venerdì 12 dicembre 2025

pc 12 dicembre - Ripreso il ciclo di Formazione marxista - Dalla presentazione delle nuove lezioni

E' in corso la trascrizione della 6° lezione

Il nuovo giro di lezioni su Il Capitale di Marx è ripartito dopo una pausa prolungata tanto che abbiamo dovuto fare un riepilogo telematico il 28 ottobre. Ora siamo ripartiti dalle tre sedi dove stiamo svolgendo questo lavoro in maniera sistematica questo primo ciclo che prevede 9 lezioni. Sono lezioni particolari perché fatte con un livello alto garantitoci dalla presenza del professor Di Marco, perché indipendentemente da chi noi vorremmo fosse presente, innanzitutto operai e giovani, esse sono fondate sul principio che non bisogna dare le pappette agli operai e ai giovani ma bisogna fornire gli strumenti il più alto possibile, scientifici, perché come Marx stesso dice: “...presuppongo naturalmente lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo e quindi vogliano anche pensare da sé”; tenendo conto che questo della crescita delle avanguardie operai e giovani, dei militanti è diventato il vero problema che abbiamo di fronte nella realtà generale del movimento operaio e nella realtà generale del movimento di massa. Non sarà possibile far avanzare i movimenti di massa fino a risultati concreti non sarà possibile ricostruire la prospettiva della rivoluzione, del partito della rivoluzione, senza che un'avanguardia negli anni si formi alla scuola del marxismo e alla pratica della lotta di classe.

Quindi si tratta di un lavoro di prospettiva. Ci può volere poco o molto ma è un aspetto decisivo per contrastare quello che realmente è avvenuto nel nostro paese come nella maggior parte dei paesi imperialisti, dopo il ciclo virtuoso della rivoluzione mancata, del biennio rosso del 68-69 che mise davvero in pericolo gli assetti sociali e politici di questo paese e aprì la prospettiva della rivoluzione proletaria e socialista. 

Evidentemente il lungo periodo di riflusso, quello che chiamiamo “il lungo inverno” non è ancora finito;

qui e lì vi sono dei momenti significativi che fanno intendere che è possibile una ripresa generale del movimento rivoluzionario, del movimento operaio, del movimento della gioventù, del movimento più generale dell'opposizione proletaria in questo paese, però sono ancora segnali non profondi, e soprattutto non siamo ancora in condizione di aver ricostruito - e questo non è un problema di un gruppo ma di una generazione, di un'epoca - una leva proletaria e comunista fondata sul marxismo che possa in una certa maniera cambiare il senso della storia.

E’ chiaro che questo lavoro è lungo però va sempre visto con gli occhi dell'attualità. 

Pensate in questi giorni in cui in qualche maniera la classe operaia è riapparsa come spettro nel paese in una lotta degli operai dell'Ilva. Gli operai dell'Ilva di Taranto, che non sono stati certo un'avanguardia negli ultimi anni, hanno bloccato le strade, hanno ripreso in mano la fabbrica, mettendo in discussione il suo funzionamento quotidiano, tanto è vero che a un certo punto la direzione della fabbrica all'interno si è seriamente preoccupata dicendo guardate che c'è qua, si va a fermare tutto, c'è il rischio di esplosioni; poi gli operai sono scesi sulle strade e le hanno tenute bloccate per due giorni e due notti dandosi il cambio. Non sono stati mai tantissimi gli attivi, saranno stati un 300 in un quadro di 500-600 che ha comunque partecipato, in una fabbrica devastata dalla cassintegrazione che vede metà dei lavoratori a casa. ma è stato un movimento significativo.

A Genova hanno avuto una giornata campale nella giornata del 4 dicembre, sembrava di essere tornati al G8 del 2001, solo che questa volta erano gli operai i protagonisti. A Genova le immagini da G8 le ha create lo stesso governo. Il potere sa che quando gli operai di Genova si muovono sono una forza potente per la compattezza e la forza che esprimono. E' stata una rivolta operaia, organizzata nei minimi particolari, nella fabbrica si è deciso che cosa fare e che cosa non fare, che serviva e che non serviva. Organizzata come se si dovesse fare una rivoluzione. Non era una rivoluzione, era una manifestazione che aveva l'obiettivo di occupare la prefettura, un obiettivo annunciato. Gli operai quindi hanno invaso la città che era stata bloccata per due giorni anche prima. In questi casi il governo e gli apparati repressivi non è che non sanno niente, lo sanno, e quindi si sono attrezzati in una maniera che non siamo abituati a vedere tutti i giorni, appunto sembravano i giorni del G8. Il governo ha innalzato grandi barricate di ferro. Ma gli operai erano preparati, e come le immagini mostrano non si sono assolutamente fermati, prima le hanno attaccate con la pressione personale, con le battute dei caschi gialli, poi le hanno smantellate con i grandi mezzi che avevano portato con sé. Chiaramente a quel punto la polizia ha reagito; ha reagito con misura come ha detto Piantedosi, perché sanno che non gli conveniva reagire. Gli operai dicevano: venite, venite, a mani nude per favore... e così via. Qualcuno diceva: ci scappa il morto come a Genova 2001, qualche altro diceva: bisogna evitare questa questione...

Evidentemente questa giornata ha fatto vedere di cosa è capace la classe operaria quando vuole, così come è capace a Taranto di fare tutto questo.

Ma la capacità non basta, non bastano le forme di lotta non basta che si sia capace di fare una giornata campale di lotta lunga, bisogna avere anche obiettivi capaci di dare continuità a questa lotta e di avere all'interno di una vertenza particolare - perché tutte le lotte nascono dalla vertenza particolare - un'idea di dove si vuole andare a parare; che è l'idea di un potere alternativo.

Durante queste giornate era arrivata la sindaca, in questo caso ben accompagnata da una parte di quelli che organizzavano la lotta e che volevano che venisse, che si schierasse, come tradizione nelle lotte operarie quando sono serie. Però la prima cosa che le hanno detto gli operai è stata: sciogli il consiglio comunale, chiudete quel consiglio comunale. 

Questo è il punto, queste lotte esigono un contropotere, esigono che gli operai si facciano reparto d'avanguardia, non si affidino al potere che c'è, perché il potere che c'è è il potere costituito; invece occorre che il potere costituente rappresentato dagli operai in lotta si ponga l'idea di un contropotere. Queste cose nelle lotte appaiono ma sono un flash perché che cosa manca? Manca il partito, manca l'avanguardia operaria che sa dove vuole arrivare oltre quella lotta, sa l'obiettivo che deve raggiungere e quindi nella lotta particolare si organizza per la lotta generale.

Questo non poteva venire. Perché la piattaforma, le proposte, l'avanguardia di questa lotta, che non è un'avanguardia spontanea ma un'avanguardia organizzata che esiste in questa fabbrica da anni, aveva un obiettivo limitato e in una certa misura sbagliato. Aveva l'obiettivo di dire "salviamo Genova", "ricostruiamo l'industria dell'acciaio tutta centrata su Genova perché Taranto non ce la fa...". Genova dipende da Taranto, perché senza l'acciaio di Taranto è Genova che chiude; e allora proprio per questa situazione A Genova dicono non vogliamo più dipendere da Taranto. Ma dire non vogliamo più dipendere da Taranto significa spezzare l'unità operaia, portare avanti una visione che è corporativa, cerca un padrone che risolva il problema di Genova. Quindi si muovono per trovare il padrone per loro. Nello stesso tempo è una posizione interclassista perché pretende di collegare questa lotta alla salvezza di una città.

Questi obiettivi sbagliati non assolvono le forme di lotta, perchè la forma di lotta giusta deve rispondere ad obiettivi giusti.

A Taranto invece si ha paura di invadere la città, pensando che la città è contro. Ma questa è una favola nera. Primo, non è affatto vero, secondo, senza la forza degli operai non si può cambiare questa città, col rischio che se chiude l'Ilva diventa un deserto per anni come è stato Bagnoli dove gli unici che hanno goduto della chiusura della fabbrica è stata la malavita che è diventata una grande malavita e poi una malavita con i "guanti bianchi" e poi intorno ai progetti di bonifiche si è ricostruita una nuova classe dirigente parassitaria, molto peggio di quella che c'era prima, tanto è vero che a Bagnoli. 

Però la classe operaia deve farsi carico dei problemi, faccia proprie le indicazioni delle masse che sono evidentemente giuste; altrimenti, è difficile che la classe operaia possa diventare quello che dovrebbe diventare.

Tutto questo ha a che fare con il marxismo, con la comprensione del funzionamento di questa società, di cosa è il capitalismo; la comprensione che senza la classe operaia non è modificabile il modo di produzione capitalistico. Ed è il modo di produzione capitalistico che produce gli effetti che viviamo tutti i giorni, in fabbrica con lo sfruttamento, i morti sul lavoro, e fuori dalla fabbrica.

Il marxismo è l'arma nelle mani degli operai che permette agli operai di diventare classe cosciente e come classe cosciente, scientificamente fondata sull'analisi reale del sistema del capitale, lottare per un modello alternativo di società. Un modello alternativo conquistabile solo con la rivoluzione perché la rivoluzione, dice Marx, non solo cambia le cose ma cambia le persone che la fanno e sono messi in grado di assolvere i compiti che la rivoluzione dice di assolvere.

La formazione marxista parte dal basso ma non perché deve essere bassa ma perché deve partire dai fondamenti. A questo serve questo corso poi, come diceva Marx, la palla passa effettivamente ai proletari, alle masse, ai compagni. Però bisogna mettersi in condizione di fare, che questa cosa sia compresa. 

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