Schiavi» del fotovoltaico in piazza per una lezione di civiltà
• «Peggio che nei campi di cotone. Abbiamo una dignità»
di STEFANO LOPETRONE
Hanno invaso pacificamente il centro di Lecce, svegliando una città rimasta troppo sonnacchiosa di fronte al loro dramma. Gli operai di Tecnova hanno urlato, ma con compostezza, la loro indignazione e rivendicato la propria dignità di lavoratori. Affinché tutti sappiano che all’ombra del «miracolo fotovoltaico» si consumano sfruttamento e schiavitù. Al limite della sopportazione, con stipendi arretrati e le famiglie nei rispettivi Paesi d’origine in attesa di un aiuto, circa duecento extracomunitari ieri mattina si sono riversati in piazza Sant’Oronzo.
Una manifestazione, la loro, per molti versi diversa da quelle cui siamo abituati: c’erano gli striscioni, è vero, mai però momenti di tensione o insulti; c’è stato il sit-in sotto la Prefettura, però con una compostezza ed una dignità che fa onore a questi lavoratori malpagati. E la città ha risposto con lo spirito di solidarietà che la contraddistingue. Decine di passanti hanno ascoltato le loro ragioni ed hanno annuito, probabilmente riflettendo su che cosa avrebbero fatto al loro posto o in che condizioni si sarebbero trovati i loro figli se il datore di lavoro non avesse pagato tre (o più) mensilità.
La pacifica protesta, partita verso le 9 e proseguita fino a mezzogiorno, ha poi idealmente coinvolto anche le centinaia di studenti in gita che ieri affollavano il centro: una foto affianco al «fratello» manifestante con in mano uno slogan da esporre, in posa ai piedi della colonna del Santo o sotto il rosone di Santa Croce. Un cerchio intorno alla lupa, musica del djembe, dread (treccine rasta) e abiti tradizionali africani, confusi tra operai in giacca e cravatta o con indosso elmetto e pettorina di Tecnova: la babele di lingue e facce, composta da uomini provenienti da ogni continente, era tenuta insieme dall’attivismo dei sindacalisti (soprattutto Ugl) sotto lo sguardo vigile delle forze dell’ordine.
Il primo faccia a faccia con un rappresentante istituzionale arriva intorno alle 10, quando da Palazzo Carafa scende il vicesindaco Gianni Garrisi: «L’amministrazione comunale è attenta al tema dello sfruttamento nei parchi fotovoltaici», ha garantito. «Rivogliamo la nostra dignità»: lo striscione campeggia in piazza anche quando il corteo si sposta davanti a Palazzo dei Celestini. I manifestanti si portano dietro i cartelli scritti a mano: «Our money must be paid now» («I nostri soldi vanno pagati subito», la traduzione dall’inglese), «Contro ogni schiavitù», «Divisi nella lingua, uguali nei diritti». Due incontri con i politici locali nel giro di un’ora: il movimento conquista una prima vittoria ad una settimana dall’inizio della protesta.
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