Il 16 maggio la Sesta Corte d’Appello amministrativa ha approvato la messa al bando del Partito Comunista dell’Ucraina, come annunciato dalla deputata Olha Sovhyria, appartenente al partito “Servitore del Popolo” del presidente Zelensky e rappresentante del Parlamento ucraino (la Verkhovna Rada) presso la Corte Costituzionale.
La cosiddetta “Legge sulla decomunistizzazione” adottata dalla Verkhovna Rada nel 2015 prevedeva la condanna del regime comunista e il divieto di propaganda dei sui simboli.
Il 16 dicembre 2015, il Tribunale amministrativo distrettuale di Kiev ha posto fine alle attività del Partito Comunista di Ucraina, ma questa decisione è stata impugnata e non è entrata ufficialmente in vigore fino allo scorso maggio. Tuttavia, per tutto questo periodo, il Partito Comunista di Ucraina è stato escluso dal processo elettorale e i suoi membri sono stati perseguitati dal regime instauratosi a Kiev e dai battaglioni neonazisti.
Già a marzo le attività del Partito Comunista di Ucraina, così come di altri partiti di sinistra e dell’opposizione più in generale, sono state messe al bando dal decreto incostituzionale di Zelensky per la durata della legge marziale adducendo al loro presunto “orientamento filo-russo”.
Inoltre, a fine aprile è stato presentato un disegno di legge che vuole bandire tutti i partiti d’opposizione per dieci anni, vietando loro di partecipare alle elezioni presidenziali, alle elezioni parlamentari, ai consigli comunali e persino ai consigli di villaggio. Ci sono pochi dubbi sul fatto che questa legge verrà approvata.
Questa decisione rappresenta l’inasprimento repressivo del “modello ucraino”, costruitosi dall’Euromaidan nel 2014 e sviluppatosi in questi anni di guerra civile interna contro le popolazioni delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk.
da contropiano
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