È di estrema attualità, data l’inflazione galoppante, la questione del salario minimo per legge, una reale necessità per milioni di persone dato che l’abolizione del reddito di cittadinanza renderà maggiormente ricattabili gli occupabili - noi lo chiameremmo esercito di riserva invero - ma anche chi un lavoro ce l’ha già ed è sottomesso o a contratti capestro firmati anche dai sindacati confederali (fresca di cronaca è la notizia del commissariamento della Cosmopol a causa delle paghe sotto la soglia di povertà) oppure a contratti pirata firmati dai cosiddetti "sindacati gialli". La riduzione del cuneo fiscale non è assolutamente la soluzione visto che fa ricadere i miseri aumenti contrattuali (a scadenza tra l’altro) sulla spesa pubblica e dunque sul welfare mentre padroni e padroncini se ne escono puliti e candidi come l’abito di una novella sposa.
Ecco dunque come uno sciacallo travestito da buon samaritano spuntare l’opposizione tutta alla faticosa ricerca di consensi perduti nel corso degli anni dalle loro politiche sciagurate, vedi la giusta protesta avvenuta a Livorno contro la venuta di Elly Schlein alla quale venivano ricordate le vergognose leggi del Jobs Act e del Pacchetto Treu emanate dal suo partito. Certo, qualcuno cadendo dal classico pero, potrebbe obiettare che all’epoca del Pacchetto Treu il PD non esistesse ancora, ma sarebbe un po’ come dire che Adinolfi non sia un verro solo perché sua mamma non era scrofa, l’ideologia (ma non solo quella vedendolo) di cui è infognato è quella di tipo suina. La matrice per entrambi, PD e Adinolfi, è la stessa. Senza omettere che dal Partito Democratico, oltre al già citato Adinolfi, vengono anche surrogati sub-umani come Renzi, Calenda, Minniti o Guerini tanto per citarne alcuni.
L’altra metà dell’opposizione è formata da quella pietanza dolceamara del Movimento 5 Stelle, croce e delizia nei dibattiti feriali al bar dello sport - evitiamo di mettere in ballo tutto il resto perché formato
sostanzialmente da partiti con percentuali talmente esigue da non contare davvero nulla nelle decisioni e dunque nell’opinione delle masse. Nonostante il graduale cambio di passo avvenuto all’interno di questo partito con la morte di Casaleggio prima, l’allontanamento di Di Maio successivamente ed il lento dipanarsi dell’influenza del clown di professione Grillo negli affari del Movimento, anche se sempre eminenza oscura resta, nonostante la rottura con i leghisti di Salvini prima e l’avvicinamento ad un’ideologia più popolare dopo, essi non hanno mai abrogato l’obbrobrio dei decreti sicurezza seppur in parte limati e smussati nel tempo, anzi in qualche caso sono anche stati peggiorati, come ad esempio l’introduzione del reato di flagranza in differita per chi organizzava proteste (sacrosante aggiungeremo) all’interno dei CPR. Alta (in)gloriosa macchia nel curriculum vitae del Movimento è stata la riduzione del numero dei parlamentari, qualcuno potrebbe chiedersi: “ma come, non si è sempre detto che sarebbe stato meglio così per tagliare le spese sociali invece che alimentare questi parassiti?”. No, ed è presto detto. La riduzione dei costi derivanti dallo stipendio dei parlamentari si sarebbe potuta verificare benissimo con un taglio netto degli stipendi, visto che non avrebbero potuto di certo lamentarsi di non arrivare a fine mese, mentre il minor numero di deputati e senatori non ha fatto altro che renderli una casta più di quanto già non fossero, con le decisioni fondamentali prese da una sparuta minoranza. Tra l’altro è del luglio scorso notizia dell’aumento di indennità dei capigruppo alla Camera.Detto ciò veniamo alla proposta avanzata sul salario minimo dalle opposizioni. Stendendo un velo pietoso sulle proposte di Azione ed Italia Viva, anche perché come avevamo scritto in precedenza non ne avremmo trattato, la soglia di 9 euro lordi dimostra la piena e decisa radice populista di questi partiti, dove tutto fa brodo per la propaganda ma mai mette in discussione i profitti dei padroni, in un preciso momento storico in cui l’inflazione galoppante sta mettendo a dura prova le già risicate finanze dei nuclei famigliari, accontentarsi di una somma tanto esigua significa non voler disturbare troppo i lauti guadagni di chi è causa di questa inflazione, per cui anche chi riceve un compenso di oltre 10 euro l’ora lordi arranca nel mantenere uno stile di vita che definire dignitoso sarebbe un eufemismo - un 5,5% di crescita su base annua ad agosto vuol dire che chi percepisce mille euro netti di paga base dovrà compensare, più o meno, con una giornata lavorativa in più nel corso del mese per mantenere lo stesso potere d’acquisto.
La favola raccontataci dall’opposizione resta perciò solo una favola, dei cantastorie per definizione. Il voler far credere di essere dalla parte dei più deboli non fa altro che far crescere ancor più la rabbia sottaciuta sino ad ora da parte nostra, perché dichiarando quanto fatto essi danno dell’idiota al popolo, credono di renderlo una merce di scambio per la prossima tornata elettorale, ma forse dimenticano che è da un bel po’ che a vincere ogni volta è il partito dell’astensionismo, e che così facendo, bontà nostra, cresce insieme alla rabbia la volontà di protestare contro questi omuncoli incartapecoriti.
Sulla CGIL invece, il tema inizia a diventare già più spinoso con le dichiarazioni di Maurizio Landini che tradiscono il suo conclamato salto della quaglia; in un primo momento, quando si cominciò a parlarne, non era affatto favorevole, si espresse in maniera precisa sull’argomento mostrando chiaramente che il re era finalmente nudo e tutti i nodi venivano al pettine; egli disse che la legge sul salario minimo depotenziava la contrattazione collettiva! Il vaso di Pandora era ormai scoperchiato, aveva candidamente ammesso che le rappresentanze dei lavoratori non avevano alcun interesse a rappresentare gli interessi dei lavoratori, bensì erano (sono) semplicemente degli enti fini a sé stessi i quali utilizzano i lavoratori (alla stregua dei partiti) come merce di scambio nelle contrattazioni, e che se questa merce di scambio viene meno essi non hanno più senso di esistere. Landini è colui il quale fa la voce roboante sulla questione dei salari fermi al palo da trent’anni, ma, ricordiamo male?, lui è stato uno dei firmatari di quei contratti per un bel po’ di anni. Sbagliamo? oppure lui è uno di quei tizi che ha prolungato la durata del CCNL da due a tre anni? C’è da dire che ultimamente pare aver cambiato idea e che si sia allineato alle opposizioni, pare seguire da dietro la vicenda come un cagnolino segue il suo padrone. È grave che a guidare una rivendicazione salariale per i proletari ci sia la politica borghese e non le rappresentanze dei lavoratori. Ultima, anche per importanza, resta la CISL, che già definirla sindacato ci da la nausea quando va bene, la sigla più a destra delle tre, quella che stende tappeti rossi ai fasci al governo e che è completamente in accordo con le sue politiche antioperaie e con la feccia dei sindacati gialli quali UGL o Fismic, quella che propone “la partecipazione al lavoro” facendo in modo che lo sfruttamento sistemico del capitalismo divenga endemico tra i lavoratori stessi. Inutile perciò rimarcare le dichiarazioni di Sbarra di totale contrarietà al salario minimo, ma in tutta onestà ci saremo stupiti del contrario.
Purtroppo i sindacati di base hanno ancora un seguito relativamente ristretto per poter dare un forte scossone alla situazione; ma abbiamo constatato come non appena si raggiunga un numero di iscritti congruo si entri in una sorta di modalità di autoprotezione e ci si chiuda a riccio, esaltando in maniera sconsiderata ogni pur minimo successo, questo atteggiamento purtroppo non aiuta la causa ma anzi rende quella che dovrebbe essere una rivendicazione collettiva una sorta di battaglia delle élite.
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