lunedì 5 settembre 2011

pc 5 settembre - NO ALLA CGIL, NO AL "COSTRUTTIVISMO" DEI SINDACATI DI BASE

La nuova stagione politica si apre in questo mese nella nuova fase acuta della crisi che ha il suo epicentro in Europa e all'interno dell'Europa nei paesi di seconda schiera, tra cui l'Italia.
Germania e Francia o impongono la loro alleanza e il loro piano all'intera Europa, Gran Bretagna esclusa dato che questo paese è tuttora più legato agli Usa che all'Europa, o si ritrovano ad essere essi stessi al centro della crisi.
L'Italia, quindi, vive una fase in cui alle contraddizioni interne della borghesia, che già vedevano una frazione di essa, quella industriale in primis, in sofferenza ed esigente un cambio di governo, si unisce la contraddizione sui tempi e sui modi imposta dal diktat franco-tedesco.
Questa situazione rende ulteriormente instabile la coalizione governativa ma non necessariamente la tenuta del governo del paese, inteso in senso generale. Anzi, questa sorta di pressione franco-tedesca alimenta un clima da 'unità nazionale' che sfocia in uno spirito di collaborazione nel definire le misure che permettano all'Italia di rimanere nel contesto dell'alleanza franco-tedesca.

Mentre appare uno scontro di “tutti contro tutti” dentro la coalizione governativa, tra la coalizione governativa e l'opposizione, e dentro l'opposizione, la verità e che tutto questo agitarsi è ispirato da un sola linea che vede nella sostanza padroni, finanza, governo, opposizione da un lato, classe operaia, masse popolari e ampi settori della piccola e media borghesia penalizzati dalle misure del governo, dall'altro.
Quindi, l'aspetto principale su cui mantenere la rotta è considerare padroni, governo, opposizioni tutti da un lato. Per cui la nostra posizione è di opposizione a tutte le misure che governo e parlamento prendono, sia quelle che sono apertamente antioperaie, antipopolari, sia a quelle che appaiono come “alternative e progressiste”, compreso quelle definite come 'Robin tax', tassa patrimoniale, ecc.
C'è solo un aspetto in questa contrapposizione generale a cui prestiamo attenzione ed è quello della crisi di legittimità politica di Stato, governo e parlamento, per gli elementi della corruzione, di privilegio che hanno il loro centro nella compagine governativa ma che naturalmente si irradiano in tutto il sistema politico, istituzionale.
Questo è un elemento non dipendente dalla crisi economica, ma che questa accentua d fronte alla contraddizione semplice di proletari, masse popolari, giovani che si impoveriscono, e sistema politico che si ingrassa e difende strenuamente i suoi privilegi e le sue ricchezze. Questo elemento è importante perchè è il vero elemento che può alimentare l'indignazione, la protesta e la ribellione popolare e può far precipitare, perfino senza la protesta popolare, la crisi economica in crisi politica-istituzionale, ed essere quel fattore scatenante di trasformazione della situazione politica stessa.
Quindi, per dirla in sintesi. Mentre in economia dobbiamo sviluppare una contrapposizione classista nei confronti dei piani e azione dei padroni e del governo, sul piano politico prendiamo in considerazione e diamo valore a tutti gli elementi anche personali, morali che accentuino la delegittimazione dei rappresentanti politici delle classi dominanti, perchè consideriamo questo l'elemento qualitativo che può trasformare la stessa lotta dei proletari e delle masse popolari contro la manovra economica e i piani padronali, in lotta politica contro la classe dominante, lo Stato.
Sul piano dell'opposizione alla manovra del governo e ai piani padronali, la nostra linea classista si manifesta soprattutto nel 'contro', nel 'No', e non nelle “proposte alternative” che consideriamo anzi devianti, oltre che illusorie e riformiste.
Questo ci distingue chiaramente, come piattaforma, sia dall'opposizione sindacale dentro il sindacalismo confederale, la Cgil, sia dalla tendenza al costruttivismo, proposte alternative, fortemente presenti nel sindacalismo di base.
La Cgil fa il suo discorso tutto interno a una logica parlamentare, non avendo neanche il "buon gusto" di fare il gesto di ritirare la firma dall'accordo del 28 giugno, il sindacato di base avanza una contropiattaforma ridicola, che anch'essa si misura col problema di uscire dalla crisi (nel primo punto della sua piattaforma vi è una oggettiva copertura del capitale italiano puntando il dito sui diktat dell'Unione Europea, e poi... cancellazione del debito, nazionalizzazione delle banche, ecc. ecc.) in cui non si parla la lingua di classe dei lavoratori.

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