venerdì 9 settembre 2011

9 settembre - sciopero del 6 settembre - crisi - lotta

Anticipazione del nuovo numero del foglio 'Proletari comunisti' in uscita dal 15 settembre
ro.red@libero.it

Sciopero del 6 dicembre, crisi e lotta dei lavoratori

Nelle manifestazioni del 6 settembre, in particolare anche in quelle indette dai sindacati di base, gli slogan e striscioni principali, ma soprattutto le iniziative sono state indirizzate contro le Banche o la Borsa, a Milano, come le responsabili della crisi, con le parole d'ordini: non paghiamo il debito o paghi il debito chi lo ha fatto.
Noi pensiamo che queste iniziative e queste parole d'ordini, pur se mosse da buone intenzioni, sono nei contenuti devianti.
Esse fanno oggettivamente da pendant ai discorsi presenti anche nella Confindustria, nel governo, nei mass media, per cui la colpa della crisi sarebbe principalmente delle banche, delle operazioni finanziarie speculative. Così,ripetiamo nonostante le buone intenzioni si nascondono le vere cause della crisi, che, se si manifesta come principalmente crisi finanziaria, ha la sua origine nel processo di produzione del capitale; e si finisce oggettivamente per far apparire una differenza tra un capitale
finanziario cattivo e un capitale industriale buono.
Le parola d'ordini sul “debito” poi coprono oggettivamente la natura dell'Italia.
Il nostro è un paese imperialista come Francia, Germania, sia pur in un gradino più basso nella scala gerarchica; l'Italia quindi è pienamente responsabile del proprio debito accumulato. Se si resta nelle soluzioni interne al sistema capitalista, se non si dice che i proletari e le masse popolari devono rovesciare questo sistema, e devono costruire uno Stato nelle loro mani, uno Stato di dittatura proletaria - il solo Stato che dal punto di vista delle leggi del proletariato può azzerare i debiti fatti dal proprio paese imperialista - perchè mai l'Italia non dovrebbe “pagare il
debito”? Non è certo un paese del 3° mondo! Il cui debito è essenzialmente provocato dai paesi imperialisti, frutto del rapporto di dipendenza, oppressione economica, politica.
L'abnorme sviluppo delle attività finanziarie, dell'espansione del credito non è altra cosa dal capitale industriale, dal capitale produttivo, ma è frutto delle leggi stesse del capitale e dei tentativi del capitale di frenare la caduta del saggio di profitto – anche se la finanza poi si muove anche di “vita propria” e in alcuni casi può come una potenza mostruosa rivoltarsi contro singoli esponenti del sistema che l'hanno generata.
Quindi tutti coloro che a fronte della crisi che ha visto il suo manifestarsi come crisi finanziaria, gridano essenzialmente contro i finanzieri, i banchieri sono o miopi o in malafede.

Oggi le posizioni della maggior parte dei sindacati di base, dei settori più radicali della cgil su questo sono sbagliate e in alcuni casi vere sciocchezze e deviano le lotte dei proletari e delle masse lavoratrici dai necessari bersagli; queste posizioni esprimono più o meno coerentemente la concezione, i desideri della piccola borghesia che tiene un piede in due staffe: fare proposte e richieste impossibili in questo sistema capitalista ma tenersi questo sistema senza colpirlo nella sua sostanza

Occorre chiarezza, analisi seria, per trovare la semplicità di parole d'ordini, indicazioni che facciano fare passi avanti reali alla coscienza, organizzazzione, lotta del movimento dei lavoratori.

Per questo, riportiamo dei brevissimi pezzi da un scritto di un anno fa: “Appunti di studio su Marx e la crisi”, apparso sul numero 5 della rivista marxista-leninista-maoista 'La Nuova Bandiera' che riprende stralci da “il capitalismo e la crisi”. Scritti scelti di Marx- a cura di Vladimiro Giacchè”.
Lo scritto integrale in Pdf si può richiedere a ro.red@libero.it

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“... Marx individua nella ricerca moralistica del colpevole della crisi (lo speculatore) l'altra faccia della medaglia della fede ingenua nell'evitabilità della crisi. Tale fede riposa sulla convinzione che la crisi sia qualcosa di estraneo al normale funzionamento dell'economia capitalistica. Secondo questa illusione ideologica, la crisi viene sempre da fuori, è una patologia esterna al sistema. Quindi è dovuta ad errori o colpe specifiche di qualcuno.
Marx: “la speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione.
Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione che a sua volta è solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi...”.

(Quindi) “...per Marx... grazie al credito i “limiti del consumo vengono allargati dalla intensificazione del processo di riproduzione, che da un lato accresce il consumo di reddito da parte degli operai e dei capitalisti, dall'altro lato si identifica con l'intensificazione del consumo produttivo”.
Inoltre il credito “spinge la produzione capitalistica al di là dei suoi limiti” anche nel senso di porre a disposizione della produzione “tutto il capitale disponibile e anche potenziale della società”... E' precisamente per questi motivi, osserva Marx, che il credito appare come la causa della sovrapproduzione:”se il credito appare come la leva principale della sovrapproduzione e dell'iperattività e della sovraspeculazione nel commercio, ciò accade soltanto perchè il processo di riproduzione, che per sua natura è elastico, viene qui forzato fino al suo estremo limite, e vi viene forzato proprio perchè una gran parte del capitale sociale viene
impiegata da coloro che non ne sono proprietari, che quindi rischiano in misura ben diversa dal proprietario...”.
“...Grazie al credito si può ben spingere la produzione oltre i limiti del consumo (ossia dell'effettiva domanda pagante), ma alla fine il processo si inceppa e la crisi si incarica di dimostrarci che quel limite e invalicabile...”.

“...Nella crisi, puntualmente, si è interrotto il ciclo di trasformazione della merce in denaro e si è prodotta quella caratteristica “carestia di denaro” che trasforma il denaro stesso, da semplice mezzo di circolazione del capitale, in “merce assoluta”, in “forma autonoma del valore” superiore e contrapposta alle singole merci: “in periodi di depressione, quando il credito si restringe oppure cessa del tutto, il denaro improvvisamente si contrappone in assoluto a tutte le merci quale unico mezzo di pagamento e autentica forma di esistenza del valore” (Marx)...”.

“...Sia Marx che Engels ritenevano che la crisi non potesse essere risolta da interventi di politica monetaria né da leggi ad hoc o interventi pubblici a garanzia e copertura del debito privato. Anzi in una lettera ad Engels riferita agli sviluppi della crisi che allora imperversava in Francia, Marx accennò al fatto che questi ultimi interventi, lungi dal risolvere la crisi, potevano portare alla bancarotta anche lo Stato: “quando scoppia la vera e propria crisi francese, il mercato finanziario e la garanzia di questo mercato, cioè lo Stato, se ne vanno al diavolo”...
La gigantesca trasformazione di debito privato in debito pubblico in atto, se non è riuscita né a ridurre l'entità complessiva del debito né a rianimare l'economia, può porre le premesse di un ulteriore crisi del debito: quella, appunto, del debito pubblico... A questo punto il risultato che si avrebbe sarebbe una pesantissima crisi fiscale, un'ulteriore drastica riduzione del suo ruolo nell'economia e il campo libero lasciato alle grandi aziende multinazionali private.

“...Per Marx: “nelle contraddizioni, crisi e convulsioni acute si manifesta la crescente inadeguatezza dello sviluppo produttivo della società rispetto ai rapporti di produzione che ha avuto finora. La distruzione violenta del capitale, non in seguito a circostanze esterne ad esso, ma come condizione della sua autoconservazione, è la forma più evidente in cui gli si rende noto che ha fatto il proprio tempo e che deve far posto ad un livello superiore di produzione sociale”...”.

“... la sola vera soluzione della crisi può venire dall'intendere che il capitalismo è il problema e dall'operare di conseguenza: ossia per il superamento di questa “ultima configurazione servile assunta dall'attività umana” (Marx), con l'obiettivo di far sì che i produttori assoggettino la produzione – che oggi li sovrasta come una “legge cieca” al “loro controllo comune come intelletto associato” (Marx)...”.

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