mercoledì 20 agosto 2025

Ex Ilva: confusione al servizio dei piani di governo e nuovi padroni - ma gli effetti su operai e masse della città sono chiari e concreti


L'intesa sottoscritta il 12 agosto da tutte le parti volutamente parla realmente solo dei tre forni elettrici a Taranto che dovrebbero sostituire via via gli altoforni attuali. Per il resto - impianti Dri e dove installarli, gas/nave rigassificatrice, tempi di decarbonizzazione, dice nulla o poco; soprattutto non parla degli effetti della permanenza della situazione attuale - sempre grave dal punto di vista del lavoro, della sicurezza e dell'inquinamento,- e di quella futura sugli operai e sulla popolazione: rispetto a questo l'unica cosa certa (ad latere, però, dell'intesa) è la permanenza/aumento della cassintegrazione per 4.000 operai di cui dovrebbero discutere il 28 agosto Commissari e OO.SS.

Questa intesa è da un lato volutamente reticente, perchè l'obiettivo era portare tutti, anche il Sindaco di Taranto (quello dei: No, però, Sì), alla firma, compresa l'accettazione dell'Aia che prevede ancora 12 anni del modo di produzione attuale; dall'altro non poteva non essere reticente perchè sono in ballo diverse soluzioni (spezzatino, collocazione di Dri e gas) e soprattutto è tornata alla casella di partenza la questione dei nuovi padroni che si prendono l'ex Ilva. Su questa svendita/regalo anche a settembre non si definirà ancora niente.  

Quindi si è trattato di un SI a scatola chiusa.

In cui ciò che è certo sono, ora e anche con la vendita, migliaia di ore di cassintegrazione e poi esuberi per gli operai dell’Acciaierie con l’inevitabile caduta a cascata sugli operai dell’appalto; nessun vincolo immediato per manutenzione ordinaria e straordinaria, per interventi di riduzione inquinamento; anzi

l'obiettivo, questo sì in tempi rapidi, di 6 milioni di tonnellate (cosa assurda) farà sì comunque di spingere al massimo gli impianti attuali con effetti ancora più pesanti sull'inquinamento e salute e sullo sfruttamento, rischi di sicurezza per gli operai che restano in fabbrica. 

I soldi che Urso ha promesso servono solo a dare una boccata d'ossigeno allo status quo, al deficit che aumenta ogni mese.

Tutto questo, in una normale opposizione sindacale e difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari, dovrebbe portare i sindacati in fabbrica ad iniziative di lotta. Ma, al di là dei lamenti e dichiarazioni sulla stampa e Tv il massimo è la richiesta ai partiti parlamentari, tutti, di un incontro per fine agosto...; mentre per la cassintegrazione viene richiesta una riduzione dei numeri.

Il Solo 24 Ore, giornale della Confindustria, ha già rappresentato come vedono la questione i padroni: "L’ex Ilva - ha scritto a giugno - ha un senso strategico se può produrre un particolare tipo di acciaio, l’acciaio acquistato dai produttori di auto, da chi realizza navi, da chi opera nelle infrastrutture - per citare due nomi di clienti storici, Fincantieri ed Fca/Stellantis. Il contesto geo politico segnato dalle nuove guerre sta spingendo l’Europa, Germania in testa, alla conversione dell’industria automobilistica alla produzione di mezzi corazzati per la difesa. Per fare automobili, carri armati, navi da guerra, navi civili, turbine industriali e componenti di grandi dimensioni per le infrastrutture serve da sempre l’acciaio di Taranto”. Quindi, si riafferma di fatto la centralità, l’importanza strategica dello stabilimento che si inserisce nell’unica economia possibile, che è oggi l’economia di guerra o di grandi opere inutili, vedi il Ponte sullo stretto.

Dunque, altra cosa certa dal punto di vista dei padroni, tutti, e dei governi al loro servizio è che l’Ilva svolga questa funzione. Solo che questa funzione deve essere svolta secondo le leggi del profitto del capitale, nella fase acuta attuale di guerra tra banditi, in cui agisce l’irruzione della politica dei dazi di Trump.

Noi guardiamo a tutto questo dall’altra collina; dal punto di vista degli interessi della classe operaia e della sua funzione storica di guida delle masse popolari per opporre a questo piano l’alternativa nella fase storica che attraversiamo.

Proprio perché gli operai sono il fattore determinante, nel contesto attuale la questione principale e urgente è la difesa rigida del lavoro, delle condizioni di lavoro, della salute e della sicurezza. 

Gli operai non hanno altra alternativa alla “piattaforma operaia” che dal particolare al generale assicuri la difesa dei loro interessi di classe e degli interessi generali delle masse.

E’ su questa base che occorre dire NO all’estensione attuale della cassintegrazione, No agli accordi che peggiori la condizione attuale sul terreno della salute e dell’inquinamento.

Ma su questo senza l’unità e la lotta dei lavoratori le cose non possono cambiare. Questo deve essere chiaro agli operai e alle realtà ambientaliste sincere.

Il capitale, tutto, è nocivo sempre, sia quando produce, sia quando chiude, sia quando dovrebbe fare le bonifiche, sia quando si riconverte. Solo la lotta, gli scioperi, uno scontro di classe concreto può ostacolare i piani nocivi del capitale, e nella lotta, porre le condizioni per una lotta più generale per rovesciare questo sistema capitalista di sfruttamento e morte. 

E qui i numeri contano per la forza: 15 mila operai sono una forza; chi li vuole mandare a casa o disperderli in tanti mini, medi, precari, ipotetici posti di lavoro alternativi o lavora (consapevolmente o meno) per il "nemico" o non ha capito e non vuole capire l'abc del sistema sociale. 

Unità per la riduzione dei numeri dei cassintegrati; la difesa del salario con l’integrazione – che per noi deve essere del 100%, o comunque una integrazione che riguardi tutti gli operai sia diretti dello stabilimento che dell’appalto; il rifiuto degli esuberi, che comprende il mantenimento dentro la platea dei lavoratori in Cigs dal 2018; la tutela le condizioni di salute e sicurezza; l’utilizzo pieno dei lavoratori in cig (e potenzialmente futuri esuberi) nei piani di bonifica/trasformazione/ambientalizzazione della fabbrica e dell'area industriale, occupati non da varie ditte terze, ma dallo stesso padrone di Acciaierie d'Italia, perchè fanno parte di un'unica realtà operaia ex Ilva; Sì ad un eventuale finestra di prepensionamento, anche risarcitoria per la situazione prodottasi in tutti questi anni all’Ilva - 25 anni bastano!; Sì al contratto unico, metalmeccanico, nell’appalto; stop ai contratti a termine.

E’ chiaro che questo richiede un braccio di ferro con padroni, governo e i loro complici di varia natura, possibile con la linea e l’organizzazione sindacale di classe e l’utilizzo di tutte le forme di lotta necessarie.

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