La proroga di due anni del passaggio dello Stato al 60% di Acciaierie d'Italia, oggettivamente legata al mancato dissequestro degli impianti anche da parte della Corte d'Assise, viene considerata utile da ArcelorMittal, perchè in questo modo ha più "tempo per terminare il piano ambientale e gli investimenti"; e altrettanto dal Mise per garantire comunque la produzione d'acciaio, anche maggiore per effetto del blocco dell'importazione di acciaio a fronte della guerra Ucraina - la Morselli ha confermato di arrivare entro il 2022 ad una produzione di 5,7 milioni di tonnellate. E poichè i 3500 operai di Acciaierie d'Italia continuano ad essere posti in cassintegrazione, secondo le esigenze dell'azienda, questo aumento della produzione sarà fatto, evidentemente, con meno operai e in una situazione in cui i rischi aumentano, tra mancata manutenzione sia ordinaria che straordinaria degli impianti, peggioramento delle tutele anche individuali di sicurezza, ecc..
Di fatto, quindi, per gli operai e la cittadinanza, è una decisione di
permanenza dell'attuale grave situazione per quanto riguarda sia la cassintegrazione e quindi il
taglio dei salari, sia lo stato della sicurezza e salute, ambiente. Certo, per gli operai non sarebbe cambiato molto se i tempi dell'accordo fossero stati rispettati, anzi dal punto di vista del lavoro c'è la possibilità che l'assetto definitivo di Acciaierie d'Italia preveda - come da tempo lo Slai cobas sc di Taranto denuncia - che i cassintegrati diventano esuberi.
La Morselli, che ha chiesto sconti sia sul canone d'affitto del 25% che sul futuro prezzo finale
d'acquisto di 200 milioni, ha ringraziato i Ministri dello Sviluppo e del Tesoro per i "finanziamenti già deliberati"; sarà, ma guarda caso, proprio nelle scorse settimane vi sono state dimissioni improvvise e non chiare nel Cda di Acciaierie d’Italia holding dell'ing. Carlo Mapelli, consigliere di nomina Invitalia, che veniva presentato come uno dei massimi esperti di siderurgia e tecnico di processi siderurgici, e la nomina, al suo posto, di Tiziana De Luca, dirigente dell'Ufficio IV del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che sicuramente non è esperta di siderurgia, ma probabilmente è esperta in finanziamenti.I sindacati confederali si lamentano ancora una volta. Ma la Cisl di Benaglia ha detto qualcosa in più, in sintonia con gli interessi di Mittal e dello Stato italiano: "In un momento in cui la domanda di acciaio cresce e il guadagno di chi lo produce è enorme, a Taranto, il più grande polo siderurgico d'Europa, più grande di quello ucraino di Azvosral, si lavori al 50% e non si riesca a creare un vero rilancio. Il governo ci convochi..."
I sindacati confederali e l'Usb dal riuscito sciopero e forte contestazione alla Morselli del 6 maggio non hanno fatto nulla, se non lettere, e di fatto imbrogliano i lavoratori facendo apparire il governo come superpartes, come interlocutore che deve risolvere i problemi dei lavoratori. Tutto Falso! Il governo è parte in causa! E non è neanche vero che "non fa niente", in realtà fa, ma solo gli interessi padronali.
Ora, a quasi un mese di distanza da quello sciopero, invece che assemblee tra i lavoratori e continuità della lotta, i sindacati confederali e delegati dei vari stabilimenti il 15 giugno si riuniscono a Taranto per "decidere nuove iniziative"...
Così hanno ingannato gli operai, hanno "ucciso" il 6 maggio! Sia verso padroni e governo, confortandoli nella loro tranquillità; sia verso gli operai che tornano inevitabilmente a pensare che non c'è possibilità di incidere nei rapporti di forza.
Ma la partita è tutta aperta...
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