari,
ancora in attesa di giustizia perché i manager tedeschi dell'azienda,
Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, sono ancora in libertà nel
loro Paese nonostante la condanna passata in giudicato. "Presto andremo
in Germania - aggiunge la signora - vogliamo che i politici ci guardino
negli occhi e ci dicano perchè non sono ancora in galera".
Poco
distante c'è Antonio Boccuzzi, che quella notte riuscì miracolosamente a
salvarsi. "Ricordo Giuseppe che urlava 'non voglio morire'. Aveva
soltanto 26 anni, insieme eravamo andati a vedere la macchina che poi
aveva acquistato. A distanza di dieci anni non c'è ancora giustizia,
siamo ancora qui ad aspettare che i due tedeschi scontino un giorno di
carcere".
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