martedì 22 aprile 2025

pc 22 aprile – L’Italia imperialista e l’India del fascista indù di Modi stringono accordi per nuovi progetti militari

 

La crisi dell’imperialismo, approfondita ulteriormente dalla guerra dei dazi scatenata da Trump il 2 aprile scorso, ha portato il governo italiano della fascista Meloni, ma non solo, alla necessità di trovare una via d’uscita e cioè altri mercati di sbocco per le proprie merci: e il ministro forzitaliota Tajani in una intervista si è riferito esplicitamente ai mercati dell’Asia, Africa e America Latina; l’India, in particolare, è uno di questi mercati, tanto che Tajani vi è stato mandato di corsa, in “missione” insieme ai rappresentanti dei padroni riuniti in Confindustria e i vertici della agenzie statali italiane che sostengono i padroni in Italia e nel mondo, e cioè l’Ice, la Sace e Simest, oltre, riporta il sole 24 Ore del 12 aprile “ai rappresentanti di centinaia di imprese in cerca di nuovi sbocchi per export e investimenti.” Tra le multinazionali più importanti c’erano quelle più importanti dell’industria militare Leonardo, Fincantieri, Iveco, Prysmian, Mapei.

In India c’era già stata la Meloni nel 2023 per elevare i vecchi rapporti a “partenariato strategico” in vista soprattutto della volontà di mettere fine ai rapporti con la Cina, uscendo dal progetto Via della Seta (Belt&Road Initiative). Ma uscire definitivamente dai rapporti con la Cina, sia detto qui per inciso, non

è possibile nel contesto del sistema imperialista-capitalista tanto che, diceva l’ex ambasciatrice Belloni: “l’Italia ha cercato di rimodellare le proprie relazioni con la CinaNon volevamo abbandonare il mercato cinese ma abbiamo pensato che fosse necessario introdurre misure di de-risking”, ovvero di “creare un’alternativa, un piano B” per diversificare le catene di approvvigionamento e le reti di comunicazione e commerciali, ma anche per rafforzare le relazioni con i Paesi amici.” E tra i “paesi amici” c’è l’India del fascista indù Narendra Modi.

E proprio la guerra dei dazi scatenata da Trump ha costretto a modificare in parte l’approccio dell’imperialismo italiano e ha dato una accelerata ai rapporti con l’India, per far “fare un salto di qualità al partenariato strategico con New Delhi”, sottolineando il particolare “momento storico in cui globalizzazione e libero mercato sono sotto scacco”.

Insomma, dice Tajani, mentre cerchiamo di trovare un accordo con gli Stati Uniti “Allo stesso tempo, vogliamo sfruttare questa opportunità per crescere in mercati chiave e ad alto potenziale. L’India e tutta l’Asia sono partner di massima priorità».” E si tratta di «una priorità strategica per il nostro sistema industriale perché creerebbe un mercato da oltre 2 miliardi di consumatori, pari a più del 20% del Pil globale, e potrebbe generare benefici concreti in termini di crescita economica, investimenti, occupazione” come dice la vicepresidente per l’export e l’attrazione degli investimenti di Confindustria.

Il cuore di questa operazione è l’accordo sul cosiddetto Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa, IMEC (India Middle East Europe Economic Corridor – accordo firmato da India, Stati Uniti d’America, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Unione Europea, Italia, Francia e Germania,) che dovrà collegare l’Asia del Sud con il Mediterraneo attraverso i Paesi del Golfo e del Medio Oriente, fino ad arrivare negli Stati Uniti, chiamata anche Via del Cotone, che ha come ha come obiettivo di “far fluire merci, energia e dati in maniera più rapida e sicura” e che rappresenta, nelle intenzioni dei partecipanti, soprattutto gli Stati Uniti, l’alternativa alla Via della Seta cinese, appunto.

È questo il vero obbiettivo, detto esplicitamente, degli Stati Uniti, innanzi tutto, e cioè isolare la Cina, tanto che Trump ha voluto che si citasse anche nel documento finale dell’incontro tra lui e la Meloni tenutosi alla Casa Bianca il 17 aprile: “Gli Stati Uniti e l'Italia lavoreranno insieme per sviluppare il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa, uno dei più grandi progetti di integrazione economica e connettività di questo secolo [come al solito per Trump e la Meloni è sempre tutto storico, ecc. ecc.] collegando i partner con porti, ferrovie e cavi sottomarini e stimolando lo sviluppo economico e l'integrazione dall'India, al Golfo, a Israele, all'Italia e poi agli Stati Uniti.”

E sempre come parte della guerra commerciale degli USA contro la Cina, Trump (che a sua volta ha spedito il suo vice JD Vance in India in questi giorni!) aveva già parlato di IMEC con il fascista indù Modi: “Meloni è la seconda leader internazionale con cui Trump parla di Imec. Prima di lei era toccato a Narendra Modi, primo ministro indiano, anche in quell’occasione durante una visita ufficiale alla Casa Bianca. Con Modi però non era stato menzionato testualmente il progetto, e Trump aveva accennato a un ‘insieme costruiremo una delle più grandi rotte commerciali della storia’” citando esplicitamente il Corridoio.” Una delle più grandi rotte commerciali perché “gli otto Paesi aderenti all’IMEC rappresentano circa il 50% dell’economia mondiale e il 40% della popolazione.”

La “filosofia” degli Stati Uniti viene esplicitata dai consiglieri fascisti di Trump come quelli della Heritage Foundation: “non si tratta solo di contenere la Cina, ma di costruire ‘spazi liberi e aperti’ che consentano a ogni Paese di fare scelte sovrane. In questo contesto, l’Italia viene vista come ‘un asset unico’, [insomma come uno strumento di politica economica, per sottolineare come gli USA considerano l’Italia!] capace di connettere Imec con iniziative come i Tre Mari e con le rotte strategiche del Mediterraneo allargato.”

Quanto importante sia l’Imec per il governo italiano (Trieste sarebbe lo scalo di riferimento per l’ingresso delle merci in Europa) si percepisce anche dall’impegno preso ad aprire un ufficio specifico a New Delhi da parte della Simest per aiutare non solo le piccole e medie imprese per l’internazionalizzazione, ma a finanziare, attraverso la Sace, l’acquisto di veicoli italiani, sia nuovi che usati con una linea di credito di 500 milioni! E la Simest spiega pure come avviene questo aiuto ai padroni: “Noi possiamo intervenire sia nel capitale, entrandovi e dunque allargando le spalle dell’azienda, sia con il venture capital, strumento dedicato alle aziende che vogliono acquisire delle attività all’estero. Poi c’è il credito fornitore, dedicato soprattutto alle imprese attive nel comparto dei macchinari.”

Tanti sono i settori (e tanti i miliardi spesi) che il governo si appresta ad aiutare, dall’agricoltura alle comunicazioni, ma il settore che più di tutti promette profitti a palate, il settore che già adesso fa “profitti record” più di tutti gli altri, ed è, quindi, al centro dell’attenzione, è quello militare, la “Difesa” è infatti al centro dei nuovi accordi con l’India: “la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza e la Society of Indian Defence Manufacturers hanno firmato a Roma un memorandum d’intesa per rafforzare la cooperazione nel settore Difesa. L’obiettivo del memorandum è quello di rafforzare la collaborazione tra le industrie della difesa di Italia e India, e promuovere una partnership duratura che permetta di sviluppare iniziative comuni e condividere opportunità industriali nei rispettivi mercati.”

Questo documento è stato firmato durante “l’11° Comitato Bilaterale Italia–India, organizzato dalla Direzione Nazionale degli Armamenti presso Palazzo Guidoni a Roma, alla presenza del Defence Secretary indiano, Rajesh Kumar Singh, e dell’Ambasciatore dell’India in Italia, S.E. Hon’ble Vani Rao. Per l’Italia ha partecipato il Direttore Nazionale degli Armamenti vicario, la dott.ssa Luisa Riccardi. Il documento fa seguito alla considerazione delle “dieci priorità strategiche di collaborazione tra Italia e India nel comparto Difesa” già definite nell’Italy-India Joint Strategic Action Plan 2025–2029, sottoscritto in occasione del G20 di Rio de Janeiro lo scorso novembre.”

“Oltre alla firma del memorandum, i rappresentanti della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza hanno svolto anche il ruolo di coordinatori per una serie di incontri Business-to-Business tra 12 aziende italiane e altrettante controparti indiane. L’obiettivo, anche in questo caso, è stato quello di esplorare opportunità di collaborazione concrete nei settori più strategici del comparto Difesa.”

Questo “partenariato” serve non solo a rafforzare i rapporti di collaborazione militare tra i due paesi ma anche ad aumentare l’esportazione di armi dall’Italia all’India, perché se il dato complessivo (ufficiale) delle esportazioni italiana di armi nel 2024 è aumentato a 7,6 miliardi, l’interscambio con l’India ha fino a questo momento superato solo i 200 milioni di euro.

È chiaro che questo nuovo accordo avrà conseguenze pesanti per i proletari e le masse popolari in India, un paese che è già al primo posto per acquisto di armi al mondo (e gli ultimi accordi con gli Usa, nel contesto della guerra dei dazi, prevedono ulteriori acquisti), e che ha l’esercito più grande al mondo di fatto al servizio dell’imperialismo statunitense che vuole usarlo come baluardo contro la Cina.

Una potenza militare che è già all’opera all’esterno con le enormi “esercitazioni militari” davanti alle coste africane, Tanzania, Mozambico… ma soprattutto all’interno nella feroce guerra contro il proprio popolo.

Il governo italiano, anche in funzione di questo accordo Imec, ha tutto l’interesse, per mantenere i profitti del proprio imperialismo, a diffondere una immagine positiva dell’India come paese democratico, facendo finta di ignorare non solo la guerra contro il popolo portata avanti dal fascista indù Modi, ma tutti i dati che relegano l’India all’ultimo posto delle classifiche mondiali per diritti umani e sociali, dai diritti sul lavoro, “normale” e minorile, a quelli delle donne… e si appresta a dare, perciò, il proprio contributo nella repressione interna per fermare ogni opposizione ai progetti di sfruttamento della immensa forza lavoro e delle risorse e che si scatenerà ancora di più.

E i padroni italiani, come abbiamo visto, fortemente presenti in questa “missione”, non possono che essere soddisfatti delle nuove condizioni economiche che porteranno nuovi profitti grazie allo spostamento di produzione in India, come hanno già detto, e questo fa parte delle ripercussioni che questi accordi avranno sui proletari e le masse popolari italiane.

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