giovedì 15 maggio 2025

pc 15 maggio - Ex-Ilva: la crisi si aggrava... Martedì 20 maggio dalle ore 17 telematica

 

Rispetto alla nuova crisi – “nuova” per modo di dire - che ricade sull’ex-Ilva Acciaierie d’Italia e in particolare sullo stabilimento di Taranto e l'appalto a Taranto, di cui ci siamo occupati nelle iniziative di agitazione e propaganda fatte all'Acciaieria di Taranto e in particolare all'appalto, noi avevamo già espresso un parere nettamente negativo su tutta l'evoluzione e sull'ultima fase della vicenda, Abbiamo detto un chiaro no alla svendita delle Acciaierie d'Italia al gruppo azero perché anche nell'esposizione delle intenzioni di questo gruppo erano previsti esuberi oscillanti intorno a 3500 operai, in aggiunta agli oltre 1500 che sono già fuori, ed era prevista una cassintegrazione che sarebbe continuata in tempi lunghi con un uso flessibile secondo gli esclusivi interessi dei nuovi acquirenti.

E tutto questo viene taciuto, messo sotto il tappeto da tutte le organizzazioni sindacali, dai loro dirigenti che alternano sparate sui giornali e una prassi di collaborazione. Sindacati dell'imbroglio e ingannapopolo, della passività dei lavoratori, firmatari di tutte le cassintegrazioni possibili e immaginabili, di tutti gli accordi che prevedono organicamente precarietà e divisione dei lavoratori dell'appalto.

La cosiddetta “tempesta perfetta”, una formula coniata dallo Slai Cobas in tutti questi anni, che ha trovato radicale conferma negli eventi concreti, mentre gli altri hanno strillato ben altro - è quella che produce la perdita del lavoro, nessuna soluzione della questione ambientale e del suo carico mortale sui proletari, le masse popolari dei quartieri vicini, con morti sul lavoro, tumori, malattie professionali etc., che sono sotto accusa in un processo in cui solo noi stiamo facendo la nostra parte - solo lo Slai Cobas - tutto il resto sono inganni, noia, venditori di fumo, truffatori, collaborazionisti dei padroni e l'USB è parte di questo gioco, indipendentemente dalla volontà e dal rispetto che abbiamo verso i lavoratori che con la scelta dell’Usb hanno pensato di fare una cosa alternativa ai sindacati confederali, ma il signor Franco Rizzo, dirigente dell'USB nazionale e locale, non è la soluzione ma una parte del problema.

La soluzione è solo una: la lotta autorganizzata che fa i conti con le dinamiche reali che vi sono. Ogni volta che qualche sindacalista delegato dice una cosa che è nell'interesse dei lavoratori noi l’appoggiamo, perché in questa fabbrica - siccome non c'è un autentico sindacato di base e di classe, e noi siamo quelli che lo propagandano ma attualmente non siamo in grado di organizzarlo come forza reale - non possiamo che attaccarci a ogni spiraglio che permetta ai lavoratori in lotta di mobilitarsi e, una volta mobilitati, di poter far pesare il loro orientamento, che non è affatto quello che vanno cianciando altri demagoghi che esistono come quelli di Operai Contro che dicono che gli operai sono alla disperazione. Sono tutte chiacchiere di chi non conosce i lavoratori ma li lisciano per potersi fare belli ma non contribuiscono in nessuna maniera né alla ripresa della lotta e all'organizzazione né a portarla sul terreno dell'autonomia operaia, della lotta di classe, del braccio di ferro da fare attraverso il blocco, anche ad oltranza, della fabbrica, della città, che porti a casa il risultato vero che può essere solo quello dettato dai rapporti di forza nella situazione concreta.

Quindi noi non abbiamo che da ripresentare lo stesso schema: lavorare per uno sciopero vero, una mobilitazione prolungata che preveda l'occupazione innanzitutto della città, delle strade, che crei un'emergenza reale che spinga a cambiare la sostanza delle cose o ad acutizzarla fino a uno scontro frontale tra proletari e città da una parte, governo, Stato e padroni dall'altra.

Non c'è un'altra soluzione, e a questa soluzione lavoriamo.

Approfondiremo nei dettagli tutti i problemi. Come ad esempio questa questione della Baku Steel, un'oscura operazione e una manovra.

A quanto risulta all'Espresso “Baku ha rallentato le tempistiche dell'intesa perché ha compreso che

sussistono delle resistenze soprattutto da parte del territorio rispetto alla possibilità di realizzare un rigassificatore a largo di Taranto - che è il vero obiettivo - che servirebbe ad alimentare l'impianto siderurgico. ma non solo, collegato com’ è all'operazione TAP – operazione legittimata anche dalla magistratura che l’ha messa sotto il tappeto e ha preso in giro le popolazioni e le lotte NO TAP con la complicità dei sindaci - compreso il sindaco di Meledugno -che con quattro soldi che gli hanno dato hanno detto di sì e oggi elogiano la sentenza che ha chiuso la partita contro le lotte NO TAP di tutto il territorio e ha offerto una sponda a questa “operazione gas” che poi dovrebbe vedere i cosiddetti “signori al gas” della Baku Steel, del loro stato mafioso reazionario, mettere le mani su tutta la vicenda del gas sul territorio.

Inoltre, pare che qualcuno a Roma – continua l’Espresso - non veda di buon occhio la possibilità che, con il rigassificatore piazzato a Taranto, che integra l’offerta di gas sul mercato italiano (specialmente quella che arriva al paese attraverso il Tap), gli azeri possano diventare un attore in grado di manovrare pesantemente i prezzi e la quantità disponibile di metano sul nostro territorio. E in un momento in cui l'Italia e l'Europa stanno giocando una delicata partita con gli Stati Uniti per ridurre i dazi in cambio di un maggior acquisto di gas liquido da Washington, la presenza di gas azero – paese fortemente legato alla Russia - è di sicuro un elemento poco favorevole al raggiungimento dell'accordo con gli States”.

Quindi sono ancora una volta sotto evidenza gli interessi degli USA di Trump di cui si è accennato e che solo noi abbiamo alimentato come ipotesi concreta perché i sindacalisti che ci sono a Taranto sono sindacalisti di m…. (e niente di personale in questo).

Ora, se questo è lo scenario, si può capire che non c'è alternativa: la “tempesta perfetta” produrrà la chiusura dell'Ilva e la trasformazione di Taranto in una grande Bagnoli. Ma che l'esito finale rischia di essere questo, non può che essere una sciagura per operaie e cittadini, con buona pace di coloro che intorno a questa questione chiudono anch’essi gli occhi e abbassano la testa sullo stato delle cose, sul modo di produzione capitalista, su come funziona il sistema capitalista e qual'è la linea e chi può contestarla, sia socialmente che politicamente.

Rispetto a quanto sta accadendo in questi giorni, non possiamo che denunciare l'attacco del governo alla magistratura, un attacco fascista; verso cui i sindacati con la loro agitazione danno una sponda perché fanno come è successo con la vicenda Morselli: tutto uno strillare per poi cadere dalla padella alla brace, perché manca una linea di classe. Questa linea di classe si chiama autonomia operaia, significa organizzare per prendere nelle proprie mani la fabbrica e il futuro di questo paese attraverso uno scontro.

Tutti coloro che non sostengono questa linea e non la praticano, sia pure nelle grandissime difficoltà di coscienza e organizzazione dei lavoratori, sono servi del padrone, comunque si definiscano e si chiamino.

Questa è una partita come un campionato di calcio, le partite si perdono, si vincono, ma subito, tre giorni dopo, c'è una nuova partita da fare e questa nuova partita c'è e si deve fare.

Per questo chiameremo a raccolta innanzitutto i nostri compagni, ma chiaramente tutti coloro che sono interessati a non mettere la testa sotto il sacco sulla vicenda Ilva, la più grande fabbrica del Paese, inserita nel cuore della siderurgia, anello, ora forte ora debole, del sistema capitalista e imperialista del nostro Paese.

Ma si sa che su questo abbiamo tanti agitatori ma nessun analista e organizzatore su base di classe effettiva della lotta in questo Paese.

Faremo un'assemblea telematica nazionale martedì 20 maggio, dalle ore 17

in cui approfondiremo chiaramente i temi che stiamo affrontando in questa occasione e un piano di azione immediato e di prospettiva, perché si tratta comunque di una lotta di lunga durata ma che a un certo punto deve cominciare, deve sfruttare le contraddizioni del padrone e dei suoi servi, deve attaccare e chiudere ogni spazio al governo fascista, neocorporativo, reazionario, al servizio dei padroni nazionali e internazionali; e deve raccogliere nel movimento sindacale gli operai che pensano con la propria testa, sfruttando le contraddizioni tra le loro file che spesso non sono tra base e vertice, ma sono tra linea rossa e linea nera, linea proletaria e linea della collaborazione di classe.

Tornando alla vicenda della svendita dell'ex Ilva. Avevamo già detto chiaramente che Baku Steel aveva interessi principali sulla questione del gas e su altre "questioni oscure"; tra queste vi sono i viaggi di Crosetto in Azerbaijan quasi contigui all'assegnazione alla Baku Steel, legati alle grandi commesse militari e alla situazione che attraversa tutta l'area in seguito all'invasione russa dell'Ucraina.

Avevamo, pertanto, tutte le ragioni per dire un no netto alla Baku Steel. Come vi era un no netto alle altre proposte che erano dello stesso segno se non peggiori. Come la proposta americana che prevedeva esclusivamente l'intervento di un fondo finanziario che prendeva l'ex Ilva a scatola chiusa senza cacciare una centesimo, si impegnava a "rimetterla su" e a rivenderla e solo in questa dinamica ad effettuare una sorta di pagamento a forfait sull'impianto stesso. Per non dire degli indiani che hanno presentato un piano che prevedeva comunque 5 mila esuberi.

In sostanza quello che avviene è dentro questa dinamica. Per questo avevamo detto che era necessaria una soluzione temporanea che permettesse di mettere fuori gioco questi aspetti del piano padronale e governativo; una soluzione che poteva anche prevedere la nazionalizzazione in emergenza dell'impianto, a fronte dell'inaccettabilità del piano di svendita ai tre contendenti, allo scopo di mettere comunque in sicurezza i lavoratori e secondariamente assicurare una continuità produttiva dell'impianto, in un quadro di effettiva ambientalizzazione/risanamento - che non c'era e che non c’è - che era da concordare e strappare con la lotta.

Poi vi è stata la gestione dei commissari con il totale appoggio delle organizzazioni sindacali e il governo ha gestito tutta la fase con incontri puramente di informazione, peraltro sostenuti a spada tratta dai sindacati all'interno - e tra questi sindacati si è distinta l’USB per servilismo verso il governo e verso Urso in persona.

I lavoratori hanno visto passare sotto gli occhi accordi sulla cassa integrazione con qualche contentino che hanno reso questo stabilimento in costante situazione di diminuzione dei lavoratori e di utilizzo assolutamente flessibile della cassa integrazione che ha tagliato nettamente i salari.

Gli unici che hanno realmente ripreso a lavorare sono stati gli operai dell'appalto proprio perché tutta la fase che precedeva la rimessa in sesto dello stabilimento - la cosiddetta “ripartenza” che non c'è mai stata – prevedeva un utilizzo dei lavoratori dell'appalto, che sono stati però tenuti in uno stato di precarietà assoluta, con contratti multiservizi a tempo determinato, con operai richiamati “usa e getta”, in uno stato di divisione e di ricatto permanente.

Non c'è quindi nulla di nuovo rispetto a questo. L'elemento nuovo è che appena è intervenuta legittimamente e giustamente la magistratura, a seguito di un incendio devastante che per puro caso non ha provocato vittime, un incendio che ha origine dalla stato dello stesso altoforno. il governo, i commissari si sono buttati ad attaccare la magistratura come "vera causa" del fermo dell'altoforno e, quindi, della massiccia nuova cassintegrazione. 

La magistratura ha fatto semplicemente il suo dovere. Il sequestro dell'Altoforno "senza facoltà d'uso" riguarda chiaramente il suo uso a fini di produzione, non certo gli interventi necessari di manutenzione - come hanno spiegato i giudici. Il loro intervento ha in realtà messo a nudo l’effettiva situazione, con i commissari che non stanno facendo niente per mettere in sicurezza la fabbrica, preoccupati solo dell'aumento della produzione. E’ bastato questo intervento per mettere a nudo tutti i giochi: lo stabilimento così com'è non si tiene e gli acquirenti, che pure sanno che lo stabilimento gli viene pressoché regalato, possono uscire da questa vicenda.

Ora il governo prende a pretesto il grave incendio e attacca in maniera volgare e sbagliata la magistratura, proseguendo la linea di attacco alla magistratura di tutti i governi dei padroni, da Renzi a Draghi fino all'ultimo arrivato, il governo fascio-reazionario, antioperaio, antipopolare, di Meloni/Urso.

Infine. E' inutile dire che teniamo fuori da questo gioco gli stabilimenti di Genova e Novi Ligure che, in un quadro assolutamente neocorporativo - che lo dicano esplicitamente oppure no - puntano a stare al gioco del nuovo assetto industriale, prevedendo una tutela per loro e uno scaricamento per Taranto (anche se non viene detto esplicitamente da nessuno dei sindacati, questa è la vera linea che viene portata a Genova e secondariamente a Novi Ligure, che non è certo una linea di classe anche quando utilizza forme di lotta molto combattive - che chiaramente sono auspicabili ma non sono portate avanti nell'interesse di una classe operaia unica).

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